Zahlavova-Strycova, il passato che ritorna

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Zahlavova-Strycova, il passato che ritorna

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Barbora Zahlavova-Strycova (foto by David Gray)
 

TENNIS WTA BIRMINGHAM – Barbora Zahlavova-Strycova, Bee per gli amici, BZS per chi deve scriverne, è la seconda finalista del torneo Premier Aegon Classic. Ha sconfitto Casey Dellacqua per 7-6 6-1. Da Birmingham, Giulio Fedele

Nel titolare questo articolo, si fa ancora una volta riferimento, ed è la seconda, al pezzo che Daniele Vallotto ha scritto parlando di Maria Sharapova. Evidentemente ha lasciato il segno.

Ma giochi a parte, il titolo sembra essere azzeccato, per una giocatrice che è costretta a fare costantemente i conti con il passato, sia nella vita che quando gioca. Barbora Zahlavova-Strycova è una tennista ceca, nasce a Plzen, che i più conosceranno solamente per essere la sede della squadra di calcio Victoria Plzen, nel 1986, quando ancora la Repubblica Ceca non esisteva ed era ancora unita alla Slovacchia. I suoi esordi nel circuito junior delineano una giocatrice di successo: due Australian Open Jr.(2002-3) oltre che la vetta del ranking sia in singolo che in doppio(2002, anno in cui è stata nominata ITF World Jr. Champion); debuttò in Top100 un anno dopo essere diventata PRO, nel 2004, e dopo una serie di alti e bassi, raggiunse il suo best ranking nel 2010, al numero 39; nel 2011 vince il primo torneo WTA, che poi sarà l’unico, a Québec City, sconfiggendo in finale Marina Erakovic. Come può questo passato ritornare, come scritto nel titolo? In realtà della parte più eclatante della sua biografia non si è ancora parlato. Barbora nel 2012 viene trovata positiva al test dell’antidoping e squalificata per alcuni mesi dal circuito WTA, in totale 6 dopo la riduzione per la non-intenzionalità. A quel tempo, a quanto si dice, Barbora giustificò la presenza di sibutramina, uno stimolante contenuto nella lista delle sostanze proibite dalla WADA, con l’uso di alcuni farmaci per la perdita del peso che stava assumendo. L’ITF per questo riuscì a ridurle il ban, ma la WADA non la giustificò, perché secondo l’artico 2.1 del codice antidoping i giocatori vengono considerati responsabili di ogni sostanza proibita che venga a trovarsi nel loro corpo.

”I primi due mesi fu veramente duro accettarlo. Non volevo più giocare a tennis, perché credo fosse veramente ingiusto quello che mi era capitato e non avevo le motivazioni per tornare in campo.” – ha confessato Barbora dopo la sua vittoria in semifinale contro Dellacqua. Ma poi, ovviamente, costretta a convivere con la routine quotidiana, con una vita semplice e normale, non ha saputo resistere ed è dovuta tornare a calcare i campi da tennis. ”Mi mancava l’adrenalina, la sensazione di giocare le partite. Ho ri-iniziato ad allenarmi e poi ho deciso di tornare. E’ stata una buona decisione, vedo le cose in maniera differente ora.”

E cioè, che intende dire? Come può questo brutto episodio del suo passato influenzare ora il suo modo di guardare al tennis, e alla vita in generale? ”Ora capisco che il tennis non è tutto. Prima era così e io mi gettavo troppa pressione addosso. Ora so che c’è un’altra vita oltre questa che è più importante. Il tennis è diventato solo una parte della mia vita. Durerà ancora forse 5 anni e poi vivrò un’altra vita, diversa ed ancora più importante. Ora riesco ad apprezzare di più quello che accade intorno a me. Prima era tutto così: ennesimo torneo, ennesimo allenamento, ennesimo spostamento e bla bla bla. Ora invece capisco che ci sono un sacco di persone che lavorano per noi, ed io riesco ad apprezzarle; apprezzo l’autista che mi porta al torneo, apprezzo chi mi lava i completi, apprezzo ogni allenamento che faccio ogni giorno. Cerco anche di farlo capire al mio allenatore (che poi è il marito, ndr).”

”Non importa che tipo di torneo affronto, se International, Premier o Grand Slam. Non mi piace pensare: <<Oh, è Birmingham, è un torneo importante, ci sono tanti soldi in palio>>; ogni match è lo stesso e devi comportarti alla stessa maniera.”

E lei si comporta sempre alla stessa maniera? Magari in termini di rendimento no, ma in termini di mentalità direi proprio di si. Era questo il secondo tipo di ‘conti col passato’ a cui ci si riferiva: la maniera con cui Barbora è coinvolta emozionalmente nei propri match. Maria Sharapova riesce a resettare il cervello ad ogni punto, per Barbora è esattamente il contrario. Un game sbagliato o anche un solo punto può rovinarle la partita, per il solo fatto che non riesce a digerirlo. Lei stessa ammette di stare lavorando sull’aspetto psicologico assieme ad un esperto, e che questo le ha permesso di fare notevoli progressi. Non a caso mostra evidenti segni di nervosismo durante tutte le partite, e da più giovane spaccava addirittura più di una racchetta (prima della sospensione per doping).

”Sono una giocatrice e una persona molto emotiva. Essere frustrati sul campo non è mai una buona cosa. Puoi fare in modo che esca fuori, o puoi fare in modo che lavori per te. A volte ti aiuta esprimerla, ma devi sapere quando limitarti.”

Ed oggi in semifinale, ad esempio, era sotto nel tiebreak del primo set per 5-1, salvo poi vincerlo per 7-5; ed era partita così male, sapete perché? Perché ancora pensava a quella volée sbagliata nel game precedente, che le aveva strappato un urlo appena dopo l’errore.

”Avevo sbagliato quella volée e ci stavo pensando da troppo tempo e mi sono ritrovata sotto 5-1. Ero così arrabbiata, dovevo parlare subito col mio coach perché era la persona più vicina che avevo al momento. Mi sono ripresa e ho saputo rimontare e vincere il match”.

Purtroppo i conti col passato dobbiamo farli tutti. A volte può essere solo che utile resettare e ricominciare, a volte invece bisogna solo trarre il meglio da quello che si è vissuto e farne tesoro. Ma l’importante, comunque, è continuare a fare il conto almeno delle cose positive, come fa Barbora a fine match qui a Birmingham, mentre guarda il suo angolo e con le mani inizia ”1,2,3,4,5” il conto delle vittorie, in attesa della prossima.

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