Resterà sempre negli annali la frase che Ken Rosewall, numero 1 del mondo e otto volte campione Slam in singolo, disse di Nicola Pietrangeli: “Se ai nostri tempi ci avessero confinato in un’isola per sei mesi, senza campi da tennis, e poi ci avessero fatto disputare un torneo, Nicola ci avrebbe battuti tutti quanti“. Un elogio al talento tecnico di un giocatore leggendario e di un vero patriota del tennis.
Ken e Nicola furono leggende con le strade divise da Jack Kramer, che nel 1956 scritturò Rosewall per far parte del suo roster di atleti professionisti. Sotto il management dello statunitense passarono numerosi giocatori di fama mondiale, e Rod Laver stesso disse che era una figura molto importante per il tennis. Jack, visionario, permetteva ai suoi giocatori di vivere veramente del loro sport. Pietrangeli, che inizialmente aveva accettato questa offerta, si tirò fuori poco dopo per poter partecipare ai Giochi della XVII Olimpiade, Roma 1960. L’australiano e Nicola, che si erano sfidati appena prima dell’offerta di Kramer nel 1955 (in un Italia-Australia da cui uscì vincente quest’ultima) e nella finale di Wimbledon 1956 (vinta da Rosewall e Hoad, i sidney twins, contro Pietrangeli e Sirola), si ritrovarono solo 11 anni dopo.
Correva ormai l’anno 1968, era l’avvento del professionismo, e Nicola era già ben oltre il suo apice (il suo ultimo anno tra i primi 10 del mondo fu nel 1964). Ma per quanto sia la pratica a renderti il migliore, è necessario il talento per renderti immortale. E di talento Nicola ne aveva da vendere. Rosewall stesso disse: “Aveva un bagaglio tecnico unico. A fondocampo era solido, ma anche a rete difficilmente riuscivi a passarlo. Poteva giocare in qualsiasi zona del campo, era impressionante“. E fu proprio Ken, insieme a Rod Laver, a incarnare più di chiunque altro quella scuola straordinaria che dominò il tennis per quasi due decenni. Con il suo stile elegante, la resistenza da maratoneta e un rovescio considerato tra i più puri della storia, divenne l’emblema dell’efficienza australiana.
Tra il 1950 e il 1967 guidò una generazione capace di conquistare quindici Coppe Davis, imponendosi come punto di riferimento per tecnica e mentalità. La sua carriera, attraversata dalla scelta di passare al professionismo anzitempo, lo vide poi protagonista assoluto dell’Era Open. E se tutte le scelte compiute da Ken erano indirizzate a renderlo un grande del tennis, non si può essere dire lo stesso di Nicola.
Pietrangeli è stato un giocatore capace di giocarsela alla pari con lui, senza gli stessi mezzi e senza la stessa etica: semplicemente talento puro. Il rifiuto dell’offerta di Kramer per andare a Roma 1960, le ore piccole prima dei match importanti, sono tutti sintomi emblematici della sua persona. E Rosewall, oltre che per il giocatore che fu, lo ricorda a ‘La Gazzetta dello Sport’ anche per questi suoi tratti caratteriali, per chi era veramente: “Nicola è sempre stato un buon amico. Avevamo un rapporto splendido”.
