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Interviste

Musetti: “Sono una versione del tennis che vuole esistere anche senza sparare cannonate”

“Jannik non è un rivale ma un punto di riferimento” dice Lorenzo Musetti a proposito di Sinner

Ultimo aggiornamento: 26/11/2025 16:18
Di Redazione Pubblicato il 26/11/2025
9 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Lorenzo Musetti - Toronto 2025 (foto X @ATPTour_ES)

Lorenzo Musetti non era a Bologna la scorsa settimana per le Finali di Coppa Davis; lui e la sua compagna Veronica sono in attesa del secondo figlio che dovrebbe arrivare proprio in questi giorni. Il primogenito, Ludovico, è nato lo scorso anno, in marzo. “Avevo paura di non essere pronto alle novità” ha detto Lorenzo a Emanuela Audisio per Repubblica. “C’era da costruire una famiglia, cambiare casa, allargarsi, accettare le responsabilità. Non è stato semplice, mi ha creato dubbi e problematiche, ho vissuto la gravidanza di Veronica con molto travaglio. Di testa e risultati”.

Sezioni
Dalle insicurezze alla svoltaTennis e famiglia“Mi piace, non mi piace”Perché inseguire invano la perfezione?False rivalità

Dalle insicurezze alla svolta

E infatti in quel periodo il campo è stato decisamente avaro di soddisfazioni per l’azzurro, che ha anche sofferto i giudizi negativi dei tifosi, “come se diventare padre significasse voltare le spalle allo sport, darsi altre priorità, sentirsi già appagati. Per me la famiglia è importante, ma anche il tennis. Diventare genitore mi ha dato una spinta in più, ciò che ho vissuto fuori mi ha fatto maturare dentro il campo. Prova ne è che Ludovico a marzo farà due anni e per me questa è stata la migliore stagione. Lunga, faticosa, ma piena di soddisfazioni”.

Il cambio di marcia c’è stato proprio a metà della scorsa stagione, chiusa al 17° posto del ranking, con la semifinale di Wimbledon – torneo iniziato da n. 25 – a mostrarci un Lorenzo ben diverso non solo da quello visto negli ultimi dodici mesi, ma anche inedito. Per arrivare a mettere in archivio il 2025 da ottavo giocatore del mondo, con la semifinale al Roland Garros a confermare una strepitosa stagione sulla terra battuta europea (una finale e due semi nei tre Masters 1000) e con un importante miglioramento sui campi duri come testimoniato dai quarti allo US Open.

Tennis e famiglia

L’importante è riuscire a conciliare lavoro e famiglia, impresa che il classe 2002 di Carrara pare aver iniziato a gestire al meglio fin da subito. “Non ci sono solo i trofei a dare felicità, anche se è chiaro che da sportivo devi organizzarti, per fortuna posso contare sui nonni. Quando viaggiamo insieme nei tornei io e Veronica, la mia compagna, dormiamo in stanze separate. Per noi atleti il sonno è fondamentale, utile per recuperare energie. Ma serve anche tornare in famiglia e vedere che Ludovico mi commuove”.

Se Lorenzo assicura che “a casa cerco di dare una mano, non sono un uomo disordinato, non lascio cose in giro. E la seconda gravidanza di Veronica l’ho vissuta con più serenità”, la parte più impegnativa – sperando non ci sia bisogno di ricordarlo – spetta alla futura mamma. “Una sportiva che ha partorito ha sensazioni diverse, il suo corpo ha vissuto molti cambiamenti. Per loro è una scelta difficile, quasi tutte rimandano la gravidanza a fine carriera, come Flavia Pennetta e Federica Pellegrini. La stessa Serena Williams, che prima dominava, da mamma non è più riuscita a vincere un Grande Slam. Faccio molti complimenti al rientro della svizzera Belinda Bencic, campionessa olimpica a Tokyo e mamma di Bella l’anno scorso”.

“Mi piace, non mi piace”

La cosa che più piace del tennis a Musetti è “il rumore della palla. Per me è una melodia, sono cresciuto con la musica di mio papà Francesco, operaio alle cave di marmo, molto Lucio Battisti, Luciano Ligabue, gli U2. Le canzoni sono il sottofondo nelle pause e alla vigilia degli incontri. Non leggo libri, non seguo serie tv, non gioco alla playstation, mai avuta una. Sono proprio vintage. Dovessi dire un periodo nel quale mi sarebbe piaciuto vivere e giocare non avrei dubbi: anni 80-90. Sarei stato a mio agio”.

