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Rassegna stampa

Rassegna Stampa – Djokovic l’ultima cometa. L’Armada azzurra pronta a prendersi il Foro, una Fort Apache in attesa del messia Jannik

La rassegna stampa di giovedì 1 maggio 2025: Quel che resta di Djokovic senza Federer e Nadal (Audisio). Da Musetti a Cinà a Roma con Sinner c'è una super Italia (Bertolucci). Sinner Roma ti aspetta (Cocchi). Chi vuol essere l'anti Sinner? (Ercoli). Autogol Kyrgios (Azzolini). Grande Italia a Madrid (Martucci)

Last updated: 01/05/2025 11:16
By Cipriano Colonna Published 01/05/2025
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28 Min Read

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Quel che resta di Djokovic senza Federer e Nadal (Emanuela Audisio, La Repubblica)

Il tennis non è un selfie. È una foto di gruppo con dominatori. La gerarchia dello sport ha bisogno degli altri. Sono il tuo specchio, sono il riflesso della tua faccia, sono il tuo male che ti porta a fare bene. Non passi da Big Three a Big One […] senza conseguenze. Se per vent’anni hai fatto parte di un triumvirato che si è spartito il mondo, quando resti solo non senti la voglia di allargarti, al contrario avverti che i confini si stanno restringendo. Dovresti avere più aria, allora perché il tuo respiro è più corto? Forse perché sei un grande sopravvissuto e le altre stelle comete non ci sono più, resti solo tu a emanare quel tipo di luce. I nemici hanno altre facce, non hanno vissuto né le tue guerre né le tue ferite, vengono da un’altra epoca. Puoi ammirarli, ma non faranno mai parte della tua, se anche qualche volta porti a casa i loro scalpi dove li metti? Hai già quelli di Roger Federer […] e di Rafa Nadal […] non hai più spazio. Se poi hai lottato e vinto nella più lunga finale nella storia degli Slam, quella in Australia (2012) contro lo spagnolo, 7-5 al quinto dopo 5 ore e 53 minuti, qualsiasi altra maratona non ti sembrerà così infinita. Novak Djokovic compie 38 anni tra tre settimane. Ha dichiarato forfait a Roma dove ha vinto sei volte per concentrarsi su un’altra terra, quella di Parigi. Ma al Roland Garros non farà parte della prime quattro teste di serie (salvo che per improvvisa assenza di Sinner, Zverev, Alcaraz, Fritz) e questo significa che l’uomo dai 24 Grandi Slam nei quarti dovrà in crociare proprio uno di quei quattro. Djokovic in questa stagione non ha numeri incoraggianti: 7 sconfitte in 19 incontri, è arrivato in finale solo a Madrid dove ha perso dal ceco Mensik, ma soprattutto è uscito all’esordio quattro volte, due sulla terra. Gli era capi tato solo nel 2018, ma quell’anno vinse Wimbledon e Us Open. Gli sono stati ostili anche the Italians. Nelle ultime due stagioni Novak ha perso 4 volte con Sinner, una con Musetti, Arnaldi, Berrettini e Nardi, che ha iniziato a giocare nell’anno (2011) in cui il campione serbo vinceva 10 titoli. Quando nello sport perdi da uno che da ragazzino ti vedeva in tv vuol dire che hai cambiato secolo. Martina Navratilova andò vicina a completare il Grande Slam nell’anno solare ’84, perse l’occasione perché in Australia in semifinale fu battuta da una ex connazionale, Helena Sukova, che da bimba le aveva fatto da raccatta palle quando sua madre Vera a Praga allenava Martina. Tra loro c’erano solo dieci anni di differenza. Navratilova l’aveva sconfitta già tre volte senza problemi, aveva perso solo un incontro in quella stagione e veniva da 70 successi consecutivi. Considerava Helena «una ragazzina come tante», non aveva la densità storica di Chris Evert. Per Paolo Bertolucci quelli di Djokovic sono segni di un deciso declino. «Ritardo di condizione fisica, difficoltà negli spostamenti frontali e laterali, poca resistenza negli scambi, scarsa velocità di palla». Poco fisico, ma soprattutto senza più testa, incapace di fare scintille. Un corpo che non segue più la mente. Un re che porta con indolenza il suo mantello, ormai incapace di agitare la spada. Dove sono gli altri due con cui ti divertivi a comandare? A nanna, a casa. Mike Tyson, re dei massimi, lasciò la boxe a 39 anni, era ormai un killer in pensione, si fece spedire a terra da uno qualsiasi, l’irlandese Kevin McBride, e la chiuse lì. Abbandonò alla fine della sesta ripresa dicendo: «Non posso offendere il mio sport perdendo con gente così scarsa». La verità era che McBride non era Holyfield, al quale aveva mozzicato un orecchio e non era nemmeno l’allora imbattuto Michael Spinks mandato ko in 91 secondi. Era solo un avversario senza passato e senza futuro. Djokovic ha fatto sforzi e sacrifici per migliorarsi. Aveva una motivazione: «Sono arrivato a scardinare un binomio enorme dello sport mondiale. Per me era importante investire energie per salire al loro piano, dialogare, far capire alla gente che anch’io ero all’altezza dei tornei dello Slam». Roger era la classe, Rafa la potenza, Novak, il guastafeste, ma anche la capacità di gestire i momenti fondamentali. Insieme erano i campioni mentali, ognuno aveva bisogno dell’altro per riconoscersi, per affermare la sua identità e la sua felicità. Eri quello che l’altro ti permetteva di essere, ma comunque capace di superiorità e di bellezza. Djokovic era elastico, leggero, sapeva cambiare il tracciato di una partita. Meritava la sua fetta di mondo in quel trio divino. Ha detto: «Non vedo altri posti dove posso evolvere se non in un campo da tennis. Quello che imparo dalla vita, io me lo gioco lì». Ma ora l’evoluzione si è fermata, lo specchio non riconosce più i volti, per rimettersi in moto bisognerebbe sentirsi […] parte di una storia. E non è così. La storia sono loro, la nuova generazione: Sinner, Alcaraz, Musetti, Fonseca. Loro sono la nuova misura di grandezza e Djokovic solo una vecchia bandiera da amare.

