Wimbledon 2014: (s)punti tecnici, day 6 e 7

(S)punti Tecnici

Wimbledon 2014: (s)punti tecnici, day 6 e 7

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Eugenie Bouchard (foto FABRIZIO MACCANI)
 

TENNIS WIMBLEDON CHAMPIONSHIPS – Oggi analizziamo la partita di Eugenie Bouchard e i suoi limiti sull’erba. Che cosa deve modificare Genie per essere vincente a Wimbledon?

I margini e i limiti di Eugenie

Il tiratissimo e assai ben giocato match che ha proiettato nei quarti di finale Eugenie Bouchard, vincitrice per 7-6, 7-5 su una centrata e solida Alizé Cornet, ha evidenziato molto chiaramente i tanti pregi del tennis della giovane canadese, ma allo stesso modo ha messo in luce quelli che dal punto di vista della completezza tecnica non possono che essere considerati limiti non da poco.

Limiti, oppure margini di crescita, dipende da come la si vede: intraprendere la strada dell’evoluzione nell’approccio a determinate zone del campo, così come ad esecuzioni che non siano l’ABC puro e semplice, starà alla giocatrice stessa e al suo staff tecnico. La speranza è che i già eccellenti risultati (e la prestigiosa classifica mondiale) ottenuti finora non portino a un rimanere ancorati a un gioco certamente efficace, ma altrettanto certamente troppo monocorde.

Premesso che personalmente apprezzo davvero molto Eugenie, e trovo di livello assoluto la tecnica esecutiva dei suoi fondamentali, così come le qualità caratteriali e la grande attitudine agonistica, la partita contro Cornet ha lasciato molti dubbi. Ora, che nel power-tennis moderno si possa tranquillamente diventare e rimanere delle campionesse di ottima caratura anche senza fare nulla più che sparare pallate da fondocampo sempre più forte, una certa Maria Sharapova è lì a ricordarcelo a ogni torneo (e a darci fondate speranze di risultati di prestigio in futuro per una come la nostra Camila Giorgi). Ma l’intero gioco di una tennista dovrebbe essere anche altro.

Alizé Cornet non è certo una che gioca di fino, eppure a momenti Eugenie la faceva sembrare una dalla mano fatata, in confronto alla linearità tra il disarmante e il francamente ottuso con la quale la canadese colpiva qualunque palla. Qualunque, a qualunque altezza, velocità di arrivo o rotazione, perfino al volo: la risposta di Bouchard sono state esclusivamente sbracciate semiwestern, liftate appena quel che serve, tirate a tutta, e via, che avessero o meno una possibilità di rimanere entro le righe del campo.

Non che questo tipo di approccio (o meglio, non-approccio, anzi quasi rifiuto) tattico sia semplice da implementare con successo: ci vogliono, oltre alle doti tecniche perfette di base, anche una costante e feroce determinazione che non permetta di calare di intensità nemmeno per mezzo scambio, così come una personalità tanto forte da non far venire mai il più piccolo dubbio riguardo alla fiducia nei propri mezzi. Tutto molto al limite, e da un certo punto di vista anche tutto molto pericoloso, perchè finchè va, se ne portano a casa tante, ma se si inceppa qualcosa – per circostanze esterne quali per esempio le variazioni dell’avversaria, o per un momento di appannamento come capita a chiunque – il rischio è che un “giocattolo” tanto specializzato e poco duttile come il gioco a sparare sempre e comunque alla massima velocità si possa rompere, e quando avviene non è semplice rimettere insieme i pezzi.

Rimango comunque convinto che Bouchard diventerà una campionessa vera (in parte già lo è), che farà risultati a lungo e su tutte le superfici: e proprio per questo non posso che augurarmi una crescita tecnica rivolta a una maggiore completezza, lavorando sui colpi con rotazione all’indietro, e soprattutto sulle volée. Una che giustamente – e con ottime possibilità di riuscita – aspira a diventare numero uno, non può farci assistere a ripetuti e grossolani errori di tocco basilare come quelli con i quali ha intervallato la sparatoria di ieri ingaggiata con la Cornet.

