US Open interviste, Cilic: "Ivanisevic ha cambiato il mio modo di pensare"

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US Open interviste, Cilic: “Ivanisevic ha cambiato il mio modo di pensare”

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TENNIS US OPEN INTERVISTE – Finale, M. Cilic b. K. Nishikori 6-3 6-3 6-3. L’intervista del dopopartita.

 Clicca qui per leggere l’intervista all’altro finalista, Kei Nishikori.

Pensi che l’assenza dello scorso anno sia stato un trampolino, un modo per riportare il tuo tennis al suo livello? Voglio dire, avere il tempo di lavorare sul tuo gioco, anche avere una prospettiva rinnovata sull’importanza del tuo gioco?

Penso che mi abbia aiutato nella forza mentale, sono diventato più forte e più duro con me stesso sul campo da tennis rispetto a prima. Un altro aspetto positivo è che mi sono divertito di più in campo da quando ho avuto i primi successi nel 2010. Dopo di quelli ho cominciato a scivolare un po’ in classifica e non mi divertivo più molto. Non funzionava. Le cose sono cambiate e si sono capovolte quando ho provato a divertirmi in campo e a godermi ogni momento, il che mi ha aiutato ad essere più rilassato. Penso che questa sia stata la parte più importante per il mio gioco.

Quando sei atterrato a New York pensavi che sarebbe stato possibile? Hai cambiato la prenotazione del volo e dell’hotel?

No no, era già pianificato di rimanere fino a martedì. Era tutto pianificato ma non avevo tutta questa speranza. Ci speravo ma la vedevo come una cosa lontana. Quando cominci un torneo e vince i primi match, stai giocando bene ma non stai giocando contro i tennisti più forti. Non sai che cosa aspettarti, come gestirai la pressione. Con gli ultimi tre o quattro giocatori avevo un head-to-head negativo. Per cui giocare questi match è stata una sorta di “vado e non so come andrà”. Considerato tutto, è stato un miracolo.

In quale momento hai cominciato a lavorare in maniera intensa con Goran? Si dice in un periodo tra giugno e novembre. In retrospettiva, pensi che non poter giocare per quattro mesi ti abbia aiutato a cambiare e valutare melgio il tuo gioco?

Ho cominciato ad allenarmi intensamente sin dal primo giorno con Goran.

Ma da quale mese?

Abbiamo cominciato il primo settembre. Da quel momento fino alla fine dell’anno abbiamo lavorato molto, molto duramente. Penso che Goran, ai suoi tempi, forse il miglior giocatore atleticamente e fisicamente. Era pronto per tutto. Abbiamo lavorato tantissimo su questo punto. Penso che mi abbia aiutato a fare qualche passo in avanti nel mio gioco.

Per tanti anni, pochi giocatori hanno dominato i major. Che cosa pensi che significheranno gli US Open non solo per te ma anche per il futuro del tennis?

Un sacco di persone pensano che la gente preferisca vedere i primi quattro estendere la loro striscia al top e negli Slam perché attraggono i fan e la TV. Ma un giorno se ne andranno e ci sarà bisogno di qualcun altro. Penso che quest’anno i tennisti della seconda fascia siano stati un po’ fortunati perché Andy Murray aveva problemi con la schiena; Wawrinka ha fatto su e giù dopo l’Australia; altri giocatori non stavano giocando sempre al loro meglio. E Rafa non è qui. Questo ha aperto la porta a tutti. Penso che ci sarà molta competizione dal prossimo anno, che il tennis si stia evolvendo.

L’altro giorno, riguardo Goran, hai detto che ha rimesso le cose assieme. Puoi specificare quali sono le cose in cui ti ha aiutato? Poi hai detto che dopo l’ultimo set contro Simon ha giocato in maniera incredibile. E ovviamente lo sei stato. Perché pensi di aver giocato il tuo tennis migliore?

Beh, quando abbiamo cominciato a lavorare, ci siamo seduti e Goran mi ha detto che il mio doveva essere un tennis aggressivo. Non posso giocare in maniera troppo tattica, perché il più delle volte mi preoccupavo più della tattica da attuare contro i miei avversari che del mio gioco. Pensavo il 70% alla tattica e lasciavo al mio gioco una piccola percentuale. Poi abbiamo cominciato a lavorare assieme. Non è stato facile cambiare la mia prospettiva e il mio modo di pensare. Ci ho messi cinque o sei mesi per immergermi nella consapevolezza che quello era il modo giusto di giocare. Quella è stata la parte più difficile. Per quanto riguarda il resto, ho migliorato enormemente il servizio e tutto il resto è venuto di conseguenza. Mi stavo spingendo sempre più nel giocare il tennis di cui avevo bisogno.

E poi dopo il match contro Simon…

C’erano delle condizioni molto difficili. Era molto umido. Penso di non essere calato mentalmente come ho fatto contro Novak a Wimbledon quando ero in vantaggio per due set a uno. Ero molto concentrato su questo punto. Cioè mantenere la convinzione nei miei colpi e avere una forte determinazione nel non indietreggiare. Da quel momento ho giocato in quel modo fino alla fine del torneo.

Wawrinka, dopo Melboure, ha detto che è stato un po’ complicato gestire le aspettative e le emozioni. Come pensi di gestire il fatto che sei un campione Slam?

Penso che starò una settimana in Croazia per vedere che cosa ho fatto, leggere i giornali eccetera. Tutti gli atleti croati mi hanno dato un grande supporto. Anche la squadra di calcio. Mi hanno mandato un video. Penso che mi cambierà la vita. Non so in quale modo, ma la cambierà. Arriveranno tante cose da fare però giocherò ancora a tennis e non vedrò l’ora di giocare in questi grandi eventi.

Come detto prima, non avevi un grande record contro Kei. Qual era il tuo atteggiamento prima della finale e affrontando Kei? Hai provato qualcosa di diverso?

Beh, non abbiamo mai giocato contro in un evento così grande. Era il giorno più importante per entrambi. Tutti i nostri match sono stati quarti di finale o forse anche prima, e sapevo che oggi, se avessi giocato bene, avrei avuto le mie chance. Perché quando ho perso con Kei, è stato sempre di poco. Anche a Brisbane è stato un match molto equilibrato. Anche agli US Open qualche anno fa. Sapevo che se giocavo nel modo giusto avevo una buona chance. Ma non sai mai come entrerai in campo. Non puoi bloccarti sulla tua tattica. Se funziona, sì; ma se non funziona, devi essere pronto. Ero molto concentrato sul fare bene le mie cose.

 

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