ITF
ITF Prato: Turchetti e Tabilo in finale, sfuma il sogno di Tatiana Pieri

TENNIS – Nelle semifinali tutte italiane del maschile, Turchetti e Tabilo hanno la meglio, rispettivamente su Bonacia e Cutuli; sfuma il sogno di Tatiana Pieri nel femminile, rimontata da 6/1 4-2: la finale sarà Stokke-Parazinskaite.
Delle quattro semifinali pratesi, tutte programmate con alternanza femminile-maschile sul maestoso campo centrale, solo una non riguardava giocatori e giocatrici italiane, ed è stata la prima femminile, nella quale la norvegese Stokke, ma di chiare radici asiatiche, ha avuto la meglio su quella che era sembrata la più intrusa tra le quattro giocatrici ultime rimaste, la lituana Mikulskyte. Stokke, che nel colpo d’occhio (anche se meno nel gioco) assomiglia vagamente a Ana Ivanovic, ha imposto alla distanza il suo gioco molto rapido e anticipato alla più pesante e scolastica avversaria: 6/4 6/1 il punteggio.
Subito dopo è andata in scena la semifinale maschile Turchetti-Bonacia. Come si commentava ieri, comprensibile che i due giocatori fossero un po’ scarichi e avessero perso buona parte del loro smalto a questo punto del torneo, soprattutto ricordando che i match sono stati per tutti sin dall’inizio molto lunghi e lottati e spesso decisi al filo di lana. Lo stesso Turchetti, la cui mobilità impressionante abbiamo notato nei giorni passati, sembrava inizialmente più svogliato e falloso, ma dall’altra parte Bonacia non ne ha saputo approfittare. I due giocatori sono fra l’altro molto amici e hanno dato vita a una gara improntata a un esemplare fair play, applaudendo i punti l’uno dell’altro e scambiandosi ripetutamente squisite cortesie. Almeno due volte Bonacia ha corretto il giudizio del giudice di sedia dando il punto a Turchetti, il quale si è rivolto all’amico chiedendogli di guardare bene il segno prima di farlo. E viceversa. Aggiudicatosi a fatica il primo set per 6/4 Turchetti ha subìto la rimonta veemente di Bonacia che si è avvantaggiato nel secondo fino a 4-1, ma per venire inesorabilmente rimontato da Turchetti che chiudeva il match a 7/5.
Tatiana Pieri ha giocato la sua semifinale un buon 30% al di sotto delle sue possibilità, e ciò nonostante aveva praticamente in pugno il match perché conduceva 6/1 4-2, e poteva anche giocarsi meglio il tiebreak perso a 3 dopo esser stata sotto 4-0 e 5-1. Senza storia il terzo set, con Tatiana immobile e già mentalmente fuori dal campo, che ha lasciato piangente. Questa défaillance si spiega con vari motivi. Tatiana partiva paradossalmente favorita con la tds n. 1 Parazinskaite, che aveva evidentemente giocato sinora a carte coperte e ad ogni modo a corrente alternata, destando soprattutto ieri notevoli perplessità. Inoltre dopo la partita-capolavoro contro la Mendez era da attendersi per la Pieri un calo naturale di tensione agonistica, unito all’emozione di giocare forse per la prima volta in un campo centrale con gli spalti gremiti e sotto gli occhi di un pubblico che si aspettava da lei il grande risultato.
