Il vangelo di Lozano: “L’arma di Sara è la costanza all’ultimo respiro” (Martucci). Cuore, abitudini e cerchio magico: le strade di Sara sono infinite (Piccardi). Federer, un immortale al tramonto (Semeraro)

Rassegna stampa

Il vangelo di Lozano: “L’arma di Sara è la costanza all’ultimo respiro” (Martucci). Cuore, abitudini e cerchio magico: le strade di Sara sono infinite (Piccardi). Federer, un immortale al tramonto (Semeraro)

Pubblicato

il

 

Il vangelo di Lozano: “L’arma di Sara è la costanza all’ultimo respiro” (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Chi trova un amico trova un tesoro. Figurati nella giungla del tennis. Sara Errani l’ha capito da tempo, e l’altra «Cichi», Roberta Vinci, se la coccola continuamente, come una sorella maggiore, insieme alla bella famiglia Cinà. E non la molla mai, ma proprio mai. Con Robi, per Robi, grazie a Robi, supera meglio gli strazi della battaglia in singolare, ma soprattutto il dopo, la routine. Per non parlare del prima, della tensione della vigilia dei quarti di uno Slam, per esempio, come quella di oggi alle 14 sul Philippe Chatrier, contro il panzer tedesco Andrea Petkovic, contro la quale parte da 1-1, sempre sulla terra rossa di Madrid, ma da favorita per la sua specializzazione sulla superficie e la finale del Roland Garros 2012. Perciò, dopo gli appena 47 minuti dei quarti di doppio accanto alla sua Robi, il surplus psicofisico della piccola-tenace romagnola dopo la battaglia di lunedì contro Jelena Jankovic, sembra nullo. E lei è tutta un sorriso.

Coach Pablo Lozano, ma non sarebbe meglio risparmiarglieli i doppi? «No, se hai preso un impegno devi assumerti le conseguenze, non puoi essere egoista quando non è la tua maniera di vivere. Ed è anche positivo: toglie un po’ di energia, ma ha dato, dà e darà molto. Io dico che invece Sara è molto fortunata ad andare avanti anche in doppio». Sara a Parigi: finale 2012, semifinale 2013, quarti 2014. In che cosa è diversa? «No, è sempre stata la stessa, con più o meno successo, con tre anni di partite, esperienze, vissuto». Le altre la conoscono, ma lei è sempre protagonista al vertice: come fa? «Le altre riescono pure a batterla, a contrastare il suo gioco, tante, con diversi tipi di gioco l’hanno battuta e la continuano a battere. Ma Sara è un’atleta molto costante nel gioco e nei risultati, e per batterla devi impegnarti molto, devi soffrire, devi giocare bene. Ci sono tornei e superfici dove fa più fatica, la terra è più idonea al suo gioco e fa un pochettino più male».

Perché Sara batterà Andrea Petkovic? «Vediamo se ci riesce. Se ce la fa è perché è stata più brava, sennò vince l’altra. Sarei contento se stesse nelle condizioni per fare il suo gioco, la sua partita. Se vincesse sarei ancora più contento». La Petkovic è numero 27 del mondo, Sara 11. «Tutte hanno due braccia, due gambe, una testa… Non è che, se, apparentemente hai un tabellone con avversarie con un po’ meno classifica, ti tolgono partite. Per vincere un torneo devi batterle anche se sono 50-70 al mondo. E sei hai più ranking hai più pressione. Petkovic è fortissima, come altre che ha affrontato in questo torneo».

Che cosa l’impressiona di più di Petkovic? «Fisicamente, è un portento, ha bei colpi e fa correre la palla. Sara invece la fa rimbalzare. Vediamo se riusciamo a tenerla un po’ come a Madrid, dove però c’era l’aiuto dell’altura; qua Sara deve spingere molto e star bene fisicamente per comandare, tenere lontana Petkovic e muoverla. Sperando che non ci sorpassi con la potenza…

—————————————-

Cuore, abitudini e cerchio magico: le strade di Sara sono infinite (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Digitate «Sara brani» su google. La tersa voce che il motore di ricercavi proporrà, in automatico, dopo la tassa da pagare a twitter e facebook, è «fidanzato». Non c’è. «Mai stata innamorata in vita mia» ammette lei. Poi provate a cercare una foto di Sara con i capelli sciolti. Non esiste, nemmeno da ragazzina: li portava cortissimi. «E che li ho ricci e non mi piacciono. Preferisco legarli. Sempre». Sempre è la chiave. La ripetizione dell’abitudine dentro cui si è accoccolata come coazione a vincere. Senza cambiamenti (no, nemmeno il fidanzato), varianti, infiltrazioni che potrebbero perturbare l’ambiente rarefatto dentro cui vive e, guai, incrinare la bolla. Sara Errani, la scalatrice di 27 anni che oggi parte per l’ennesima cordata in alta montagna sulle pendici della tedesca Andrea Petkovic (lei 1,64, l’altra i,8o),è una donna in missione.

