L'annus horribilis di Federer e la ricetta per tornare in alto

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L’annus horribilis di Federer e la ricetta per tornare in alto

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TENNIS – I giornalisti si interrogano sul futuro di Federer. “Il dritto è diventato inaffidabile” dice Erik Gudris di Tennis Now. Per Courtney Nguyen, di Sports Illustrated, “dovrà ritrovare il servizio. E non dovrà più dare l’impressione di essersi smarrito”

6-4, 6-4, 6-7(5), 6-7(8), 9-7. Le cifre di una finale. Numeri della combinazione vincente con cui nel luglio del 2008 lo spagnolo Rafael Nadal Parera riuscì a detronizzare dal trono di Wimbledon il numero uno del mondo Roger Federer.
Scalzato dal giardino di casa dopo 5 anni di dominio, lo svizzero, che all’epoca cercava ancora di riprendersi dai postumi della mononucleosi, sarebbe in ogni caso tornato a vincere tornei dello Slam (altri 5), Finals (2), Master 1000 (ancora 7) e altri svariati titoli ,ma fu da quella notte del 6 luglio 2008 che si cominciò a parlare del suo declino.
I detrattori del basilese hanno però dovuto attendere prima il 2011 (in parte) e poi il 2013 per avere prove concrete dell’inevitabile crepuscolo; tira meno forte di prima, difende peggio di prima (salvo picchi di gioco ancora attuali) e non avendo mai fatto del gioco difensivo la sua arma migliore (anzi!), si trova nella deprecabile situazione di dover trarre il massimo dalla prima palla di servizio. Pena: la probabile sconfitta.
Per il momento lo svizzero, giunto settimo nella classifica tra gli sportivi più eleganti dell’anno e primo tra i tennisti secondo il magazine GQ, starebbe facendo costruire un ‘immensa villa nei pressi del lago di Zurigo; un complesso modern style con terrazze su più livelli, un campo da tennis per tenersi in forma e una vista mozzafiato sul lago. Ma il tennis è sempre il suo primo pensiero e non vede “l’ora di dimostrarlo sul campo”.

Analizzando l’annus horribilis appena concluso (45 vittorie e 17 sconfitte, 0 finali Slam, 1 titolo vinto e sesta posizione nel ranking) Erik Gudris, editor per Adjusting the Net e per Tennis Now  ha recentemente focalizzato l’attenzione sul dritto di Federer: “E’ questa la questione che va risolta immediatamente, ha usato questo colpo per anni con ottimi risultati ma ora è decisamente inaffidabile . Nella partita al quarto turno dell’Us Open con Robredo ad esempio, ma anche nel match con Gael Monfils al Masters di Shanghai, quante volte lo abbiamo visto partire alla deriva? Potrebbe aiutare un nuovo cambio di racchetta? Forse. Ma ritengo che sia più probabile che il dritto torni a funzionare, se Roger riprende a muoversi meglio e più velocemente. Diciamo che dritto e movimento di piedi dovrebbero essere i primi fondamentali su cui lavorare”.
Una racchetta più performante o semplicemente più adatta all’età. Un movimento di piedi idoneo e continuo. Un dritto che torna a livelli accettabili. Quale la giusta soluzione per tornare competitivo? Mi sentirei di escludere la prima date le pessime figure di quest’estate a Gstaad con Brands ( sconfitto 6-3, 6-4 al secondo turno) e ad Amburgo dove Roger è stato sconfitto 7-6(7), 7-6 (4) dal numero 114 del ranking ,l’argentino Federico Delbonis, ma non è una soluzione che accantonerei a priori perché è chiaro che in entrambe le occasioni un Federer in forma avrebbe tranquillamente passeggiato sui modesti avversari anche con una simil Wilson con telaio da 98 pollici.
Piace però ricordare che con il suo modello classico, la Wilson Pro Staff BLX da 90 pollici, lo svizzero ha vinto i suoi 17 Slam incantando platee con tocchi e gesti di fino, resi possibili sino alle più audaci estremizzazioni dal suo talento,ovvio, ma anche da questo modello così diverso da quello usato da gran parte dei tennisti.
Così diverso ma anche più difficile da utilizzare. Non per lui. “Il cambio di racchetta non mi ha mai convinto . L’idea era buona ma forse non per Federer o comunque non per quel Federer di mezza estate. Il cambio è avvenuto in un momento drammatico e se Roger volesse riprovarci, è questo il momento giusto per farlo . Ha due mesi di tempo prima degli Australian Open e dovrà prepararsi per un’adeguata off-season”. Questo il pensiero di Ricky Dimon, writer per Grandstand .
Risponde sul tema anche Courtney Nguyen per Sports Illustrated; lei pone l’accento sulla preparazione invernale che a differenza dell’anno scorso “dovrà essere  pianificata nel dettaglio” e senza fare accenni ad eventuali cambi di racchetta . Inoltre puntualizza che lo svizzero dovrà “recuperare molti dei colpi che lo hanno reso vincente per anni, soprattutto il servizio che nel 2013 ha perso efficacia e non è più stato incisivo come prima” .

