ATP/WTA Miami: (s)punti tecnici, finali

(S)punti Tecnici

ATP/WTA Miami: (s)punti tecnici, finali

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TENNIS LAVAGNA TATTICA – Settima ed ultima puntata inerente il torneo di Miami: le briciole lasciate da Serena Williams alle proprie avversarie e il ritorno di Djokovic al suo miglior tennis.

La superiorità totale di Serena

Fuoriclasse nel senso etimologico del termine: ovvero, al di fuori di ogni classificazione o categoria nella quale si possa inserire o valutare una giocatrice di tennis. Questa è Serena Williams. La cosa impressionante è che quando non sei un gradino, ma tre rampe di scale sopra a qualunque avversaria, dal punto di vista fisico e tecnico, di chi ci sia dall’altra parte della rete non potrebbe importartene di meno, il problema non è mai tuo, è di chi deve giocare contro di te. Ed è un problema senza soluzioni.

Dalle ragazzine emergenti di belle speranze, alle veterane smaliziate ed esperte, dalle comprimarie alle campionesse plurivincitrici di Slam, il trattamento è sempre lo stesso: quando serve alzare il livello, Serena saluta e se ne va, portando il suo tennis a vette di rendimento semplicemente fuori dalla portata e dalle possibilità di tutte le altre.

La finale contro Na Li ha ricalcato, con una distribuzione dei game e uno sviluppo del punteggio ancora più sconfortante  per la cinese, l’andamento del match di semifinale con Maria Sharapova.

La siberiana aveva dato tutto, e si era conquistata un vantaggio, all’inizio di entrambi i set, senza comunque arrivare nemmeno vicina a vincerne uno. La cinese si è invece arrampicata fino al 5-2 e servizio nel primo, dopodichè ha preso un parziale di undici game a uno in faccia, roba da ko tecnico con lancio della spugna, e fine del torneo.

Tecnicamente, nulla di notevole o significativo, banalmente Serena tira più forte, tanto più forte, e impone un ritmo che Na Li (o Sharapova, o qualsiasi altra) non è in grado di reggere. Il problema, dal punto di vista degli spettatori, è che nella speranza di assistere a un minimo di partita non si valuta più il tennis, ma si cerca di capire se la Williams è a posto mentalmente e fisicamente, certo non augurandole malanni o momenti di difficoltà psicologica, ma rimane il fatto che se l’americana è non dico in forma smagliante, ma basta faccia il suo a livello standard, si può anche cambiare canale.

Due signore giocatrici, due con diversi Slam in saccoccia, prese non solo a pallate, ma quasi ridicolizzate: Serena ha potuto perfino permettersi di entrare in campo pigra, e non bene attivata mentalmente, ha fatto fare qualche game alle “ragazzine” come una maestra al circolo, poi ha visto che rischiava di finire l’ora prenotata, e ha chiuso come e quando ha voluto. Mancava solo il secchio di palline, e i soci che aspettano di fare il doppietto.

Ammirazione senza riserve, quindi, a parte talvolta un atteggiamento nervoso che personalmente non condivido, per una campionessa che se sta bene lascia e lascerà le briciole alle altre per un pezzo. Il rischio è che un circuito femminile dove si gioca per il secondo posto perda di interesse, ma all’orizzonte non si vedono rivali credibili.

Aliena.

La partita perfetta di Novak

Anche riguardo alla finale maschile, gli spunti tecnici da analizzare non sono molti, essendo stata una partita estremamente lineare, nella quale uno dei due contendenti ha espresso il proprio miglior tennis su cemento, e l’altro non ne è stato capace, in parte per demeriti propri, ma soprattutto perchè messo all’angolo dalla qualità dell’avversario.

A mio avviso, il serbo Novak Djokovic con questo tipo di prestazioni si candida – o forse lo è di già – come punto di riferimento, anche in futuro, per quanto concerne il livello di rendimento su questa superficie. Quando, tra una decina di anni, ammireremo e seguiremo una nuova generazione di campioni, e qualcuno di questi sarà capace di stupirci per la qualità e l’efficacia del suo tennis, diremo: accidenti, questo sulla terra è forte quasi come il miglior Nadal (Borg, Vilas), oppure, questo sull’erba è forte quasi come il miglior Federer (Sampras, McEnroe). E se uno dei nostri futuri beniamini dovesse rivelarsi tanto, ma tanto bravo sul duro, certamente diremo: accidenti, questo sul cemento sembra il miglior Djokovic (Agassi, Lendl). Perchè questa è la giusta ricompensa che si meritano i fenomeni, quelli che riescono ad alzare l’asticella, quelli che portano il gioco al limite della perfezione: diventano i modelli, i punti di paragone e confronto a livello storico.

Rafael Nadal e Novak Djokovic, ieri, sono entrati entrambi in campo con la chiara intenzione di essere più aggressivi del solito. Ma lo spagnolo ha piazzato non più di un paio di drittoni dei suoi, per poi progressivamente arretrare la posizione in campo, pressato da un Nole centratissimo, che gli ha impedito di scatenare il top-spin, lo ha chiuso nell’angolo del rovescio,  e ha trovato molte soluzioni vincenti dall’altra parte con il suo cross bimane.

Ottimo anche al servizio, Djokovic si è concesso qualche discesa a rete, e diverse buone volée (e uno smash non chiuso, ma questo è un suo problema da sempre). Dove a mio avviso ha fatto davvero la differenza, però, è stato con il rendimento del dritto. Esemplare la situazione verificatasi sul 6-3, 4-2 per Nole, 40-30 servizio Rafa. Scambio sulla diagonale destra: Djokovic stringe un gran dritto carico in cross, Nadal anticipa il rovescio spingendo anche lui incrociato, e a quel punto Nole, senza minimamente variare la postura, fintando un ulteriore cross di dritto, lascia andare l’anca e apre la spalla all’ultimo sparando un lungolinea illeggibile per Rafa, immobile a sette metri dalla palla. Poco dopo, ha chiuso 6-3 6-3.

Quando un tipo con il rovescio fatato che ha Djokovic ti fa i numeri da fenomeno anche con il dritto, serve benissimo, e non si deconcentra nemmeno per un punto che sia uno, c’è davvero poco da fare, anche se ti chiami Rafa Nadal. Il quale, credo, sia ben felice di iniziare la parte della stagione che si svolge sulla sua prediletta terra rossa. Ma con Nole dovrà stare attento anche lì.

Sontuoso.

(Time- machine corner)

Dopo il “divertissement” dell’altro ieri, mi sembrava brutto lasciare le cose a metà: comunico quindi che, contro ogni pronostico della vigilia, Sampras (reduce da un problema gastrointestinale) ha vinto il Lipton International 1994 battendo Agassi in tre set (5-7 6-3 6-3). Prestazione magnifica di entrambi, e grande spettacolo. Questi due ne faranno di strada, per me.

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