Essendo in palio una finale era anche logico aspettarsi un match tattico, di studio, magari tecnicamente anche povero, ed è stato così perché se Tatiana ha reso meno anche la lituana ha giocato per quasi un’ora a livelli indecorosi. Anziché rallentare e alzare come si temeva, la Parazinskaite ha impostato gara di spinta senza modificare la sua tattica anche dopo aver constatato la miniera di errori gratuiti che commetteva. D’altro canto per la prima volta nel torneo si è vista Tatiana giocare col braccino e incerta e timida sul da farsi, e anche stranamente a corto di idee e senza quella sagacia tennistica che la contraddistingue. Cosicché la partita, già dagli scarsi contenuti tecnici, non è mai propriamente decollata e il gioco, fatto sempre di scambi brevi, era costellato da errori piuttosto gravi e plateali dall’una e dall’altra parte. L’osservatore imparziale, anche quando Tatiana ha incamerato il primo set senza veramente fare nulla per meritarselo, sentiva che la Parazinskaite non poteva continuare a giocare sino a fine partita con simili percentuali indecenti; eppure anche il secondo si avviava bene per Tatiana che, riuscendo a mettere a segno i punti che contano e grazie ai regali dell’avversaria, saliva fino a 4-2.
La mia idea era che il match non era nemmeno a quel punto affatto deciso. Come spesso succede veniva infatti lentamente ribaltato dalla lituana, che con una autentica metamorfosi cominciava a sbagliare di meno e a tenere dentro le righe vincenti che la Pieri non sapeva più contenere. La chiave del match diventava proprio questa: Tatiana era via via l’ombra di quella giocatrice ammirata ieri, dalla mobilità straordinaria negli spostamenti laterali e in avanzamento-arretramento, e si faceva trafiggere assai più facilmente e spesso si trovava la ribattuta dell’avversaria, indubbiamente carica e profonda, quasi in bocca e addosso. Dal 4-2 a favore si è così arrivati al 5-4 Parazinskaite, al 5 pari, al 6-5 Parazinskaite con miracoloso salvataggio a 6 pari, e tiebreak chiuso come si è detto. In questo brutto quarto d’ora si è vista Tatiana purtroppo completamente in balia, e scendere addirittura a rete con attacchi improbabili e fallire volées anche elementari, o sciupare punti tentando vincenti impossibili. Terzo set con Parazinskaite, sulle ali, cui riusciva improvvisamente tutto, e Tatiana in campo per onore di firma.
Due semifinali raggiunte in due tornei consecutivi (questo e Salsomaggiore), e perse al terzo dominando la prima parte del match contro due avversarie del 1996 ed entrambe quotatissime come Georgia Brescia e Akvile Parazinskaite, sono un risultato che va comunque oltre ogni più rosea aspettativa. Non sappiamo al momento se Tatiana Pieri parteciperà al torneo di Santa Croce iniziato oggi e a cui è iscritta, e dove potrebbe entrare in main draw come SE. Forse sarebbe più saggio rinunciare e rifiatare per poi rientrare al Bonfiglio dove potrebbe chiedere e ottenere una wild card nel tabellone principale. Tatiana potrebbe in tal modo cominciare a registrare il colpo più deficitario e al momento bisognoso della revisione più urgente, il servizio (comunque oggi meglio di ieri, senza doppi falli, ma la Parazinskaite non si è mai accorta che poteva aggredire la seconda). Con il servizio ad ogni modo Tatiana non fa punti e nemmeno avvia a favore lo scambio. Inoltre queste sconfitte di oggi e di Salsomaggiore (quasi identiche nell’andamento e nel punteggio) devono insegnarle una migliore gestione mentale ed emotiva del match: ma forse si dimentica che Tatiana ha solo 15 anni.
Nella seconda semifinale maschile, come si era intuito e preventivato, Tabilo ha regolato il generoso Cutuli, che dando tutto aveva pareggiato i conti al secondo, con un autoritario 6-1 in quello conclusivo, e domani sfida Turchetti partendo da favorito.
Coppa Davis
Coppa Davis, Jannik Sinner “caso Nazionale”: per me è colpevole
Immagine, uguaglianza e spirito di squadra: perché pensiamo che Jannik Sinner abbia sbagliato a rifiutare la convocazione in Coppa Davis

“Sfortunatamente non ho avuto abbastanza tempo per recuperare dopo i tornei in America e purtroppo non potrò far parte della squadra a Bologna. È sempre un onore giocare per il nostro paese e sono convinto di tornare in nazionale al più presto. Un grosso in bocca al lupo ai ragazzi, ci vediamo” recitava il tweet di Jannik Sinner.