E dire che questo 2013 non era poi iniziato così male: nel primo Slam stagionale il fisico aveva retto abbastanza bene ai 5 set della partita vinta con Tsonga nei Quarti di finale e agli altri 5 di quella invece persa ma con onore e classe al cospetto di Andy Murray, all’epoca tirato a lucido. Lì però Federer ha forse perso sicurezza (non aveva mai perso con Murray negli Slam) e nel tempo ha anche perso lo smalto; sconfitte in serie inaspettate (con Benneteau a Rotterdam e Berdych a Dubai ), preventivabili (con Nadal nella finale di Roma) o scioccanti (con Nishikori a Madrid e con Tsonga in 3 set nei Quarti di finale del Roland Garros) ma la mina che ha distrutto le sue residue certezze è sicuramente arrivata a Wimbledon (ancora una volta nel suo fedele giardino di casa) dove l’ucraino Stakhovsky lo ha sconfitto al secondo turno in 4 set ,impedendogli di raggiungere un quarto di uno Slam dopo 9 anni di fila e 36 Slam appunto.
D’estate però è venuto fuori il problema principale che sotto traccia lo aveva tormentato sin da febbraio; quel mal di schienache non solo non gli consentiva di essere efficace al servizio ma nemmeno gli permetteva di allenarsi con continuità e le sconfitte dunque sono continuate a fioccare. Come detto non è bastato cambiare racchetta per sottrarsi alle sciagurate batoste sulla terra europea e sul cemento nord-americano; il suo dritto non ha mai impensierito il risorto Robredo agli Us Open.
Poi al termine della sua peggior stagione lo svizzero ha ritrovato una condizione accettabile e alle Finals è stato stoico ed eroico contro Del Potro nell’ultima giornata del Gruppo B, prima di arrendersi alla nemesi Nadal nella semifinale del torneo. Ma anche in quel caso resta la sensazione che con una prestanza atletica quanto meno durevole, anche la tenuta mentale lo avrebbe sostenuto maggiormente, consentendogli di giocarsi tutte le carte che da sempre lo davano per favorito sul cemento indoor contro lo spagnolo.

Ho fatto fatica a rimanere solido e costante nell’arco del match, e alla fine Nadal ha meritato di vincere. Giocare con lui mi richiede cambiamenti rapidi, anche perché prima di tutto è mancino. Soprattutto in risposta serve spingere di più invece di cercare i tagli, che ho usato tutta la settimana. Purtroppo non sempre riuscivo a leggere bene le traiettorie, e qualche volta sceglievo il lato sbagliato. Alla fine è raro che in una partita io non abbia proprio la chance di vincere, la differenza la fai se sai cogliere le opportunità a disposizione”.
Così Federer dopo la sconfitta che ha poi rilanciato :” Non sono interessato al ranking eccetto il numero 1. Cercherò soprattutto di fare bene negli Slam e nei 1000 e per questo sarà importante fare una programmazione completa. Se riuscirò a servire meglio e se il dritto tornerà a funzionare allora potrò tornare ad arrivare lontano nei grandi tornei. La fine della stagione porta via sempre forma ma ora devo ricaricarmi mentalmente e fisicamente perché se sto bene posso ancora giocare bene”.
Ma il problema, al di là del ranking che lo vede attardato in sesta posizione, sta proprio nella possibilità di esprimersi ancora ad alti livelli quando anche l’anagrafe gli gioca contro. Alla sua età, 32 anni , nessuno dei grandi del tennis moderno è riuscito a vincere un torneo dello Slam; solo Agassi a 33 e Rosewall a 38 ma in questo caso erano decisamente altri tempi.

Il deludente 2013 ha però lasciato ancora margine per essere ottimisti; il basilese ha completamente sbagliato la preparazione invernale che, vuoi per esibizioni e molto per scelta personale, è stata più leggera del solito. La sicurezza smarrita e i guai alla schiena ne sarebbero diretta conseguenza ma come per un gatto che si morde la coda, nel prosieguo della stagione non è stato più così facile capire “cosa” fosse la causa di “cosa”.
Per Nguyen “ Non c’è dubbio che Federer sia ancora molto rispettato nel circuito ma ha ormai perso da anni quell’aura d’imbattibilità che gli consentiva di vincere molte partite ancora prima di scendere in campo e il 2014 sarà fondamentale in tal senso. Non deve dare l’impressione di essersi definitivamente smarrito”.
Dimon è sulla stessa lunghezza d’onda :” Federer è ancora superiore a quasi tutti ,è in vantaggio negli scontri diretti con Del Potro e riesce a battere Murray nei grandi appuntamenti . Soffre solo Nadal e Djokovic ma se ne incontra solo uno nel singolo torneo può vincere purchè tirato a lucido. L’off-season è indispensabile perché nel futuro immediato non ci sono giovani che possono aspirare alla vittoria in uno Slam e se si prepara bene può tranquillamente competere e magari vincere, se i primi due del ranking avranno un calo come da molti profetizzato”.

