Scanagatta intervista Ivan Ljubicic su Raonic e Fognini

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Scanagatta intervista Ivan Ljubicic su Raonic e Fognini

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TENNIS INTERVISTE MONTECARLO –  Ivan Ljubicic, ex n° 3 del mondo, telecronista Sky e coach di Milos Raonic, intervistato da Ubaldo Scanagatta in merito ai progressi di Raonic e sul caso Fognini. Di seguito, l’intervista esclusiva di Ubaldo a Dodo Artaldi, manager di Novak Djokovic

Ascolta l’audio dell’intervista di seguito

Sembrerebbe che Raonic abbia imparato a giocare sulla terra rossa…
No, imparato no! Perché ormai il tennis sulla terra è come quello sul veloce e probabilmente ci si deve adattare solo per il 10% forse più che altro sulle scivolate, ma il tennis deve rimanere assolutamente quello. Non credo che un giocatore deve sempre tirare 4 metri dietro sulla terra, mentre sul veloce deve entrare con i piedi dentro al campo; credo piuttosto che il suo tennis debba essere applicato su ogni superficie salvo piccoli adattamenti e questa piccolezza lui l’ha capita molto bene.

Mi ha sorpreso che sulla terra abbia battuto Robredo, che di questa superficie è un vero specialista. Invece a sentir parlare te, è piuttosto normale…
Si, con lui Milos ha già vinto l’anno scorso, a Barcellona, e in quell’occasione non aveva il livello di gioco attuale, ma ora come ora mi sento di dire che è un livello sopra a Robredo. Ieri non lo ha fatto proprio giocare e ha sfruttato il fatto che hanno giocato su un campo più piccolo, quindi per Robredo si sono ristretti di molto gli spazi per difendersi, rispetto al centrale. Il mio pensiero è che Milos, quando gioca con Robredo, deve vincere 9 volte su 10 e questo a prescindere dalla superficie.

Anche tu eri un giocatore da campo veloce ma poi hai fatto un grande exploit al Roland Garros, con l’aiuto di un tabellone forse non proibitivo. Che differenze puoi riscontrare, raffrontando il tuo tennis e quello di Raonic ?
Nel mio caso si è trattato soprattutto di un tabellone non proibitivo (ride). Però è vero anche che ho battuto Ferrero e Coria, gente che in ogni caso sulla terra sapeva giocare. Venendo al paragone, la differenza fondamentale è nel dritto perché se per quanto riguarda il servizio era potente anche il mio, anche se inferiore al suo, nel colpo successivo lui può usare un fantastico dritto, mentre io dovevo trovare altri modi per vincere il punto. Questo per me è un dato molto importante, oltre al fatto che Milos sta migliorando nei movimenti e ritengo che alla fine della sua carriera, si potrà dire che è un giocatore più forte di me.

Quindi dovrebbe salire addirittura sopra il n°3 del mondo?
Per me i numeri non sono molto importanti, perché dipende anche dall’epoca in cui giochi; tuttavia secondo me, deve pensare di poter vincere uno Slam e noi lavoriamo per quello.

Un commento sul caso Fognini e sul suo comportamento di ieri…
Fabio ieri era stanco di testa. Dopo un weekend molto impegnativo dal punto di vista mentale in Davis, è arrivato a Montecarlo con altre pressioni, ove spicca sicuramente la voglia di dimostrare a tanta gente di valere i primi 10, e ha perso la testa. L’ha persa nel senso che si è deconcentrato e non ha più giocato la partita fino in fondo al 100%; altrimenti non può perdere 6-0 al terzo. Se stava male, doveva ritirarsi. Se stava bene, doveva cercare di vincere o comunque non smettere di giocare. Dovrà analizzare per molto tempo questi nove game di fila persi.

Se tu fossi il papà di Fognini cosa gli diresti?
Da padre non so, ma da allenatore gli direi queste cose, perché se vuole diventare un giocatore importante, deve cercare anche di soffrire nei momenti meno belli. E poi lui dice sempre che non molla mai, ma certo non è facile spiegare come abbia potuto perdere 17 punti di fila, facendone così pochi in un momento così importante. Contro Tsonga si giocava la possibilità di disputare i Quarti di finale a Montecarlo contro Roger Federer ed ha sprecato una grande occasione; quindi penso che sia maturato ma che non abbia ancora la necessaria continuità per stare tra i primi 10.