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Immagine pubblica, modelli e confronti
Nonostante la chiusura con un cuore e la bandiera italiana e il durissimo match allo US Open perso con Zverev dopo 4 ore e 41 minuti, a molti la decisione non è affatto piaciuta, una motivazione giudicata insufficiente, una scusa. Tra le critiche, ha ventidue anni, c’era più di una settimana per recuperare, e allora Djokovic, che di anni ne ha trentasei e a New York ha disputato tre match in più, eppure ci sarà? Il confronto a prima vista impietoso in realtà dimentica che Novak gioca un circuito a parte in cui si presenta quando gli fa comodo (come le regole gli permettono). Nole era ancora nella fase di riposo post-Wimbledon quando Jannik vinceva Toronto, lo slam americano è stato il suo decimo torneo dell’anno (diciassettesimo per Sinner) e avrebbe poi saltato l’intera tournée asiatica.
Nonostante tutti i distinguo elencati, pensiamo (questa e ogni altra prima persona plurale da intendersi come opinione di chi scrive) che Jannik abbia sbagliato a chiamarsi fuori. Non perché l’Italia abbia rischiato l’eliminazione (quello che è successo dopo il rifiuto qui non ci interessa) e nemmeno, a prescindere da quanto detto, dalla presenza di Djokovic. Questo secondo motivo ha invero una sua validità, poiché la percezione spesso conta quanto e più di una realtà articolata. E la percezione di molti appassionati e addetti ai lavori si è risolta in un pollice verso. In alcuni casi superando il limite (sempre a nostro avviso), con frasi come quelle apparse su Sport Week della Gazzetta: “E se Jannik Sinner, il Peccatore, chiedesse scusa del suo peccato? Non all’Italia o agli italiani ma a se stesso”.
Parliamo della programmazione sportiva di un giovane atleta, non di rappresentanti delle istituzioni che calpestano la Costituzione. Perché finché si scherza sul cognome di Jannik è un conto, ma usarlo impropriamente (Sinn in tedesco significa senso, non peccato) per montare quella che sa di stantia retorica cattolica, anche no. Al contempo, troviamo ragionevole il concetto di fondo.
Tornando alla percezione, all’immagine pubblica – oltre all’innegabile fatto che un top player è anche un modello per giovani e giovanissimi –, non possiamo non rilevarne l’importanza per un professionista, anche in forza della correlazione tra apprezzamento dei tifosi e sponsor, tanto che valutazioni commerciali possono mettersi di traverso con quanto hanno in mente coach, fisio e preparatori atletici. Citiamo solo i recenti casi di Matteo Berrettini, ancora non in condizione al Boss Open di Stoccarda, e di Emma Raducanu, che ha saltato la BJK Cup (se non rimandato gli interventi chirurgici) in favore del Porsche Tennis Grand Prix di… Stoccarda. A proposito di Berrettini, l’assenza bolognese di Jannik è stata ancor più rumorosa per la presenza in panchina di Matteo: “Il suo è stato un comportamento da leader” ha commentato il presidente della FITP Angelo Binaghi.
Uno per tutti, tennis per uno
A favore della scelta di Sinner, l’obiezione per cui il tennis è uno sport individuale: il giocatore rappresenta sé stesso e decide il meglio per la propria carriera. Forse a un calciatore del Napoli non importa della propria carriera solo perché durante quei novanta o quaranta minuti passa (o non passa) la palla a un compagno libero? Calciatori, cestisti, pallavolisti, tutti possiedono verosimilmente il cosiddetto “spirito di squadra”, caratterizzato dal senso di appartenenza, dalla condivisione degli obiettivi, dalla cooperazione. Però, la squadra che si nutre di questo spirito è l’Inter, è la Virtus, è il Modena Volley, non la nazionale. Dopotutto, se il pallavolista gioca lo stesso sport che si tratti di Serie A o Mondiali, lo stesso vale per il tennista in un torneo individuale o in un incontro a squadre: Musetti era in campo da solo allo US Open ed era in campo da solo a Bologna in Davis. E, probabilmente, rappresenta più l’Italia uno dei nostri tennisti in giro per il Tour che un club del pallone in Coppa dei Campioni. Non si chiama più così? Sta’ un paio d’anni senza seguire il campionato e ritrovi un altro mondo.
