Marin Cilic: “Adoro Melbourne; Ivanisevic mi ha aiutato tanto”

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Marin Cilic: “Adoro Melbourne; Ivanisevic mi ha aiutato tanto”

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TENNIS – Un botta e risposta con Marin Cilic, in cui il tennista croato, che lo scorso anno fu squalificato per doping, racconta di quando ha capito che la sua vita sarebbe stata il tennis, e del rapporto con il coach Goran Ivanisevic

Marin Cilic ha raggiunto il n. 18 del ranking Atp, la più alta posizione dal ritorno in campo dello scorso Ottobre, quando fu sospeso a causa di una sostanza, la coramina, rinvenuta nelle analisi e contenuta, a quanto racconta il tennista stesso, in una zolletta di glucosio comprata dalla madre in una farmacia di Montecarlo. Il croato, 25 anni, ha conquistato due titoli in questa stagione, Zagabria e il Delray Beach Open, oltre ad aver portato al quinto set dei quarti di finale di Wimbledon il futuro campione Novak Djokovic. Cilic, che è seguito dall’ex tennista Goran Ivanisevic, ha raccontato a Sport Illustrated delle sue radici tennistiche, dei tornei preferiti, gli interessi e le passioni lontano dal campo da gioco e la sua posizione anti-selfie.

Quando hai capito che saresti stato un buon tennista?
Probabilmente verso i 14 anni, quando ho finito la scuola primaria. Provengo da un piccolo paese della Croazia, in cui non ci sono molte possibilità di allenarsi, e neanche molti tennisti. Quindi dovevo decidere se restare a casa e continuare gli studi, o spostarmi a Zagabria al centro nazionale. È stato in quel momento che ho deciso di voler fare meglio nel tennis.

C’è stata una vittoria o un risultato in particolare che ti hanno fatto capire che saresti diventato un tennista professionista?
A quei tempi non ci pensavo molto (ride). Volevo darmi le migliori possibilità e allenarsi a Zagabria era il passo necessario. Ma il risultato che ha fatto la differenza è stata sicuramente la vittoria del Roland Garros junior (nel 2005). Quella mi ha aperto le porte ai tornei con le wild card ed ero sulla mappa delle promesse. A quei tempi anche Goran mi aiutò e questo mi fece capire che potevo essere un buon giocatore.

Come ti sei sentito quando hai iniziato a ricevere maggiori attenzioni e visibilità?
Non ho dato molto peso a queste cose. Ok, sono qui e parlo con la stampa e posso ottenere degli ottimi risultati. Ma ero concentrato a migliorare anno dopo anno. Successivamente, quando sono entrato nel circuito pro, pensare che avrei potuto ottenere qualcosa di grande mi ha fatto un po’ retrocedere. Pensavo, Sono pronto per questo? Ero un po’ insicuro in quel momento. Ma quando giochi a tennis e ti diverti, non pensi poi così tanto a cosa potrebbe succedere o a dove stai andando.

Qual è l’aspetto più sorprendente di Goran?
Che è una persona incredibilmente gentile. Tratta le persone che gli stanno accanto meglio di come fa con se stesso. È per questo che mi piace lavorare con lui. In questo senso sono un po’ come lui e sento davvero che vuole aiutare le persone. Lui c’è sempre. Forse le persone che lo osservano dalla TV pensano che sia un tipo pazzo ed esplosivo. Ma quando non gioca è una persone estremamente simpatica.

Cosa fai per non pensare al tennis?
Nel nostro team abbiamo diversi modi per bilanciare la tensione di una partita o un allenamento con i momenti lontani dal tennis in cui ci rilassiamo. Goran è un personaggio e fa molti scherzi. Nel team scherziamo spesso fra di noi. Usciamo, andiamo a cena, passeggiamo.

Qual è il tuo torneo preferito?
Melbourne.

Perché? Ti piace il caldo?
Non quest’ anno (ride). Quest’anno non è andata bene (Cilic ha perso in 5 set al secondo turno contro Gilles Simon). Ma c’è una grande comunità croata ed è ben organizzata. Sono molto gentili con i tennisti. Cercano di renderti felici e lo senti immediatamente quando arrivi. Ovviamente lo Slam più speciale resta Wimbledon. Ma quello in cui mi sento meglio è in Australia. Sei felice di partecipare. Quando ti trovi nel mezzo della stagione tutto diventa una routine. Ma quando ti trovi a Melbourne a gennaio ti senti fresco e vuoi solo giocare. Mi piace molto.

La tua app preferita?
Le cambio sempre. Qualche settimana fa ho scaricato Football Manager. Ho giocato molto. Sono ossessionato.

Quanto sei bravo?
(ride) Sono al primo livello. C’è voluto un po’ di tempo.

Se potessi migliorare il tuo gioco fisicamente, mentalmente o tatticamente, cosa sceglieresti?
Fisicamente credo. Mentalmente e tatticamente credo di essere bravo. Nel gioco moderno i tennisti più veloci sono avvantaggiati. E nello sport in generale più sei veloce, più possibilità hai di successo. Sto cercando di migliorare ma è difficile contro giocatori che sono veloci per natura come Rafa, Roger o Novak.

Quindi per te il miglioramento fisico significa velocità?
Sì. Credo soprattutto che tutti possiamo diventare più veloci ed avere una maggiore resistenza. Ma il problema è che è difficile da raggiungere  e da migliorare. È un processo lento a meno che tu non sia veloce per natura.

La cosa più sorprendente successa negli spogliatoi?
(ride) Il silenzio. No, è che condividiamo lo spogliatoio ogni settimana. Giochiamo sempre, ci alleniamo insieme sempre. Sono tutti molto carini. Non ci sono molte brutte personalità nel circuito quindi non ne farò i nomi.

La persona più divertente negli spogliatoi?
(Dmitry) Tursunov.

La cosa più strana successa con un fan?
I supporter croati sono un po’ pazzi. Quando ho giocato contro Andy Murray agli Australian Open in semifinale (2010), una volta conclusa la partita un tifoso è saltato in campo con una maglia della Croazia e voleva darmi il cinque.

Ti sei spaventato?
No, mi sono sorpreso. Perché ci eravamo appena avvicinati al net e lui è saltato fuori e mi ha dato il cinque. E io gli ho dato il cinque. La sicurezza l’ha portato via.

Sei superstizioso?
La chiamerei di più routine (ride). Superstizioso no. Ma fare le stesse cose quando gioco mi mette in condizione di concentrarmi. Giocare con le palline, scegliere da quale ball boy prendere la palla, cose così. Mi fa sentire più a mio agio. La cosa strana è che quando cerchi di non seguire la routine, si nota immediatamente che il risultato non è buono. Perdi il servizio, perdi un paio di game, e ti innervosisci.

Perché credi che interrompere la routine abbia questi effetti?
Ne diventi consapevole. Vedi gli errori e vedi che qualcosa non va, e vedi tutto come se l’immagine fosse più grande.

Se dovessi fare un selfie con qualcuno, chi sceglieresti?
Non lo farei.

Sei contro i selfie?
Sì (ride). È una cosa che è diventata troppo grande. Non mi piace. I fan mi chiedono ‘facciamo un selfie’ e io rispondo, ‘ Facciamo una foto’. Non sono contro i selfie, ma sono più a favore delle fotografie.

Traduzione a cura di Chiara Bracco

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