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Reading: ATP Shanghai, Balleret (coach Vacherot): “Ora giocheremo i tornei che Val ha sempre sognato”
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Interviste

ATP Shanghai, Balleret (coach Vacherot): “Ora giocheremo i tornei che Val ha sempre sognato”

Benjamin Balleret parla degli inizi con Vacherot, del proprio percorso professionale e di quello di Valentin: “È già difficile con un atleta qualunque, ma quando è tuo fratello lo è ancora di più. Sembra un film, una favola”

Last updated: 12/10/2025 18:34
By Redazione Published 12/10/2025
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11 Min Read
Valentin Vacherot - Shanghai 2025 (foto X @atptour)


📣 Guarda il torneo ATP di Shanghai in streaming su NOW! 

Coach e fratellastro di Valentin Vacherot, Benjamin Balleret si presenta ai giornalisti dopo la straordinaria vittoria del suo pupillo al Rolex Shanghai Masters cominciando a parlare delle proprie emozioni.

“Ovviamente la sensazione è incredibile. Val è campione di un Masters 1000. Solo essere vincitore di un torneo ATP – quando tanti grandi giocatori, con carriere di 15 anni, non ne hanno mai vinto uno – è qualcosa di straordinario. Ma più ancora di questo, quello che ha fatto questa settimana… Sapevamo che poteva giocare un gran tennis, ma quello che è successo qui è semplicemente inaspettato.
Non potevamo credere che potesse vincere questo torneo. È cresciuto match dopo match.
Se torno indietro di qualche giorno, ha battuto Machac, e poi aspettava solo di giocare contro Jannik Sinner. E ti dici, ‘ok, è già una gran bella storia. Giocherà contro Sinner. Magari verrà distrutto, ma è comunque un grande torneo’. Poi, non gioca contro Sinner. Fa un’altra partita, e poi un’altra ancora. E poi gioca contro Djokovic. E allora dici, ‘può affrontare Djokovic una volta nella vita’ e finisce per batterlo – non un Djokovic al 100%, ma comunque lo batte.
E poi tutta questa storia che culmina con la finale contro Arthur… Come dicono tutti, sembra un film, una favola. Ed è proprio così che ci sentiamo adesso: dentro una favola.”

D. Parliamo di quel terzo set: 17 vincenti, solo due errori non forzati. Ha perso appena due punti al servizio, 16 su 18 vinti. Probabilmente il miglior set che abbia mai giocato da professionista.
“Penso che all’inizio del match Arthur fosse il migliore in campo, con più energia. Poi il secondo set è stato un po’ strano: tanti servizi, pochi scambi. Dal 4-3 nel secondo set, è lì che è iniziata la magia di Val. Come hai detto tu, la fine del secondo e tutto il terzo set sono stati semplicemente fantastici da parte sua. L’ho già visto entrare in questo stato mentale e fisico da ‘bestia’, per così dire.
Ma farlo sul campo centrale di Shanghai, in una finale, contro suo cugino. è un’altra cosa. Sappiamo che può giocare così, lo abbiamo già visto. Farlo non per due o tre game, bensì per quasi un’ora, per chiudere il match in quel modo… Alla fine ha avuto, non so, forse otto palle break nel terzo. Sarebbe potuta finire 6-1 per Val. Ma Arthur era ancora lì sul 4-3, e non si sa mai cosa può succedere: bastano due buone risposte, un servizio meno efficace, e tutto può cambiare.Quindi sì, non conoscevo le statistiche, ma alla fine della partita guardavo Julien, il preparatore atletico, e gli dicevo, ‘ti rendi conto del primo set che ha fatto per vincere questo torneo?’. Sapevamo che era incredibile, ma… sì, è Val.”

D. Vorrei che tornassi un po’ indietro, a quando avete iniziato a lavorare insieme qualche anno fa. So che tra voi c’è molto più del semplice tennis, ma tu avevi già lavorato con grandi giocatori. Credo che da parte tua ci fosse molta fiducia nel suo potenziale. Mi piacerebbe sapere cosa vi siete detti all’inizio, quali obiettivi vi siete dati.
“Quando Val ha compiuto 18 anni aveva alcune scelte da fare. Voleva diventare un tennista professionista, ma non era ancora maturo mentalmente, e nemmeno fisicamente. Era molto magro, non ancora sviluppato fisicamente. Ne abbiamo parlato con la famiglia e gli abbiamo consigliato di andare in America, al college. Per imparare, per allenarsi, per crescere, con un ottimo coach come Steve Denton. E lui ci ha ascoltato, perché nella mia testa era chiaro: se fosse andato subito nei Futures, avrebbe perso tanto. Anche se l’avessi aiutato, ci sarebbero voluti anni per svilupparsi e arrivare tra i primi 100 o 50. Era questa la mia idea su Val. Così è andato in Texas. Io nel frattempo ho portato avanti la mia carriera da coach. Ho avuto la fortuna di iniziare con un giocatore straordinario come Gilles Muller, che ha creduto in me fin da subito. Abbiamo fatto due anni e mezzo incredibili.