Di cose che non fossero missili a tutto braccio gliene è riuscita solo una, ed è per questo facile da ricordare: un taglio stretto e corto con lo slice di rovescio nel secondo set. Fine. Nel frattempo, alcuni tentativi di drop-shot che definire goffi è poco, eseguiti in modo errato proprio tecnicamente, senza decontrazione muscolare, senza accompagnamento a trattenere la palla, e con busto e gambe rigidi, numerose occasioni in recupero laterale nelle quali uno slice ben portato avrebbe fatto girare lo scambio senza difficoltà, e invece Eugenie ha voluto tirare lo stesso a tutti i costi, anche sbilanciata, finendo  inevitabilmente incontro all’errore, e soprattutto la fase di gioco che veder interpretata in quel modo sull’erba lascia a dir poco perplessi: il (non) gioco di volo.

Chiamata in avanti, anzi costretta nelle poche occasioni in cui non ha potuto farne a meno, a toccare la palla prima del rimbalzo, Eugenie ne ha combinate di tutti i colori, impensabili per una giocatrice di questo livello: volée banali sopra la rete affossate, o fatte schizzare via fuori di metri, portate – in particolare quelle di dritto – con gesti strappati, vere e proprie “accettate” dall’alto in basso senza il minimo passaggio della testa della racchetta sotto la palla. Addirittura una sequenza di tre (tre!) schiaffi al volo consecutivi, dei quali ovviamente il terzo è uscito lungo, tirati uno dopo l’altro sempre più di potenza, con Alizè che difendeva sui teloni, stando a non più di cinque metri dalla rete, con la palla a media altezza: una volée normale, né spinta né smorzata, ma semplicemente appoggiata nel campo vuoto, avrebbe chiuso il punto subito risparmiando a Bouchard e agli spettatori tra sberle perfettamente inutili.

Nessuno pretende (nel tennis femminile di oggi, poi) che sui prati di Wimbledon si materializzi all’improvviso un Pat Rafter in gonnella, ma dalla miglior giovane in circolazione, con prospettive a dir poco luminose in futuro, ritengo sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di meglio a livello di completezza e varietà di gioco. Anche in ottica di longevità agonistica: le “sparapalle” senza altre armi che la pressione da fondo necessitano di condizione fisica sempre adeguata, e difficilmente rimangono competitive tanto a lungo. Proprio perchè, nonostante questa analisi decisamente critica, vedo in Eugenie le potenzialità per diventare una “vera grande”, mi auguro che possa ampliare i suoi orizzonti tecnico-tattici: non provare a colmare determinate lacune finchè si è in tempo sarebbe uno spreco di potenzialità imperdonabile.

One-Handed Backhand appreciation corner

E’ il momento degli scontri fratricidi: dopo la vittoria dell’Apprendista Bulgaro Grigor sullo Scudiero Argentino Leonardo, il Vecchio Jedi Roger e Stan-The-Man affrontano la Brigata Iberica, ovvero Tommy e Feliciano. Vincano i migliori, la parte bassa del tabellone crede in voi.

 

La One-Handed Band avrà comunque tre rappresentanti ai quarti di finale, poco meno di metà: rispetto alle ultime prove, decisamente meglio. Ma le Nemesi Bimani rimaste sono le più agguerrite e pericolose, e le Battaglie in arrivo dovranno essere affrontate con saldezza di spirito e profonda Fede nell’Obiettivo Supremo.

La difesa del Santuario del Talento entra nel vivo, e il Lato Oscuro non è mai sembrato tanto minaccioso: i Guerrieri della Luce sono ora chiamati a scrivere la loro stessa Leggenda, perchè è qui che ha inizio l’Era degli Eroi.

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