Da Musetti a Cinà a Roma con Sinner c’è una una super Italia (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

C’era una volta la famosa Armada spagnola che dominava in lungo e in largo il settore maschile del tennis internazionale, in particolare sulla terra battuta. Ma l’Italia, da qualche tempo a questa parte, ha preso il comando delle operazioni e, settimana dopo settimana, attraverso risultati sempre più continui e convincenti, si è issata sul trono del mondo, confermandosi di volta in volta. Ormai non c’è fase finale di un torneo nel quale il nostro tricolore non venga rappresentato da almeno uno dei ragazzi. E’ una ovvia conseguenza: la rappresentanza italica, in questo inizio di maggio, si appresta a scendere a Roma per gli Internazionali con una formazione di assoluto livello. Inevitabilmente, tutti i riflettori saranno puntati sul rientrante Jannik Sinner, la cui statura e qualità dovrebbero tenerlo al riparo dalla grande pressione che le aspettative dei tifosi eserciteranno sulle sue spalle. I frutti del lavoro di preparazione svolto dall’altoatesino in questi mesi di stop obbligato, saranno evidenti sul fisico, mentre la parte puramente tecnica, nelle prime fasi, potrà forse accusare qualche intoppo dovuto alla lontananza dalle partite. Ma la ruggine, con l’eventuale prosieguo del torneo, verrà man mano tolta. Anche il sempre più convincente Lorenzo Musetti, che sembra aver recepito le dovute osservazioni e imboccato la giusta strada, si presenta con carte importanti da giocare sui campi del Foro Italico. Non si ottengono i risultati dal toscano recentemente raccolti, se oltre al talento non si è in grado di proporre qualità fisiche, il cuore e una testa finalmente sgombra dalle troppe lamentele. Rimanendo ai big azzurri, non si può nascondere un po’ di ansia nei confronti di Matteo Berrettini che, dopo il ritiro di Madrid, si spera che riesca a risolvere in questi pochi giorni il problema fisico accusato. Sarebbe un vero peccato per lui, romano doc, non poter esprimere il proprio tennis potente di fronte al pubblico che tanto lo ama. Dietro di loro, punte della squadra, c’è una folta pattuglia di giovani […] pronta a sfruttare la grande occasione di disputare il torneo italiano più prestigioso, in un momento topico della stagione. A Flavio Cobolli, altro atleta che giocherà in casa, si chiede di mostrare un piano tattico più chiaro e lineare, oltre alla consueta grinta. A Matteo Arnaldi, che sullo slancio dell’ottimo torno disputato a Madrid, dimostri che gli anni trascorsi nel circuito lo hanno forgiato a dovere, dandogli la spinta decisiva verso una classifica più consona al proprio valore. A Luciano Darderi che, dopo il primo sorprendente anno, riesca a trovare quell’insieme di risultati che gli permetta di raggiungere una stabilità tecnica necessaria per competere a questi livelli. A Federico Cinà che, pur entrato nel circuito da poco ha già fatto vedere cose molte interessanti, partendo dall’indiscutibile talento, viene domandato di continuare a dimostrare grande maturità, a dispetto della giovane età. I nostri ragazzi, in generale, sono senz’altro pronti a mettere in mostra il meglio del proprio bagaglio tecnico, confidando molto, inoltre, sull’apporto dei tifosi della Capitale che potrebbero aiutarli a portare a casa vittorie di peso contro giocatori di livello.