Vigilia dei quarti di finale tranquilla mentre Sharapova portava a casa la ghirba ancora una volta in tre set, e ancora una volta in rimonta, assicurandosi la semifinale nobile contro la sua nemesi più giovane e bella, la canadese Eugenie Bouchard: un doppio veloce in coppia con Oggi quarti a Parigi Cuore, abitudini e cerchio magico Le strade di Sara sono infinite Roberta Vinci (6-o 6-1 alle australiane Barty e Dellacqua: ora sono in semifinale), solita cena nel solito ristorante dietro gli Champs Elysées, dove (se il proprietario è stato così gentile da riservare al gruppo azzurro il solito tavolo), i commensali (fratello, amica, coach, coach dell’amica…) si sono seduti nei soliti posti. Scaramanzia, dite? Consuetudine, piace pensare a lei, la ragazza che ha cenato con la felpa del cappuccio tirata sugli occhi, sufficientemente metodica da non gradire variabili impazzite.

Molto, oggi, nel terzo quarto di finale a Parigi consecutivo che Saretta si regala issandosi su nuove e inesplorate vette, dipenderà dal suo stato di salute. La forma è okay, quella c’è. E poiché la mente comanda il corpo, e il cuore di Sara illumina la strada a tutta la combriccola, è importante che il muscolo batta regolare senza sussulti, che il respiro entri ed esca dalle narici a intervalli regolari, che le fibre ricevano istruzioni semplici e chiare, da eseguire in scioltezza (…)

———————————

Federer, un immortale al tramonto (Stefano Semeraro, http://curiosidisport.com/).

E’ vero, Federer non è più “quel” Federer. L’imbattibile, il Genio assoluto, l’uomo dai diciassette Slam e dai record infiniti. Ha quasi 33 anni e tiene famiglia, la moglie Mirka, le due gemelle Myla Rose e Charlene Riva e ora anche i gemellini Leo e Lenny, che non hanno neanche un mese e forse non lo fanno dormire. Ma negli ultimi 40 tornei dello Slam fino a ieri aveva perso solo due volte prima dei quarti di finale: a Wimbledon, contro l’ucraino Stakhovsky (che guarda caso ha twittato una foto della sua bambina appena nata) e contro Tommy Robredo agli Us Open, sempre nel 2013. Ieri a farlo cadere precocemente e rumorosamente per la terza volta, stavolta sul rosso, è stato Ernests Gulbis, l’ex Pierino del tennis, anni 25, n.17 del mondo, apparso come un lampo qui a Parigi nel 2008 e poi smarritosi a lungo fra bevute omeriche, belle donne e ottime letture (Dostoevsky e Haruki Murakami, ad esempio). Quello che «Federer è un tipo noioso», e che le donne «non devono fare le tenniste, ma pensare a godersi la vita e a fare figli». Papà Ainars, milionario lèttone, e mamma Milena, famosa attrice di teatro l’hanno battezzato Ernests non in onore di Oscar Wilde (l’importanza di chiamarsi Ernesto), ma di Hemingway, ed Ernestino, ribelle pentito ma inveterato spaccatore di racchette, sulla pelle del Genio ha scritto in cinque set una versione tennistica di Addio alle armi.

Un racconto struggente e malinconico di quello che Federer è stato e ora riesce rarissimamente ad essere. Il maestro svizzero qualche anno fa una partita così l’avrebbe chiusa virtualmente sul 5-3 del secondo set, dopo aver vinto in rimonta il primo, quando si è trovato a servire sul 40-15 ma invece di tuonare apollineo come ai bei tempi ha esalato uno smash sulla racchetta protesa e beffarda dell’avversario, finendo per cedere battuta e set. E’ poi riuscito a strappare il quarto, subendo sul 5-2 anche una (maliziosa?) sosta di Gulbis, che negli spogliatoi si è fatto massaggiare schiena e gamba ma è rientrato pimpantissimo. Si è arreso al quinto, con una smorfia profonda sul volto, fra i sospiri tristi del centrale. Addio Parigi, ai quarti contro Berdych ci va Ernesto. «Si vede che la terra rossa non ha più bisogno di me, sono stato liquidato», ha commentato con humor il papà bi-gemellare, che contro Gulbis aveva già perso a Roma nel 2010 e che a Parigi ha alzato la coppa solo una volta, nel 2009. «Ora passerò un po’ di tempo con la mia famiglia. Sono state settimane intense, ma voglio essere pronto per giocare Halle e Wimbledon. Sono già concentrato sull’erba».

Ovvero sull’ultimo Slam che ha vinto, e per la settima volta, nel 2012. E quello dove il n.4 del mondo può giocarsi le (residue, che brutto scriverlo) chance di arrivare a 18 “major”. Mai dare per morto Federer – che è ancora n. 4 Atp anche se quest’anno ha vinto solo un titolo minore a Dubai – perché la sua classe eterna può consentirgli performance degne di Lazzaro. Ma la sensazione che il Genio stia scrivendo gli ultimi capitoli è forte. «A Wimbledon credo di avere molte più chance rispetto lo scorso anno. La sconfitta di oggi brucia, l’anno scorso contro Stakhovsky avevo fiutato il pericolo ma non credevo di perdere al 2° turno a Wimbledon, agli Us Open con Robredo le condizioni erano difficili. Oggi avevo più chance, ma non ho giocato come avrei dovuto, mi sono distratto un attimo. Poi Ernests ha fatto un bel lavoro, e non credo nel quarto set abbia chiamato il fisioterapista per rompermi il ritmo». Il sole di Roger sorgerà ancora, come scriveva Ernest (Hemingway, non Gulbis), ma i suoi raggi sono un po’ più deboli.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement