Le difficoltà del giovane Quinzi

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Le difficoltà del giovane Quinzi

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Cosa sta succedendo a Gianluigi Quinzi? E’ la domanda che molti appassionati si stanno ponendo vedendo le difficoltà del diciottenne veneto.

Gianluigi Quinzi è la grandissima speranza del tennis italiano, ma negli ultimi mesi sta faticando a trovare un rendimento quantomeno accettabile, se utilizziamo come metro di paragone le importanti aspettative riposte in lui.

L’exl numero 1 a livello juniors e vincitore di Wimbledon tra i giovanissimi, si sta allenando con tenacia e dedizione, ma i risultati tardano ad arrivare. E’ un caso? Non credo.

Dopo aver saltato i primi mesi per continuare la preparazione e presentarsi nella migliore forma possibile, (scelta a mio modo di vedere condivisibile), ha inanellato una serie di risultati  a dir poco deludenti.

A Zagabria nelle qualificazioni, dopo l’agevole vittoria contro il mediocre Mertens, ha perso nettamente contro il serbo Pedja (7/5 6/2) di un anno più anziano di lui. Sconfitta pesante, match che doveva essere portato a casa e che gli avrebbe permesso di entrare nel main draw di un torneo ATP.

A quel punto la sua programmazione ha virato nei tornei challenger, ed il primo in programma è stato quello di Bergamo. Nel primo turno, concluso nel peggiore dei modi il primo set contro il ceco Hernych (che è sempre un avversario comunque molto ostico indoor) ha smesso di giocare capitolando con un rapido 6/0.

Sconfitta pesantissima se consideriamo che ha 18 anni: un’età che non dovrebbe creargli problemi nel sostenere un match sulla distanza dei tre set. Non è una questione fisica se cedi il set in 17 minuti con un’imbarazzante score di 24 punti a 7 mostrando a tutti gli spettatori che l’ultima cosa che vorresti fare in quel momento è giocare a tennis. No Gianluigi, così proprio non va bene.

La settimana dopo è andato a Kyoto dove ha toccato l’apice (speriamo) del fondo perdendo nel primo turno contro il tedesco Richard Becker (racimolando appena due giochi). Al di là del cognome importante Becker è un giocatore estremamente modesto dotato quasi esclusivamente di un buon servizio, ma di poc’altro. Il giorno successivo, per rendere l’idea, Becker ha affrontato il connazionale Andreas Beck ed ha mostrato tutti i suoi limiti riuscendo a trascinare il connazionale al doppio tie break, ma giocando in un modo davvero penoso ( non riusciva mai a rispondere e nei fondamentali da fondo difficilmente reggeva più di due scambi). Possibile aggiudicarsi solo due games con un avversario dalla siffatta modestia?

All’occhio si evidenzia subito che Quinzi negli incontri persi dei match disputati, nel secondo parziale ha vinto cumulativamente 4 games. Possibile che sia solo una questione fisica?

No, non credo sia ipotizzabile una scusa di questo tipo.

Probabilmente è più un fatto mentale e questo è un problema, a mio modo di vedere, decisamente peggiore. Un ragazzo di 18 anni indipendentemente dall’andamento delle partite e dalla pressione mediatica, più o meno grande , alla quale è sottoposto non può smettere di giocare in questo modo.

L’unica scusa accettabile che possiamo mettere in evidenza è che i movimenti così ampi non si adattano benissimo alle superfici indoor. Ma è davvero arrampicarsi sugli specchi perché Quinzi ha dimostrato in passato che su queste superfici ci può e ci sa giocare.

E’ giusto che Gianluigi  venga incoraggiato, venga “cullato” dalla Federazione e dai mass media, ma è anche giusto che capisca che le aspettative riposte su di lui non sono solamente un onere, ma anche un onore.

Quinzi è stato aiutato dalla Federazione, ha sempre vissuto in un’aurea da predestinato, ha sempre giocato senza troppa pressione perché a livello giovanile il suo imponente fisico (unite ad un talento naturale di primissima qualità) faceva la differenza. Ora inizia a capire cosa significa giocare tra i professionisti. Dovrebbe colmare il gap di esperienza, mascherare  i difetti tecnici e fisici che inevitabilmente si porta ancora dietro, con un’abnegazione, una rabbia agonistica veemente. Ma così non sta facendo, anzi si sta sciogliendo come neve al sole alle prime difficoltà.

Il ragazzo, in questo momento va aiutato. L’unico modo per aiutarlo e fargli fare il salto di qualità è quello di farlo seguire da un mental coach. Un professionista che lo aiuti a sostenere la pressione, a fargli capire che è un privilegiato nello svolgere la professione che ha sempre amato. A fargli capire che in campo si deve SEMPRE sputare l’anima indipendentemente dall’avversario che hai di fronte e indipendentemente dalle armi che tu hai a disposizione.

Quinzi al momento sta attraversando il momento più determinante e cruciale della sua carriera. E’ nelle difficoltà che gli uomini veri vengono fuori.

Inutile girarci intorno Gianluigi rischia di sprecare tutto quello che il suo enorme potenziale gli potrebbe permettere di raccogliere.

Aza Nikolic, un grandissimo allenatore di pallacanestro inserito nella hall of fame di questo sport, redarguendo i suoi giocatori per via della scarsa intensità che ci mettevano negli allenamenti e per cercare di spronarli, una volta disse:

 

“Noi come mucca di Bosnia, prima fa secchio di latte e poi dà calcio a secchio”.

 

Quinzi ha un talento smisurato: ha una prima di servizio già molto competitiva, ha una buonissima mano, ha un rovescio solido e un dritto ficcante. Negli ultimi mesi è migliorato molto anche in termini di mobilità. Ha tutte le qualità per provare a diventare un giocatore interessante, deve solo crederci e lavorare sodo.

Verissimo ha ancora dei difetti evidenti: considerando la sua mole e la sua struttura fisica (già quasi formata) la sua palla viaggia ancora troppo poco, la seconda di servizio è inesistente, la mobilità deve ancora essere migliorata. Non stiamo dicendo che Quinzi è già pronto per battere un top 30, stiamo dicendo che Quinzi deve affrontare le partite in un altro modo.

Con i puledri di primissima qualità occorre alternare carota a bastone. Quinzi è stato vezzeggiato è stato lodato è stato protetto negli ultimi anni, ora però ci vorrebbe qualcuno come il buon Aza Nikolic che lo prenda da parte e gli faccia capire cosa sta rischiando: compromettere anni di sforzi, sacrifici e quant’altro per rimanere una vita nel limbo dell’anonimato.

Quinzi deve avere fame.

Se non riuscirà a far uscire dentro di lui il sacro furore della competizione, del sacrificio e della lotta tutto il talento che ha non gli basterà per non essere ricordato come una delle più grandi delusioni sportive italiane di sempre.

Un coach mentale in questo momento potrebbe avere un impatto fondamentale per la crescita del ragazzo.

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