Bettona (Pg): al meeting dei coach Ubaldo Scanagatta spiega oggi...

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Bettona (Pg): al meeting dei coach Ubaldo Scanagatta spiega oggi…

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Bettona, GPTCA Mental Coach
 

TENNIS FOCUS – …come un buon tennista può ottenere una borsa di studio negli Usa

Il programma e gli orari dell’evento

Leggi i programmi dell’America International

Non mi sono mai pentito, 41 anni fa, di aver approfittato di una di sei borse di studio che mi furono offerte negli Stati Uniti, grazie al fatto che avevo vinto i campionati italiani universitari. Non sognavo di diventare un campione, giocavo benino ma non benissimo. A quei tempi soltanto i primi 4 tennisti italiani potevano sperare di “vivere” con il tennis – e cioè quelli che potevano aspirare ad un posto fra i convocati in Coppa Davis. Io ero consapevole dei miei limiti, ma adoravo il tennis e senza illudermi di diventare un campione volevo provare a giocare agonisticamente per uno o più anni, ma senza abbandonare gli studi per inseguire le palle da tennis con la sola prospettiva di diventare maestro di tennis se non ce l’avessi fatta a sfondar come tennista.

Volevo provare a vivere un’esperienza agonistica importante e al tempo stesso imparare a viaggiare, a vivere all’estero, a diventare autonomo, a conoscere un Paese affascinante come gli Stati Uniti, a imparare l’inglese e magari a giocare a tennis nel maggior numero di Stati possibile facendo parte di un team internazionale possibilmente competitivo a buoni livelli.

E all’Oral Roberts di Tulsa (Oklahoma), un college con molti soldi – le donazioni di alcuni ricchi signori (in cambio di esenzioni fiscali) avevano consentito di costruire uno stupendo palasport per il basket capace di ospitare 15.000 persone) -, il programma tennistico era molto interessante.

Era previsto che giocassimo, e in effetti giocammo in tutti gli Stati limitrofi, contro i college più forti di Texas, Kansas, Arkansas, Louisiana, Florida, Missouri, New Mexico, ma anche in Colorado e – nella settimana di Pasqua – in Messico dove partecipammo al torneo di San Luis Potosi – viaggiando in mega Limousine da 8/10 posti per giocatori e coach, tutto spesato e incredibilmente divertente, con le cheer-leaders che ballavano per noi quando giocavamo in casa e…ai più simpatici facevano pure la corte.

Per ogni semestre si doveva scegliere un minimo di quattro materie di studio. Imparai non solo l’inglese ma anche un bel po’ lo spagnolo perchè nel nostro team c’erano anche un cileno e uno spagnolo, oltre a un norvegese, un croato, un indiano e un sudamericano della British Guyana. Cominciai quell’esperienza da n.6 in singolare e come coppia n.1 in doppio, ma dopo qualche mese di buoni risultati divenni il n. 2 in singolare. Il che significava che giocavo contro il n.2 degli altri college. Quasi sempre ragazzi molto forti, almeno per me. I coach erano serissimi. Non baravano mai. Per intendersi: non mettevano mai i più forti a n.5 o n.6 (come sarebbe avvenuto in Italia…) per cercare di fare più punti. Sei singolari e tre doppi. La squadra che vinceva cinque incontri aveva vinto. Il tiebreak era no-ad (come no-ad erano tutti i games; chi rispondeva sceglieva se ribattere da destra o da sinistra). Sul punteggio di 4 punti pari era setpoint, o anche matchpoint, per tutti e due i giocatori! Non vi dico lo stress.

Ma al di là del tennis fu un’esperienza straordinaria. Fu lì che cominciai, di fatto, la mia attività giornalistica, descrivendo in una serie di articoli per la Nazione la mia esperienza in un college di matrice religiosa (cristiana con tutte le varie tipologie, i cattolici erano in minoranza …), la vita nel campus, la tecnologia avanzata all’interno dell’università, i privilegi degli studenti bravi negli sport rispetto agli studenti comuni, la vita dei tennisti che venivano ospitati dalle famiglie quando partecipavano ai circuiti americani di allora (più o meno corrispondenti ai nostri challenger), etcetera etcetera.

Da lì cominciai a seguire anche i primi importanti tornei della mia vita, le finali WCT a Dallas, il torneo di Las Vegas. Mi interessai anche, al corso di media-communication e advertising, al management e al marketing. E quando tornai nella mia città natia, Firenze, potei “improvvisarmi” direttore di un torneo internazionale ATP perchè rispetto ai soci del CT Firenze obiettivamente avevo qualche conoscenza in più.

Qualche altro italiano ha seguito le mie orme, e qualcuno molto più bravo di me, come Davide Sanguinetti che ha frequentato l’USC, l’Univesrità della South California. Ma lo hanno fatto in pochi. Avrebbero dovuto farlo molti di più.

Adesso io ho avuto l’opportunità, entrando in contatto con una società ispano-americana diretta da Ramon Romero (un amico ex tennista di Josè Higueras, ma di lui meno dotato tennisticamente), che si chiama “America International”, di individuare una via che potrebbe consentire a tanti giovani di percorrere la mia stessa strada, provando a diventare tennisti più forti ma anche – in caso di insuccesso agonistico (non tutti hanno il talento dei campioni) – ottimi studenti senza dover scucire le cifre folli che le principali Università americane chiedono agli studenti “normali”.

L’America Internazional ha già procurato borse di studio a tennisti europei molto buoni (a anche meno buoni) in quasi 5.000 occasioni, aiutando loro e i loro coach in un percorso che può cominciare fin da quando i ragazzi cui piace il tennis (o altro sport) e lo giocano con impegno, hanno 16/17 anni.

E’ un percorso nel quale quest’organizzazione accompagna i ragazzi con notevole professionalità. Perchè un College come Harvard, Princeton, Yale non ti regala borse di studio se uno non le merita, sia come tennista, sia come studente. In quei colleges un anno di studio può costare anche 80.000 dollari l’anno. Moltiplicate per quattro e fate i vostri conti.

Ovviamente non tutti coloro che approcceranno questo programma, di studio+tennis, potranno accedere a quelle super-università. Ma c’è tutta una graduatoria, tutta una serie di livelli che a seconda della qualità di ciascuno studente-tennista verrà individuata, di comune accordo con i genitori del ragazzo che vorrà tentare questa strada.

Oggi io parlerò ai coach riuniti a Bettona in questi corsi di alto livello GPCA organizzati da Alberto Castellani e ai quali sono stati invitati ad intervenire – tra gli altri – Giorgio Di Palermo, board-member dell’Atp, illustri ex tennisti e tecnici quali Adriano Panatta, Claudio Pistolesi, Pato Remondegui, colleghi quali Daniele Azzolini. Etcetera.

Io, insieme anche a Pistolesi, farò un intervento appunto sulla possibilità che viene offerta dalla America International di andare a giocare a tennis e di studiare negli Stati Uniti.

Il costo medio dell’intervento dell’America International oscilla fra i 5.000 e i 12/15.000 euro, e come accennato è una spesa che può convenire affrontare se può far risparmiare ad una famiglia 50.000, 100.000 o 200.000 dollari di studi negli Stati Uniti (il costo delle borse di studio è legato all’importanza del college che decide di attribuirle, ma l’America International ovviamente fa di tutto per aiutare i ragazzi che se lo meritano ad ottenere quelle più prestigiose).

Qui non riesco a darvi in poche righe tutte le garanzie e i servizi che quest’organizzazione può darvi, quindi vi pregherei di leggere tutto quel che potete linkandovi al banner che compare su Ubitennis e qui. Sappiate infine, e per amor di chiarezza, che io non guadagnerò un dollaro se qualcuno ci andrà.

Guadagneranno invece una percentuale, della quale oggi parlerò a Bettona, quei coach che segnaleranno e metteranno in contatto i loro allievi più promettenti (anche come studenti, attenzione! I somari resteranno a casa…) con quest’organizzazione ispano-americana. Ma loro stessi potranno seguire inizialmente i ragazzi al college di destinazione. Infatti l’America International non intende “scippare” i migliori ragazzi ai loro coach. Ma aiutarli collaborando con loro. Io stesso ne saprò di più su come funziona il tutto nei prossimi giorni, a seguito di un incontro programmato con Ramon Romero, il deus ex machina di tutta la situazione.

 

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