“Ho imparato tanto. Quando alleni mpari ogni giorno – non due anni e poi sei un grande coach. È stato fantastico con Gilles. Poi con Pierre-Hugues (Herbert) abbiamo lavorato quasi cinque anni, anche quello è stato un grande periodo. È una persona meravigliosa, e ho imparato molto anche da lui. Avevo sempre in mente che, se Val fosse tornato dal college e avesse voluto davvero diventare professionista, allora lo avrei aiutato. E lui voleva che fossi io ad aiutarlo, perché sono suo fratello. Penso che alla fine non conti solo il talento: se lavori duro e lo vuoi davvero, devi andare fino in fondo. Non importa se arrivi al numero 200 o al 50, l’importante è dare tutto per raggiungere il tuo pieno potenziale. Non puoi sapere dove ti porterà: se arrivi al 200 puoi diventare 150, se sei 150 puoi diventare 100. Devi sempre fissarti un nuovo obiettivo, un altro e un altro ancora.

“Alla fine è tornato nell’estate del 2021. Siamo ripartiti da zero. Ed è anche per questo che oggi c’è così tanta emozione: perché è stata una strada lunga, e a volte perdi un po’ di fiducia. Le brutte sconfitte, la fatica emotiva – soprattutto perché è famiglia, non solo un giocatore. È già difficile con un atleta qualunque, perché ci tieni tanto. Ma quando è tuo fratello, lo è ancora di più. Ci sono stati alti e bassi. Ma essere qui oggi davanti a voi, con Val campione di un Masters 1000… è semplicemente incredibile.”

D. Avete appena fatto la storia per Monaco. Ti va di raccontarci cosa sta succedendo lì e come stanno reagendo?
“Non lo so, sono qui con voi (ride). Sicuramente riceverò dei video dagli amici su quello che sta succedendo a Monaco. Quando torneremo, vedremo. So solo – perché me l’hanno già detto alcuni amici – che lì è pazzesco. E penso che anche questo sia uno dei motivi per cui Val ha vinto il torneo. Val ama tantissimo il suo Paese. Per lui contano la famiglia e il Principato. Durante la settimana è cresciuto anche grazie a tutti i messaggi, a tutto l’affetto che ha ricevuto dal Paese. Questo, ne sono certo al cento per cento, lo ha aiutato a vincere partite difficili.
Perché lo vedi, vince 6-4 al terzo dopo tre ore di gioco e continua a crederci anche grazie a tutto il sostegno che sente dietro di sé. Come dico sempre, non è mai una sola cosa: sono un milione di piccole cose. E Monaco è una di quelle piccole grandi cose.”

D. Ora siete un po’ in un territorio sconosciuto, perché nemmeno voi potevate immaginare che sarebbe successo tutto questo. Cosa succede adesso? Cosa vi dice l’istinto?
“Adesso vengono i tornei in cui Val ha sempre sognato di essere. I grandi tornei, quelli veri, diciamo così. È quello che ci siamo detti subito dopo la finale, ‘fantastico, congratulazioni… ma ora continuiamo, andiamo avanti. Di nuovo. A tutta’. E vedremo cosa succederà. Ma è così che vedo le cose: gioca la tua carriera fino in fondo, al cento per cento, e non guardare indietro. Lavora e vedremo dove arriveremo.”

D. Non solo top 100, ma adesso anche top 50, che è pazzesco considerando che era numero 204 – il tuo stesso best ranking, tra l’altro.
“Sì, quello era il mio miglior ranking, e lui questa settimana era 204 e ha fatto questo. Non so davvero cosa dire. Quando fissavamo gli obiettivi per Val, non parlavamo solo di top 100. Ci sembrava un po’ poco dire ‘vogliamo essere top 100’. No, noi dicevamo, ‘andiamo oltre, vogliamo essere top 50, top 30’. Bisogna avere più ambizione.
Ma a volte, come dicevo prima, perdi un po’ di fiducia. Quindi il nostro ruolo, come coach e come team, è stare dietro di lui, spingerlo, ricordargli che può essere un giocatore da top 50. Perché tanti giocatori smettono di crederci. Nel tennis perdi quasi ogni settimana, quindi devi sempre continuare a credere. È fondamentale.

“Ma la squadra, la famiglia, le persone intorno a te devono ripetertelo continuamente: ‘Ce la farai’. Vinci una partita? Bene, ma non basta, devi vincerne un’altra. Andiamo avanti. Ancora. Sempre avanti. È così che lavoriamo come team: spingendolo sempre. E certo, in una settimana un salto del genere… non so cosa dire. Non è qualcosa che avevamo previsto. Val ha sempre fatto piccoli passi, mai grandi balzi. Passo dopo passo. E ora è successo questo. Non ho parole.”

M.S.


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