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Male l’Italia a metà stagione, ma non è tutta colpa di Fognini

Last updated: 21/07/2014 18:03
By Antonio Garofalo Published 21/07/2014
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7 Min Read
Fabio Fognini (foto FABRIZIO MACCANI)

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TENNIS – Alla vigilia del cemento americano facciamo il punto sulla stagione tricolore. Negli ultimi due anni a luglio avevamo vinto il triplo dei tornei, ma il calo netto c’è stato soprattutto tra le ragazze. Tra veterani in affanno e giovani non ancora sbocciati il futuro non sembra roseo.

I risultati prima di tutto e poi le prospettive future. Sono i riferimenti ripetuti in questi giorni di calciomercato, ma si adattano benissimo al tennis italiano. E allora, siamo messi maluccio.
Eh si, perché con sette mesi di stagione alle spalle si può già tracciare un primo bilancio della stagione azzurra e non c’è dubbio che i conti non tornino soprattutto con riferimento alle ultime annate.

Sono sempre state le ragazze, per la verità, a tenere in alto la bandiera del nostro tennis. Una vittoria, due finali ed una semifinale a Parigi negli ultimi anni con Schiavone ed Errani (oltre alle semifinali agli Us Open di Flavia e Sara ma che si giocano nella fase finale della stagione) sono risultati che i maschietti si sognano, ed anche nei tornei minori le azzurre hanno lasciato il segno con una costanza invidiabile.

Quest’anno però qualcosa non è andato per il verso giusto. Da salvare ovviamente la grande impresa di Flavia Pennetta ad Indian Wells, probabilmente il più prestigioso alloro femminile italiano dopo il Roland Garros della Schiavone, e la finale di Sara Errani a Roma.

Ma appunto la vittoria della brindisina resta ad oggi l’unica vittoria nel circuito, mentre nel 2013 eravamo già a quota quattro trofei con i due della Vinci a Katowice e Palermo, e uno a testa per Errani (Acapulco) e Schiavone (Marrachec). Nel 2012 addirittura le vittorie erano state cinque: Schiavone a Strasburgo e poker di Sarrita ( Barcellona, Acapulco, Palermo e Budapest), nel 2011 tre, tutte della Vinci (Budapest, S’Hertogenbosch e Barcellona).

Per la verità le azzurre anche quest’anno sono arrivate per ben sei volte in finale ma in cinque occasioni si sono arrese sotto il traguardo (Errani a Roma e Parigi indoor, Vinci a Bucharest e Istanbul, Giorgi a Katowice).
Quali le cause di questa improvvisa marcia indietro?
Non c’è dubbio che l’anagrafe fornisca un bel po’ di risposte.

Alla Schiavone francamente non si può chiedere nulla di più che una dignitosa chiusura di una grande carriera. Anche Pennetta e Vinci sono ben oltre la trentina e se la prima ha vissuto una seconda giovinezza agonistica dopo i tanti guai con la doppia impresa in terra americana (e per la verità poi poco altro), Roberta solo nelle ultime due settimane è riuscita ad invertire un po’ la rotta di una stagione tremebonda che l’ha vista retrocedere dal numero 11 al numero 24, perdendo peraltro malamente le due finali raggiunte consecutivamente (solo 6 game racimolati con Halep e Wozniaki tra Bucharest e Istanbul).

La Errani certamente è ancora giovane ma non si può pretendere che  giochi sempre al livello delle due ultime stagioni. Peraltro giocando singolare e doppio quasi in tutti i tornei (e la romagnola gioca veramente tantissimo) è inevitabile accusare un po’ di stanchezza e così dopo due anni da top 10 la romagnola ha perso anche la leadership nazionale.

Il problema è che dietro alle quattro capofila che tante soddisfazioni hanno regalato anche in Fed Cup c’è davvero poco.
Camila Giorgi avrebbe il tennis e la personalità per seguire le orme delle sue connazionali. Non si battono altrimenti Wozniaki, Sharapova, Radwanska , Cibulkova e Azarenka  e non si gioca con tale nochalance su campi così prestigiosi.

Ma finché l’italo-argentina persevererà nel giocare allo stesso modo il primo punto del match e quello del 5-5 40 pari (sue precise dichiarazioni ascoltate in sala stampa a Parigi dopo il ko con Kuznetsova) ovvero sparando sempre a mille, allora sarà dura centrare tre o quattro partite in fila.

La Knapp, bravissima a rientrare dopo tante vicissitudini fisiche, si è attestata sui suoi livelli e difficilmente potrà ancora progredire (per carità, magari facesse un’ulteriore salto in avanti!), la Burnett ha raggiunto la sua prima semifinale a Rio ma sembra ancora acerba.

E gli uomini?
Per la verità non è che i maschietti azzurri abbiano mai dominato il tennis mondiale e l’unico titolo centrato quest’anno da Fognini a Vina del Mar è in linea con gli unici successi di Seppi nel 2011 (Eastburn) e nel 2012 ( Belgrado, cui poi affiancó Mosca in autunno).

Certo non può non rilevarsi come dopo la doppietta Stoccarda-Amburgo dello scorso anno il ligure abbia fatto un notevole passo indietro tra uno “Zingaro di M….” e mille racchette in frantumi. Idem Seppi che dopo la buona serie di ottavi raggiunti negli Slam non si è confermato su quei livelli.

Il resto, dato del premio alla carriera di Lorenzi in finale a San Paolo e del rientro a buoni livelli di Bolelli, è veramente poca roba.
Anche qui, con una generazione di mezzo che non ha prodotto buoni risultati, si aspetta speranzosi che crescano i giovani. Con Quinzi, forse caricato di eccessive responsabilità, che fatica a livello Challenger mentre Kyrgios (di un anno più grande) batte Nadal e Zverev (di un anno più giovane) fa semifinale ad Amburgo.

In definitiva, tirando un po’ le somme, in totale i nostri rappresentanti nei primi sette mesi dell’anno hanno portato a casa solo due tornei rispetto ai sei del 2012 e del 2013 e i quattro del 2011, con otto finali però, rispetto alle tre dello scorso anno, le cinque del 2012 e le due del 2011.
E, come detto, con i “vecchietti” e le “vecchiette” che arrancano e i giovani che tardano a sbocciare si preannunciano tempi duri.
Sperando ovviamente di essere smentiti…


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