Al Country Club di Montecarlo, Ubaldo Scanagatta intervista Dodo Artaldi, manager di Novak Djokovic. Traduzione di Andrea Pagnozzi

Ascolta l’intervista a Dodo Artaldi

Ci parli del tuo ruolo? Cosa fai di preciso per il n° 2 del mondo, ex n° 1 del ranking?
C’è molto da fare naturalmente. I contratti, le sponsorizzazioni, la logistica e praticamente ogni altra cosa, da quelle più banali alle più rilevanti. Nel mio caso poi si è instaurato un bel rapporto con Novak e va oltre quello normale di un manager con il suo assistito; è un rapporto quasi familiare e abbraccia ogni ambito della sua vita.

Quanti giorni in un anno passi occupandoti di Djokovic e quante ore in un giorno?
Di solito dove c’è lui, ci sono io, tranne quando si trova in vacanza con la fidanzata o con la famiglia e gli amici. Quando lavora ci sono sempre, quindi più di 10 mesi all’anno, però d’altra parte anche quando lui è in vacanza, occorre preparare il rientro e organizzare il tutto. In realtà negli ultimi 3 anni, dunque, vacanze vere non ne ho fatte e anche durante il relax, il telefono è sempre acceso. Con un personaggio così importante come lui, che ha poi la necessità di essere sempre al top, le giornate sonio sempre piene di cose da fare.

Chi lavora insieme a te?
Tutto il team, a cominciare da Boris Becker e Vajda, ma parlo anche del fisioterapista e del preparatore atletico. Poi c’è Elena Cappellaro, mia compagna, che si occupa di sponsor e logistica. C’è un avvocato che fa parte del nostro gruppo, ci sono dei business advisors e non per ultimo c’è la sua fidanzata che si occupa della sua fondazione, che per lui è molto importante. Parlerei di un gruppo di una quindicina di persone.

C’è una società Djokovic che fa un determinato fatturato?
No, per ora non esiste, ma più avanti potrebbe essere; certo da un punto di vista contrattuale, Novak ha portato la sua struttura che esisteva già ma non è una vera azienda personale.

Quali sono le cose che danno più soddisfazione, per chi come te era un buon giocatore di livello nazionale, nel trovarsi implicato in problematiche di questo tipo? Quali i piaceri, quali le noie?
Tra i piaceri c’è il rapporto che ho con lui, così come potrebbero dire nel bene e nel male tutti quelli che vivono con lui a 360° ogni giorno. E’ un rapporto umano molto profondo, molto di più che un semplice rapporto lavorativo, ove comunque c’è la gratificazione di chiudere per lui contratti molto interessanti. Noie non ne vedo, amo il mio lavoro e forse quello che mi manca, a volte, è staccare per qualche giorno, senza telefoni e mail.

Io non lavoro né per Equitalia, né per il Fisco ma vorrei capire come funziona il rapporto tra te e Djokovic in qualità di datore di lavoro e dipendente. C’è una percentuale che riguarda i tornei oppure funziona in modo diverso? Certo sei diventato ricco…
Nole è più ricco di me(ride). I rapporti manageriali dipendono da percentuali sul business che si riesce ad ottenere. Personalmente con lui ho mirato ad un rapporto diverso perché non avrei mai voluto che avesse la sensazione di fare esibizioni o chiudere contratti solo perché spinto da me. Quindi ho preferito uno stipendio classico fisso, che non dipendeva da mie eventuali indicazioni, cosicchè lui può firmare tutti i contratti che vuole o meno, e quello che percepisco mensilmente non si tocca. E’ però un rapporto anomalo, perché normalmente non funziona così.

Quando gli sottoponi i contratti, Novak è preciso? Li legge tutti o ti lascia ampia discrezionalità? Nel senso, pensaci te…
Di solito la maggior parte delle richieste la valuto da solo, conoscendolo già faccio un’azione di smaltimento delle cose che non ama fare o che non può fare sulla base del tempo che può dedicare. Una prima scrematura quindi la faccio io, ma per il resto ne discutiamo insieme ed è molto attento ad ascoltare i miei consigli e alla fine la decisione è solo sua.

Se domani Djokovic smettesse di giocare, te potresti fare lo stesso lavoro con altri o sarebbe impossibile?
Così come si è creato con Novak, sarebbe impossibile. E’ un rapporto simile a quello tra padre e figlio e l’attaccamento che ho per lui, mi renderebbe difficile ripetermi con altri tennisti. Onestamente spero che continui per tanti anni ancora, perché si diverte, e mi auguro arrivi a giocare le Olimpiadi del 2020 in Giappone. Se poi mi vorrà ancora con lui fino a quel tempo, sarà un piacere, altrimenti vorrei comunque restare nell’ambito dello sport, perché ci sono stato da bambino sotto vari aspetti e vorrei continuare.

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