Sinner Roma ti aspetta (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Lo ha detto lui stesso: «Entrare sul Centrale a Roma è come fare l’ingresso in uno stadio di calcio, un’atmosfera incredibile». Non sarà solo il Centrale ad aspettare Jannik Sinner. Il Foro Italico sarà un formicaio: Roma intera, tutta l’Italia, lo attende col batticuore. Come gli innamorati. Del tennis e di Jannik, che col tennis sta facendo sognare, a capo di un movimento che ogni settimana regala agli appassionati qualche gioia. Sarà un Sinner finalmente sorridente, forse un po’ teso al l’inizio per l’emozione del debutto dopo tre mesi, ma sarà un giocatore finalmente libero di testa, dopo aver messo alle spalle un periodo buio, difficilissimo in cui è comunque riuscito a rimanere in sella, o meglio sul trono, al numero 1 del mondo. Al lavoro Roma lo aspetta da due anni, lui non vuole deludere. Per questo, l’avvicinamento al torneo è fatto di lavoro. Tanto campo, finalmente. Dal 13 aprile, giorno in cui ha potuto riprendere ad allenarsi liberamente, Jannik ha piantato il piede sull’acceleratore per recuperare il tempo perduto. Un primo blocco di giorni con Jack Draper, l’amico che gli ha sempre dimostrato fiducia e attaccamento ma soprattutto un collega forte, un top 10, il miglior modo di testare il livello dopo più di tre mesi lontano dal campo. Sinner, va ricordato, non gioca un match dal 26 gennaio, giorno della finale dell’Australian Open vinta contro Sascha Zverev. Dopo Draper è stata la volta del giovane norvegese Nikolai Budkov Kjaer, lo sparring di fiducia, campione di Wimbledon junior ed ex numero 1 under 18. Infine, l’amico Lorenzo Sonego. I “Sinnego” , che hanno fatto sognare l’Italia nella Davis vinta a Malaga nel 2023, la prima dopo un lunghissimo digiuno durato 47 anni, si sono riuniti. Giorni intensi di lavoro che faranno bene a entrambi: a Jannik per togliere anche l’ultima patina di ruggine prima di volare a Roma, dove arriverà lunedì; a Lorenzo per ritrovare voglia e motivazione dopo le ultime difficili settimane. Circondarsi delle persone giuste, quelle che possono farlo crescere ma, soprattutto, possono curare le ferite degli ultimi mesi. «Ho capito ancora di più che il tennis non è tutto nella mia vita: la mia famiglia è al primo posto, gli amici sono fondamentali soprattutto nei momenti difficili […]. Ho capito che è necessario circondarsi di persone di cui ti fidi e con cui ti puoi confrontare insieme con fiducia. Sulla parte umana […] ho imparato tanto». Fortino Per il suo arrivo, gli organizzatori del torneo diretto da Paolo Lorenzi hanno preparato un’accoglienza da re. Massima cura, massima protezione anche dall’eccesso […] di amore della gente. Sicurezza sempre al suo fianco e soprattutto una “suite”, o come il presidente Binaghi l’ha definita tempo fa «una piccola Fort Apache» dove il numero 1 al mondo potrà stare insieme al suo staff, o alla famiglia, lontano dalla pazza folla, lontano magari anche dalla players lounge, il salotto dei giocatori dove, ha raccontato, soprattutto in Australia non si è sentito a proprio agio. Niente sguardi strani, niente imbarazzi, tutto per rendere la vita più tranquilla possibile al numero 1 del mondo. I sinneriani sono in arrivo da tutta Italia, ma non solo, e la Federazione punta ai 400mila spettatori paganti. Tutti per lui, il numero 1 che scalpita, sogna, e fa sognare. L’ultimo italiano a vincere gli Internazionali d’Italia è stato Adriano Panatta: ancora quella data, 1976, lo stesso anno di quella Davis che tanto ci ha fatto penare e aspettare. «Sono felice di tornare a Roma, è un trofeo a cui tengo molto […], difficile ma speciale per me. Rientrare non sarà semplice dopo questo periodo e ci sarà tanta tensione. Ma non vedo l’ora di rientrare». Non solo tu, Jannik.

Chi vuole essere l’anti Sinner? (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport Stadio)

L’inizio della 48a settimana da numero 1, il trono mondiale saldo con 1645 punti di margine su Alexander Zverev e la terza posizione nella Race per Torino, nonostante un solo torneo disputato, a 740 punti da Carlos Alcaraz, che di eventi ne ha giocati sette. Sono numeri che non lasciano spazio ai dubbi: il dominio di Jannik Sinner è proseguito con forza, anche durante la sua assenza, mentre gli altri top player hanno arrancato. Non solo non è emerso un nuovo numero uno […] ma non si intravede nemmeno un anti Sinner che possa essere tale per 52 settimane l’anno. A voler essere onesti, è altrettanto difficile individuare un vero favorito per Roma. Ed è così che il pubblico capitolino si prepara ad accogliere il rientro dell’altoatesino, che ha davvero tutte le carte in regola per lasciare subito un altro segno nella storia. […] Le prime volte “1000” di Draper e generoso, ma il confronto con l’altro, ad allenarsi con Jannik
Mensik, i lampi di Rune e l’innato talento di Fonseca sono stati segnali interessanti in un panorama tennistico che ha quantomeno goduto di imprevedibilità e ranghi aperti come non accadeva da tempo. Questo però potrebbe non basta in un gioco reso grande dalle rivalità. E nell’attesa di chi arriverà, come Mensik e Fonseca, il gap rischia di allargarsi, soprattutto se Sinner dovesse ripartire da dove aveva lasciato. In fondo, dopo un stop non così lungo, si tratterà giusto di ritrovare il ritmo partita su una terra rossa che è sempre più sua amica. Basti pensare alla semifinale del Roland Garros dello scorso anno, raggiunta dopo i problemi all’anca e il silenzio obbligatorio sui primi spettri del caso clostebol, quando fu a un set dal battere Carlos Alcaraz. […]

Arnaldi a Madrid quarti di nobiltà. Autogol Kyrgios (Daniele Azzolini, Tuttsport)