Il suo colpo preferito probabilmente coincide con quello degli amanti del tennis: “Il passante di rovescio. Quando riesce è come una liberazione, come un gol nel calcio, anzi come se segnasse la nostra nazionale. Piaccio ai campioni del passato, forse si rivedono in me. Ma preferisco vivere nel presente, non in una bolla nostalgica. Sono un’altra versione del tennis che vuole esistere anche senza sparare cannonate”.

E, non sorprende particolarmente neanche con la parte che meno gli piace: “Le tempeste emotive. Tutto intenso, forte, feroce nello stesso modo. Cadi a un passo dall’orizzonte, basta un 15 e quello che stavi per afferrare non c’è più. Ti chiedi, perché tutto questo male? Entro in una spirale negativa, mi flagello, mi faccio prigioniero da solo, parlo ad alta voce, mi escono dalla bocca commenti inappropriati. Ho una sensibilità esasperata che magari viene vissuta con fastidio”.

Perché inseguire invano la perfezione?

C’è chi, di fronte al ‘non si nomina il suo nome invano’, replica che ‘è la terza palla break che sfuma perché l’altro fa un vincente di stecca o prende un nastro fortunato, altro che invano’ e c’è chi si rifugia nelle origini: “Ma io sono toscano, da noi si urla, si alza la voce, così per abitudine. Io con un certo tipo di linguaggio non voglio offendere e non vado fiero delle mie derive. Per un po’ mi sono fatto aiutare da uno psicoterapeuta, poi ho interrotto la collaborazione. Non inseguo la perfezione, non sono politicamente corretto, il mio carattere è questo. Ma non sono nemmeno uno che cerca il conflitto, anzi cerco di evitare gli scontri”.

Ciò non gli evita però di provare imbarazzo rivedendosi quando si lascia “andare a comportamenti che non mi appartengono. Capitemi, sto facendo sforzi, e grazie se vi ritrovate in me, nei miei alti e bassi. Invidio la continuità che hanno altri, lavoro per averla, sono migliorato, ma non sono un pezzo che esce dalla catena di montaggio. Rivendico la mia diversità, credo di piacere perché sono fuori dal coro”.

A proposito di Simone Tartarini, suo allenatore da quando Lorenzo aveva otto anni, dice che “probabilmente siamo gli unici due al mondo che, partendo dalle scuole tennis, sono arrivati nella top 10 mondiale. Conosce tutto di me, il bello e il brutto, la crescita umana e professionale è maturata insieme. Questo non esclude che si possano aggiungere altre figure tecniche” conclude, rimandando alla possibilità, ancora non confermata, di inserire nel team José Perlas, ex coach di Moyà, Ferrero, Costa e Fognini, solo per citarne alcuni.

False rivalità

Tre anni e mezzo fa, ci si domandava su chi puntare davvero, sul rosso o sul nero, un pretesto per analizzare l’alba delle carriere e le potenzialità di Sinner e Musetti, all’epoca rispettivamente n. 10 e n. 56 della classifica ATP, ma che certo qualcuno ha preso come spunto (non che ne avesse realmente bisogno) per esaltare l’uno, sminuire l’altro o viceversa. Ora che a 24 anni Jannik è già pluricampione Slam e Lorenzo, ventitreenne. è in top 10 dallo scorso 5 maggio (data anche del rientro di Sinner dalla squalifica, del compleanno di Carlos Alcaraz e di un’altra cosa famosa), il Muso ha le idee chiare su questa supposta rivalità: “Per fortuna ho Sinner, non dirò mai purtroppo. Non esiste una rivalità di quel genere, esasperare le tensioni nello sport, che ne ha tante, non serve. E poi Jannik ce l’ho a fianco. Non è un nemico che mi toglie l’aria, è un campione che indica la via. Un punto di riferimento. Diverso da me? Sicuro. Più potente, solido, costante. Ma non giudico uno svantaggio essere capitato nel suo stesso periodo. Vorrei avere un po’ delle sue qualità? Sì, nel massimo rispetto delle nostre diversità”.

M.S.


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