Arnaud Di Pasquale: "Bisogna lavorare sui giovani"

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Arnaud Di Pasquale: “Bisogna lavorare sui giovani”

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TENNIS – Arnaud Di Pasquale, medaglia di bronzo a Sidney 2000 ora direttore tecnico della federazione francese, ha tracciato un bilancio sullo stato del tennis transalpino.

Un bilancio positivo da parte del direttore tecnico della federazione francese sul Roland Garros, Arnaud Di Pasquale, che intervistato dal quotidiano “Le Monde” sullo stato del tennis si ritiene comunque soddisfatto.

Qual è il suo primo bilancio sui tennisti francesi?
Prima dell’inizio del torneo, le condizioni di salute in generale dei nostri ragazzi non erano buone ma visti i risultati mi sono ricreduto. Ci sono stati ottimi incontri che significa che non erano così fisicamente impreparati. Mi auguro che possano migliorare, ritrovare la fiducia e salire in classifica.

Si è rammaricato sul risultato di Monfils?
Vedendo la partita ho pensato “Che sta facendo? Ma sa di giocare il quarto di finale contro Murray?”. Francamente molti non credevano che arrivasse agli ottavi. Prima del Roland Garros si era ritirato da diversi tornei per un problema alla caviglia che l’ha infastidito per diverse settimane. Voglio solo dire che dimostrando di vincere il terzo e quarto set non si può che essere fiduciosi sulla sua stagione e sperare che entri nei top 10. Preferisco vedere la situazione sotto questo aspetto.

E di Jo-Wilfried Tsonga, Gilles Simon e Richard Gasquet?
Non bisogna essere positivi a ogni costo sui francesi. Credo che Gael possa fare meglio, Jo può sicuramente migliorare…ma lo ripeto ancora una volta, non si può essere sempre al top della forma e ci sono al momento giocatori fantastici. Jo contro Djokovic non aveva soluzioni, il serbo era semplicemente più forte.

Durante l’incontro si aveva l’impressione che Jo non provasse a reagire, ma vi assicuro conoscendolo bene, per lui era una frustrazione incredibile. Gasquet era in forse sino al giorno prima e poi finalmente l’ho visto giocare bene. Con Verdasco non c’è molto da dire, lo spagnolo è stato capace di essere davvero bravo. Quanto a Simon ha fatto una partita ottima contro Raonic, che è un tennista mostruoso, perdendo 7-5 al quinto. Con questo per dire che non posso essere deluso.

Per quanto riguarda le donne? Ci si aspetta di più da Caroline Garcia e Alizé Cornet e invece le sorprese sono venute da Kristina Mladenovic e Pauline Parmentier.
Sì è giusto. Kristina Mladenovic non era in un buon periodo di forma ma è stata in passato tra le prime 50. Ha giocato molto bene. Vedere anche le sue compagne migliorare, come Caroline, l’aiuta nei progressi. Tra di loro c’è una sana competizione. Kristina deve fare tesoro, in termini di fiducia, sul suo ultimo Roland Garros. Alizé ha avuto comunque una buona stagione sinora. Ha sconfitto ottime giocatrici come Serena Williams ( ndt al torneo di Dubai ) ed effettivamente siamo rimasti meravigliati dal suo risultato. Pauline grazie al suo fantastico torneo può entrare nei top 100. E’ lei la sorpresa più bella.

Si ha perciò l’impressione che negli slam solo 5 sono in un buon stato di forma.
Non tutti i giocatori arrivano sempre al meglio agli slam. Ma attenzione non lo dico per stigmatizzare i francesi. Per esempio Tomas Berdych ha perso da Ernest Gulbis. Ci sono solo 3 o 4 giocatori che sono sempre al top durante l’anno. Il Nadal che vedo oggi è lo stesso di prima. Sono pochi i tennisti che possono mantenere la tenuta mentale sempre al massimo livello.

E’ un problema di cultura?
Non credo che sia questo il punto. Oggi, come intendo gestire la direzione tecnica nazionale, dobbiamo essere più ambiziosi. Ho l’impressione che non sia così in Francia. Quando un nostro giocatore dice di essere ambizioso, viene considerato subito un presuntuoso. E’ un po’ irritante. C’è anche da dire che la nostra cultura ha ragionato per lungo tempo per obiettivi e mai per piccoli passi. Il messaggio che voglio far circolare è d’includere anche i top100. Per questo sono considerato un testardo.

Allora qual è la soluzione?
E’ una questione che parte anche dalla direzione tecnica nazionale. C’è infatti la tendenza a frenare un ragazzo che voglia diventare il numero uno. Gli si dice: “Fai attenzione agli studi”. Non critico questo approccio ma sono del parere che si possa coniugare lo studio con l’ambizione di essere in testa alla classifica mondiale. In Francia si ha la tendenza di mettere un elastico per trattenerli. Secondo lei Nadal e Djokovic hanno avuto lo stesso problema? Sin dalla loro infanzia sono stati accompagnati con l’obiettivo di essere numero uno.
Se guardiamo i grandi campioni a partire della loro età di 13 o 14 anni avevano già raggiunto un livello tecnico, tattico e comportamentale alto e non si teneva in considerazione la classifica. Dobbiamo lavorare su questo fronte e cercare di ridurre il gap.

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