Matteo Arnaldi sa cogliere l’attimo. L’ha dimostrato in questi giorni, lungo il cammino che l’ha condotto ai quarti del Mille di Madrid, i suoi primi su terra rossa […], aggirando ostacoli impervi come Coric, Djokovic e ieri Tiafoe, il suo esatto contrario. Vi è riuscito mostrando un’attitudine alla pazienza che gli fa onore, e rispolvera in chiave moderna il valore antico di un tennis fondato sul buon uso del tempo e del saper attendere, preparando il momento giusto. Tempo e pazienza, che Lev Tolstoj configurava come due combattenti. I migliori alleati di cui si possa disporre. Così, grazie a Matteo secondo, la pazienza rientra nel lessico del tennis mentale. Lo fa quasi di soppiatto, con un pizzico di cautela e un tanto di circospezione, molto affidandosi alla propria natura, che su ogni cosa dispone l’arte dell’attesa. E un ritorno gradito, utile a meglio comprendere di che cosa si stia parlando quando si trascina il tennis di oggi sul podio degli sport a più elevata difficoltà psicologica, ammantando qualsiasi spiegazione di parole ben più scomode di quanto possa aspirare a essere la cara, vecchia capacità di saper aspettare. Si parla allora di allenamento al coping e all’ottimismo, di yoga-tennis o viceversa, di mindfulness, e si sottolinea come la preparazione fisica contribuisca di certo alla salute mentale, ma non risolva i problemi […] della stabilità mentale. Il tennis moderno ama distinguersi, per bocca dei suoi molti […] guru, dal tennis degli anni addietro, che era mentale anch’esso. Se più o meno non saprei dire. Oggi la mente è chiamata a regolare gli impulsi che vengono da velocità e pressioni più intense, a volte smodate rispetto a quelle di una volta. Ma negli anni Settanta i campioni spiegavano come il modo più sicuro per vincere fosse quello di saper penetrare nella testa altrui. Occorreva tempo e pazienza per farlo. Come al giovane Arnaldi per battere uno che tira più forte di lui, Frances Tiafoe. Il principe russo della narrativa realista, Tolstoj, ne sarebbe stato contento. Già dall’aspetto, Tiafoe appare più vorace di Arnaldi. Ha gambe buonissime e un che di frettoloso nelle sue movenze, quasi avesse un appuntamento irrinunciabile e temesse di non fare in tempo. Se in tutto questo conosca anche l’arte di pensare, non saprei dire. Di sicuro, o lo fa rapidamente, o rinuncia a priori. Però è avventuroso, a volte picaresco, di certo coraggioso, e si getta nella mischia senza troppo riflettere sulle conseguenze. E con tipi del genere, la pazienza non soltanto si rivela indispensabile, ma non basta mai. Perché aggrediscono anche quando non è il caso, e c’è il rischio che ti facciano saltare la mosca al naso. Possibilità che Matteo s’è guardato bene dall’avvalorare. «Lui è forte, ma sapevo che mi avrebbe concesso delle possibilità», racconta Arnaldi, «dovevo aspettarle e farle mie, mostrando aggressività nei momenti giusti. Sono stato paziente e determinato, e sempre presente a me stesso. Frutto di queste giornate che mi hanno restituito fiducia dopo un periodo negativo. Venivo da alcune sconfitte al primo turno, ed è stato importante vincere il primo incontro, qui a Madrid. La vittoria su Djokovic ha fatto il resto». Con Sinner, Musetti, Fognini e Berrettini, Arnaldi diventa il quinto fra gli italiani che abbiano raggiunto i quarti di un Masters 1000 sia sul cemento sia sulla terra rossa. «Non trovo differenze fra le diverse superfici, penso di riuscire a cavarmela ovunque mi mettano. Forse spingo di più la palla sul cemento, la terra è sempre più faticosa, ma credo di avere un tennis buono per tutte le occasioni». Più importante, a suo dire, l’aver completato il match con Dzumhur nella giornata del black out. «Mi ha dato modo di fare tutto con calma, seguendo la routine. Più complicato il ritorno in albergo. Siamo rientrati a piedi, di notte, eravamo tutta la Davis italiana»… Ventitré vincenti e appena dodici errori non forzati. I numeri del match con Tiafoe premiano lo spirito di Arnaldi. Il primo set si decide su un break nel sesto game, con Tiafoe che annulla la prima chance dell’italiano poi, precipitoso, si schianta sulla rete nella successiva incursione. Ma nel nono Arnaldi rischia di rimettere in gioco lo statunitense, offrendogli tre palle break, che disinnesca, l’ultima con un passante millimetrico. Nella seconda frazione, firmato il break al settimo gioco, Matteo si fa riprendere nel decimo […], ma nel successivo ritrova le giuste coordinate e sfrutta lo 0-40 sul servizio di Tiafoe. E il break della vittoria. Ora c’è Jack Draper, che ha incantato anche contro l’americano Paul. E la prima volta che s’incontrano, e c’è in palio la semifinale. «Fortissimo», assicura Matteo. Servirà pazienza in doppia dose. E non solo quella.