Al passo con i tempi
Senza dunque grosse differenze a seconda che in campo ci siano uno o più atleti, la convocazione dovrebbe in ogni caso essere percepita come un onore: scelto per rappresentare tutti i giocatori, dagli amatori a salire, e, in ultima analisi, il Paese stesso di fronte al mondo. Se l’obiezione è, sai che sorpresa, sono il più forte di tutti, in genere le primedonne non riscuotono i favori del grande pubblico. Ma ci torneremo.
Prima è necessario considerare anche la possibile diversa percezione di questo onore tra le nuove generazioni. Perché il fatto che le critiche più aspre siano arrivate da Adriano Panatta e da Nicola Pietrangeli, il capitano della “Squadra”, quella che ha vinto la Coppa Davis nel 1976, fa nascere questo dubbio. Qui però si corre il rischio di generalizzare, di nascondere “tutte le facce dietro una sola, che è quella dei sondaggi di opinione: i giovani qua, i giovani là, i giovani un gran paio di maroni” (citazione a memoria di Ligabue, 1995) e non possiamo fare molto più che interrompere l’allenamento dei ventenni con cui condividiamo la palestra per scoprire che preferirebbero giocare nel Milan (o quella che è) che nella Nazionale. Resta vero, e lo riconoscono gli stessi Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, che il calendario e le priorità sono cambiate rispetto a quei tempi. Quando c’era ancora la mezza stagione, signora mia.
Restando in tema di (bei?) tempi andati, c’è poi la scusante “non è più la Davis di una volta”, quindi a chi importa se ci va o no. Perché regga, però, non può essere immaginata, vale a dire che il tennista di turno lo deve dichiarare, “questo formato è una schifezza, rifiuto di esserne parte”. Novantadue minuti di applausi, poi succeda quel che succeda.
Regole: per molti ma non per…
Dallo Statuto FITP 2023: “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni e a mettersi a disposizione della FITP, nonché ad onorare il ruolo rappresentativo conferito” (art. 10, c. 2). La violazione della norma prevede che siano “puniti con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva fino ad un massimo di un anno” (Regolamento di Giustizia, art. 19, c. 1). In caso di sanzione definitiva, stessa punizione per il coach (c. 3).
Ammettiamo di non aver letto l’intero Statuto neanche ai tempi dell’esame da ufficiale di gara e non possiamo quindi escludere l’esistenza di un’eccezione. Il riferimento è alle parole “assolutorie” di Angelo Binaghi: “Se l’obiettivo continua ad essere, e deve continuare ad essere, quello di vincere gli Slam – il giorno in cui questo mostro che si chiama Djokovic che tra tre, quattro anni avrà circa quarant’anni e giocherà un po’ meno – bisognerà farsi trovare pronti […]. Dunque, in questi casi bisogna fermarsi.”.
Una disparità di trattamento che non può e non deve essere legittimata, non solo in quanto l’uguaglianza di fronte alle regole è un principio basilare, bensì perché rischia di minare il citato spirito di squadra e la passione per la rappresentativa azzurra, arrivando a far percepire il “giustificato” come una primadonna che impone e antepone i propri capricci ai compagni.
Tra l’altro, se il metro di giudizio che vogliono vendere è “chi potrebbe vincere Slam fa quello gli pare”, sarebbe quantomeno opportuno che venisse delegato uno bravo a fare previsioni, dal momento che Simone Bolelli, nel 2008 oggetto di pubbliche ire binaghiane per il suo “no” alla convocazione, uno Slam l’ha poi vinto. Mentre Sinner (con quelli della sua generazione) è stato invero certificato dal proclama federale al pari dei componenti della Lost Generation e degli Original Next Gen: tennisti che per vincere titoli pesanti altro non possono fare che attendere il ritiro dell’essere mitologico chiamato Big 3, pur rimasto con una sola testa.