Ma nelle scelte decisive del 2014 potrebbe giocare un ruolo chiave il nuovo coach di Roger Federer, che dopo aver congedato Annacone a Ottobre, dice di non aver ancora pensato alla possibilità di un nuovo allenatore . “Cercherò di far sì che Severin Luthi resti con me più settimane possibile” .
Non mancano in ogni caso i candidati e tutti di primissimo livello: Magnus Norman che tanto bene ha fatto con Wawrinka e Soderling; Larry Stefanki che ha elevato il livello di gioco di Roddick e Gonzalez; Darren Cahill che avrebbe un background non da poco in tema di tennisti a fine carriera(chiedere ad Agassi) ; Courier, Edberg, Cahill e persino Patrick Mouratoglu coach di Serena Williams.
Kenny Dejohn editorialista per Bleacher Report sottolinea che la collaborazione con Annacone ha in ogni caso dato i risultati sperati; diversi titoli ATP, il ritorno alla vittoria in uno Slam a Wimbledon, una medaglia olimpica e il ritorno in vetta alla classifica mondiale nell’estate del 2012.
Questo però non significa che Roger abbia bisogno immediatamente di un nuovo coach per affrontare al meglio la nuova stagione . Dejohn prosegue :”La grandezza di Federer non può arrestarsi se resta da solo, non dimentichiamo che più volte nella sua carriera si è gestito da solo e nel 2004 dopo il divorzio da Peter Lundgren, realizzò tre quarti di Slam senza alcuna consulenza e nel 2009 conquistò Wimbledon e Roland Garros. Certo ora non sarà facile risalire la classifica ma Roger ha il talento per farlo e a prescindere dall’avere o meno un allenatore, è in un punto della carriera dove conosce perfettamente il suo gioco”.
Per l’editorialista  di Bleacher Report gli allenatori anche prestigiosi dello svizzero sono sempre stati figuranti al suo servizio; da Lundgren a Tony Roche, da Luthi rimasto poi suo amico e fedelissimo dello staff fino ad Annacone .

Ma la vera sfida doveva essere un’altra. “Roger sa cosa fa bene e cosa male e sa come lavorare. E’ un tennista dotato e talentuoso e non è mai stata una mossa giusta affidarsi ad un allenatore che non lo sfidasse a fare notevoli cambiamenti al suo gioco. Certo non lo avrebbe fatto il suo amico Annacone ma in verità non molti avrebbero avuto il coraggio di proporgli drastici cambiamenti . Invece forse sarebbe servito provare nuove tattiche di gioco e migliorare alcuni colpi ma ora come ora potrebbe essere tardi”.
Federer è in un momento in cui può scegliere i suoi tornei e giocare solo quelli che meglio si adattano al suo programma” prosegue Dejohn . “ Dopo così tante partite giocate è consapevole di tutto quello che accade sul rettangolo di gioco e in più è uno dei pochi giocatori al mondo che non ha bisogno di un allenatore per essere migliore “. “Può ottenere il meglio direttamente da sé ma deve crederci” la chiosa finale.

Ad ogni modo dal caotico marasma delle percentuali di successo e delle variabili tra off-season, età e coach, ecco emergere il piacere di giocare dell’ orgoglioso campione elvetico :”Per me il tennis è quello che facevo da piccolo, è sempre nel mio DNA. E’ come se avessi iniziato a giocare a tennis quando ho imparato a camminare. Certo, oggi è diverso rispetto a quando avevo 12 anni ma mi piace ancora, non penso al ritiro ma solo a tornare ad essere competitivo,mi diverte ancora, e siccome quando lasci il tennis sei ancora giovane perché lasciare presto?”.

Tra i fattori decisivi per un rilancio: nè un cambio di racchetta nè il nuovo eventuale coach. Occorre che ci sia la condizione fisica ovvio. Serve che ritrovi i suoi colpi migliori, altrettanto scontato. Ma soprattutto la testa. E la voglia. Insomma più facile a dirsi che a farsi.

La ricetta forse è più semplice della diagnosi. L’augurio è che sia possibile.

Andrea Pagnozzi

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