Grande Italia anche al torneo di Madrid. Arnaldi e Musetti conquistano i quarti (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

    Tutti dicono Sinner, e poi Musetti e Berrettini, e magari Cobolli. Ma la miniera d’oro del tennis italiano è talmente ricca e varia da riportare alla ribalta a livello più alto un altro nome importante, il 24enne Matteo Arnaldi che a Madrid, da 44 del mondo, dopo Coric, Djokovic e Dzumhur, elimina anche Tiafoe (17) per 6-3 7-5 e si qualifica oggi all’inedita sfida contro il 6 della classifica, Jack Draper. E il primo quarto di finale nel mega-torneo spagnolo in altura, il secondo in carriera in un Masters 1000 dopo la semifinale di Montreal dell’agosto scorso. Che era stato l’ultimo risultato di spessore. I 650 metri d’altitudine di Madrid aiutano a viaggiare più veloce la palla di Arnaldi, terzo italiano ai quarti del torneo dopo Berrettini nel 2021 e Sinner l’anno scorso, quinto dopo Berrettini, Musetti, Sinner e Fognini che arriva ai quarti in un 1000 sul cemento come sulla terra. Un connotato di completezza tecnica importante. Ma forse è l’esperienza la vera chiave di questa prestazione contro un altro top 20 che fa seguito alla gestione delle emozioni contro Djokovic e quindi dei nervi contro quel volpone di Dzumhur. Sintomi evidenti della maturazione anche umana oltre che fisica e tecnico-tattica di un talento da sempre capace di grandi fiammate che si sta assestando dopo l’esplosione di due anni fa. Come concorda coach Alessandro Petrone: «Sta cercando la sua identità, ancora fa fatica a portarla avanti con continuità. Così anche il servizio: cinque mesi fa abbiamo cambiato il movimento e ancora funziona a tratti». […] Arnaldi spiega: «Con Madrid ho un feeling speciale. Un anno fa qui avevo battuto Casper Ruud (all’epoca 4 del mondo), perdendo al turno successivo. Pochi giorni fa ho battuto Djokovic e non volevo finisse allo stesso modo: questa volta l’ho gestita molto bene. Battere Novak dà una motivazione ulteriore per andare avanti». Nole che è il mito di tantissimi ed è addirittura il proprio idolo personale. Come puntualizza il coach: «Quel successo gli ha ridato fiducia in un momento complicato». Anche perché spesso a bloccare Matteo è soprattutto il fortissimo desiderio di realizzare le grandi aspettative che ha su se stesso. «E a volte si mette troppa pressione», chiosa ancora la sua guida tecnica. Contro Frances Tiafoe, sulla terra rossa europea, il ligure partiva favorito. Ma è stato bravo a tenere a bada il pericoloso potenziale offensivo dell’imprevedibile statunitense. «Tiafoe è sempre un avversario duro e a Wimbledon mi aveva battuto nonostante fossi avanti di due set. Ho giocato bene, soprattutto sulle palle break […]. II match è girato su quei momenti. Ho perso il servizio al momento di chiudere, sul 5-4, ma poi ce l’ho fatta di nuovo a strappargli il suo e ho chiuso: l’ultimo game è stato il riassunto del match». […] All’exploit di Arnaldi si aggiunge il dominio assoluto, nella tarda serata madrilena, di Lorenzo Musetti che dispone di Alex De Minaur in due set, 6-4 6-2, centrando i quarti di un Masters 1000 a pochi giorni da quelli già conquistati a Montecarlo. Un risultato che lunedì lo proietterà nella top ten. Oggi trova il canadese Diallo, 1-1 i precedenti tra i due.


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