Fraintendimenti faziosi
Anche se non dovrebbe esserci bisogno di chiarirlo, tifare per la nazionale o sentirsi onorati di vestirne i colori nulla ha a che fare con il peggior lato del nazionalismo, che invece di bearsi dell’unicità della propria nazione la ritiene superiore a tutte le altre, quel nazionalismo che ha portato alle relative dittature del secolo scorso e alla seconda guerra mondiale, quell’ideologia che ora ritrova nuova linfa anche grazie alle risposte ignoranti (al)le sfide della globalizzazione e del nuovo millennio. No, sperare che la rappresentativa del proprio Paese vinca i mondiali di pallavolo, gli ori alle Olimpiadi, la Coppa Davis, così come credere che Jannik abbia sbagliato a rifiutare la convocazione, non c’entra nulla con quanto sopra e con il Deutschland über alles urlato dagli spalti a Zverev (gran presenza di spirito da parte di Sascha nella reazione, peraltro).
Perché, parlando con un amico, una persona può scherzare sul proprio figlio, definirlo anche un po’ scemo, ma mai accetterebbe che a chiamarlo così fosse l’altro. Allo stesso modo, quando Pietrangeli parlando “in generale” ha avuto quell’uscita infelice, quel “se non sei fiero di giocare per il tuo Paese fatti fare un certificato medico fasullo” all’interno di un discorso altrimenti sensato – condivisibile o meno, siamo qui per questo –, noi possiamo spingerci nella satira dicendo che quel certificato è forse il vero simbolo dell’italianità. Ma se ce lo rinfacciassero un francese, un russo, un americano, beh, non gliele manderemmo a dire.
In conclusione, a dispetto degli infiniti episodi di becera quotidianità, non viviamo nel caos e accettare con entusiasmo la convocazione significa anche rappresentare un ideale di cooperazione alla cui altezza nessuno di noi è in grado di vivere. Per questo, pur rifiutando la dicotomia innocentisti/colpevolisti, soprattutto nella parte in cui si addossano colpe, riteniamo che Jannik abbia sbagliato. E che Volandri sbaglierebbe se lo chiamasse per la fase finale di Malaga. Poi, il 2024 è un altro anno.
Flash
ITIA: sospeso Madaras, il tennista dei record nel circuito ITF
L’Agenzia anticorruzione del tennis ha confermato la sospensione provvisoria del giocatore svedese numero 220 ATP, che avrebbe dovuto essere un avversario degli azzurri in Coppa Davis a Bologna

Non esattamente l’età dell’oro per quanto riguarda il tennis svedese. Negli ultimi mesi lo sport della racchetta ha visto da quelle parti un brusco cambiamento, avviato in primis dal numero uno Mikael Ymer. Come si sa, dopo la sospensione del tennista svedese che aveva mancato, secondo l’ITIA, i tre controlli antidoping con conseguente interruzione istantanea dalle competizioni, l’ex 50 al mondo ha deciso di ritirarsi dal tennis lasciando tutti di sasso. Poi, nella parentesi Coppa Davis la nazionale traghettata dal fratello di Mikael, Elias, non ha certamente brillato in quel di Bologna, dove è arrivata con la squadra meno attrezzata di tutti ed è sprofondata malamente in fondo alla classifica, arrivando quindi quarta nel girone.
