Il tennis è lo sport del diavolo, quante volte lo abbiamo detto. Ed è forse questo che ci affascina oltremodo. Quell’incertezza che ci tiene in sospeso fino all’ultimo, fin quando i due giocatori non si stringono la mano a rete. L’andamento psichedelico delle partite, capaci di cambiare in un batter d’occhio, senza quasi una spiegazione.
La finale del Roland Garros 2025 è stato un grande spot per il tennis nel mondo. Ad avere la meglio è stato Carlos Alcaraz, che si riconferma re di Parigi, battendo in rimonta Jannik Sinner. L’azzurro ha mancato tre match point nel quarto set, prima di arrendersi al super tie-break del parziale decisivo. E mai come in questo caso qualcuno avrà maledetto il fatto che nello sport, nelle finali, non si possa chiudere in parità.
Ridurre questa sfida, lo spettacolo a cui abbiamo assistito, alla glacialità di numeri e statistiche sarebbe forse ingiusto, ma i dati aiutano sempre a sottrarre all’emotività subitanea – la parte più bella e genuina della passione sportiva – l’analisi di un match incredibile.
Sono state 5 ore e 29 minuti di grande agonismo, in cui ciascuno dei due protagonisti ha tentato di incunearsi nelle crepe, seppur minime, del rivale. Ne è venuta fuori la finale più lunga di sempre nella storia del Roland Garros, superando di gran lunga il record precedente di 4 ore e 42 minuti, che apparteneva a Mats Wilander e Guillermo Vilas e che resisteva addirittura dal 1982. Per il primato assoluto a livello Major è mancata poco più di mezz’ora e sarà difficile, anche in futuro, sfiorare le 5 ore e 53 minuti della finale degli Australian Open 2012 vinta da Novak Djokovic su Rafael Nadal.
Tra l’altro, sul Philippe Chatrier sono scesi in campo i due giocatori che erano imbattuti nelle finali Slam che avevano raggiunto in carriera. Era inevitabile che uno dei due dovesse in un certo qual modo abdicare. Jannik Sinner, dopo tre trionfi, esce sconfitto alla quarta possibilità di contendersi il titolo. Per Carlos Alcaraz si è trattato invece della quinta volta che approdava all’ultimo atto in un Major e in ogni occasione ha portato a casa il trofeo. E c’è di più. Solo Bjorn Borg ha vinto più Slam nelle prime 17 apparizioni con sei successi.
Insomma, lo spagnolo sta, insieme al numero 1 al mondo, contribuendo a scrivere un nuovo capitolo di storia del tennis. E per vincere il suo secondo Roland Garros ha dovuto sfatare anche uno dei pochi tabù che ancora gli rimanevano. Mai aveva rimontato da due set sotto. Otto volte era andato in doppio svantaggio e aveva sempre perso la partita. Quella odierna è stata, per amor di cronaca, la sesta finale in quel di Parigi in cui un giocatore ha trionfato con una rimonta da 2 a 0.
Al netto di questo dato, il rapporto tra il giocatore murciano e il quinto set è ottimo: in tredici match ha perso una sola partita, quella contro Matteo Berrettini agli Australian Open 2022.
Per Jannik Sinner, che per vincere il suo primo Slam a Melbourne lo scorso anno aveva rimontato anche lui sotto di due set contro Daniil Medvedev, si confermano le difficoltà quando gli incontri si protraggono. Prima di oggi, in altre cinque occasioni era andato oltre le quattro ore di gioco e non era mai riuscito a imporsi, anche se la sospensione di tre mesi potrebbe aver avuto un ruolo decisivo sulla tenuta atletica.
Meri e freddi numeri, si è detto. Ma anche in questo si vede la grandiosità di chi sta dando vita a una delle rivalità destinata a intrattenere il tennis per molto tempo.