Ora, invece, un altro tennista svedese deve fare i conti con l’ITIA (International Tennis Integrity Agency), e si tratta dell’attuale numero 220 al mondo (ex 191) Dragos Nicolae Madaras. Il mancino rumeno, naturalizzato svedese, è stato protagonista di un’annata da record che l’ha visto come leader indiscusso del circuito ITF. Infatti, Madaras è diventato il primo tennista della storia a trionfare in ben dieci tornei Futures nello stesso anno e ci è riuscito con l’ultimo titolo nel mese di luglio, quindi poco dopo metà stagione. Dichiarato come un obiettivo di quest’anno, il giocatore svedese aveva aperto il 2023 vincendo quattro titoli consecutivi con ben ventuno successi filati, che l’hanno condotto partita dopo partita a un’impressionante cifra di, appunto, dieci allori, sessantasette vittorie e solo cinque sconfitte. Inoltre, quest’anno ha partecipato per la prima volta a uno Slam, Wimbledon, dove è riuscito a superare un turno nel tabellone cadetto. Come ciliegina sulla torta, Madaras era perdipiù stato convocato per la Coppa Davis a Bologna ma, infine, non vi ha preso parte. E chissà perché…
Una stagione più che positiva, dunque, per il ventiseienne svedese, salvo il fatto che dal 17 agosto gli è stato vietato di partecipare ai tornei professionistici per “non aver ottemperato a una richiesta”, recita il TACP – Tennis Anti Corruption Program – in riferimento al suo caso. Una sospensione provvisoria, però, che attende accertamenti dall’ITIA. Il giocatore ha già provveduto a presentare ricorso contro il provvedimento, ma il 22 settembre è stata respinta, ed è questo il motivo per cui nel frattempo non ha potuto – e per ora non potrà – presenziare in Coppa Davis e nemmeno in qualunque altro torneo approvato dagli organi di governo dello sport. Rimaniamo quindi attesa di un’eventuale sentenza per ulteriori novità sul caso Madaras.

Flash
In corso a Parma i Campionati Europei under 16
La città emiliana si conferma capitale italiana del tennis, tra il WTA 125 appena terminato e l’importante manifestazione giovanile

Da lunedì 25 settembre Parma è stata invasa da 150 giovani tennisti, equamente ripartiti tra maschi e femmine, che si stanno dando battaglia per conquistare il titolo di Campione Europeo under 16. Nella manifestazione sarà coinvolto tutto il territorio cittadino perché i 22 campi necessari per lo svolgimento del torneo saranno messi a disposizione, in sinergia tra loro, da TC Parma, TC President Montechiarugolo, Circolo del Castellazzo e Sporting Club Parma. Dai quarti di finale in poi tutte le partite saranno centralizzate al TC Parma, dove tra l’altro è da poco terminato il WTA 125 ‘Parma Ladies Open’, organizzato da MEF Tennis Events.
Le giovani promesse cercheranno di iscrivere il proprio nome in un albo d’oro che solo negli ultimi dieci anni può vantare nomi illustri come Carlos Alcaraz e Andrej Rublev. Ma risalendo a ritroso di qualche anno troviamo anche il nostro Fabio Fognini, Yannick Noah, Mats Wilander e Stefan Edberg, non male eh? Per non parlare del torneo femminile che ha visto vincere giovani tenniste come Simona Halep e Daria Kasatkina, mentre l’attuale n.2 Iga Swiatek dovette accontentarsi della finale.
All’Italia il record dei partecipanti in quanto, come nazione ospitante, potrà schierare quattro ragazzi (Pierluigi Basile, Andrea De Marchi, Jacopo Vasamì e Antonio Marigliano) e quattro ragazze (Galatea Ferro, Ilary Pistola, Carolina Gasparini e Lucrezia Musetti). Al momento in cui scriviamo tutti i nostri ragazzi sono ancora in corsa, a parte Ilary Pistola che nel secondo turno ha perso col punteggio di 4-6 7-6(2) 6-3 una partita combattutissima contro la svizzera Sarina Schnyder. Ricordiamo che i vincitori dell’evento emiliano riceveranno l’invito a partecipare al Tennis Europe Junior Masters che si terrà dal 2 al 5 novembre sui campi del Country Club di Montecarlo.