Seconda di servizio: il rischio non è il mio mestiere

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Seconda di servizio: il rischio non è il mio mestiere

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TENNIS FOCUS – Anche chi fa del servizio il suo punto di forza, quando deve giocare la seconda raramente forza il colpo. Un’analisi statistica spiega perché, mostrando i casi più anomali. Lo spunto per una riflessione sul servizio di Sara Errani.

 

Perché i tennisti non forzano praticamente mai la seconda di servizio? Carl Bialik di fivethirtyeight.com ha recentemente condotto un’analisi per capire il motivo per cui giocatori e giocatrici sono sempre molto conservativi al momento di giocare la seconda battuta. Di fronte all’efficacia di una prima molto carica e considerando certe risposte fulminanti a seconde deboli, non sarebbe il caso di forzare la seconda quasi come fosse una prima? Nonostante la differenza tra le percentuali di punti ottenuti con la prima e quella di punti ottenuti con la seconda sembra portare a una risposta affermativa alla domanda (l’autore cita il caso dell’ottavo di finale dello US Open tra Nishikori e Raonic, sottolineando lo score del canadese: 87% di punti con la prima, 47% con la seconda), la risposta corretta è no, non conviene in genere forzare la seconda.

Osservando infatti i dati su tutta la stagione sin qui disputata, risulta lampante come la maggiore probabilità di mettere in campo la palla sia superiore al vantaggio di tirare una seconda molto potente. L’autore attinge al database di www.tennisabstract.com (un riferimento molto interessante per gli appassionati di tennis amanti di numeri e statistiche), analizzando i dati del 2014, US Open escluso. Concentrandosi sulla media dei rendimenti al servizio dei primi 50 giocatori del mondo (circuito ATP), risulta che il “giocatore medio” porta a casa il 73,6% delle volte il punto quando mette la prima in campo e il 57,5% delle volte quando mette in campo la seconda. Questo a fronte del 61,9% di prime in campo e del 91,1% di seconde. Da ciò si ricava che la percentuale di punti ottenuti con la seconda ammonta al 52,4% (ossia 57,5% x 91,9%). Pertanto, se decidesse di servire la seconda come fosse una prima, farebbe sempre il 73,6% dei punti quando mette la palla in campo, ma ciò avverrebbe solo il 61,9% delle volte, per cui la “seconda prima di servizio” gli frutterebbe il 45,6% dei punti (73,6% x 61,9%), contro appunto il 52,4% reale.

Osservando dati più specifici, non emergono differenze significative tra i giocatori in questo senso. Tra i primi 50, infatti, il solo Ivo Karlovic, che sfrutta tutti i suoi 2,11 metri di altezza per il noto servizio bomba, avrebbe ottenuto un miglioramento di circa 2 punti percentuali nel rendimento sulla seconda se avesse ipoteticamente sempre tirato due prime. Questo però solo nel 2014, a fronte di un peggioramento sia nel 2013 che nel 2012.

Per le donne il discorso è sostanzialmente lo stesso, anche se i dati del 2014 evidenziano sei tenniste che avrebbero ottenuto un maggiore rendimento con la seconda se l’avessero sistematicamente forzata. Si tratta di Victoria Azarenka, Annika Beck, Yvonne Meusburger, Monica Niculescu, Sara Errani e Yaroslava Shvedova.

Il grafico seguente riassume in forma chiara quanto appena descritto.

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Ogni pallino rappresenta la percentuale di punti ottenuti con la seconda battuta di un giocatore (pallino rosso) o una giocatrice (pallino azzurro). Per meglio dire, il valore delle ascisse (asse orizzontale) descrive il rendimento reale, mentre quello delle ordinate (asse verticale) il rendimento ipotetico qualora la seconda venisse giocata sistematicamente come la prima. Per intenderci, fissando il pallino di Karlovic, il valore sull’asse orizzontale ci dice che quest’anno ha ottenuto mediamente il 54% dei punti con la seconda, mentre ne avrebbe ottenuti circa il 56% se avesse sempre servito due prime. Questa rappresentazione cartesiana è chiara perché, proprio per come è costruita, evidenzia che il semipiano al di sotto della bisettrice (ossia la diagonale tratteggiata) comprende i giocatori che hanno un miglior rendimento nella situazione reale, mentre il semipiano sopra la diagonale mostra i giocatori che beneficerebbero di una tattica più rischiosa (giocare due prime). Si contano appena sette tennisti, appunto Karlovic e le sei giocatrici citate. Di queste, Victoria Azarenka otterrebbe un significativo miglioramento: quasi 45% contro l’effettivo (e misero) 38%.

L’analisi proposta è interessante ma inevitabilmente parziale, non tenendo conto della varietà di servizi che i giocatori possono usare, compensando la minore velocità sulla seconda con palle insidiose, come i servizi in kick molto lavorati che costringono chi risponde, specie dal lato del rovescio, a farlo sopra la spalla impedendogli una risposta efficace, o come i servizi slice con effetto a uscire per aprirsi il campo.

Inoltre, non si può qui tenere in considerazione l’aspetto psicologico, che riguarda sia chi serve, magari spaventato dal rischio del doppio fallo, sia chi risponde, sottoposto a una maggiore pressione se sa che anche la seconda sarà difficile da affrontare.

Tornando al grafico, anche la nostra Sara Errani compare nella parte “risk-addicted” (semipiano sopra la diagonale), ma per lei il giovamento non sarebbe per nulla significativo (circa 46% contro il reale 45%). Per Sara il discorso è semmai un altro ed emerge chiaramente se osserviamo i dati WTA sulle giocatrici che hanno terminato le stagioni con la più alta percentuale di prime palle in campo:

2008: Camille Pin: 74.8%
2009: Monica Niculescu: 72.3%
2010: Sara Errani: 75.8%
2011: Sara Errani: 76.8%
2012: Sara Errani: 76.3%
2013: Sara Errani: 82.8%

La tennista bolognese detiene questo primato da ben quattro anni e l’anno scorso si è issata sopra l’80%. Questo dato, assieme al sostanzialmente nullo miglioramento di Sara se forzasse di più la seconda, non fa altro che confermare che di fatto lei tira due seconde di servizio. Si è discusso a lungo degli ampi margini di miglioramento del servizio dell’ex n.5 del mondo, lo ha fatto anche il New York Times in un articolo dello scorso 31 agosto che sottolineava i colpi più strani del circuito, soffermandosi sul servizio di Sarita. La descrizione è molto critica: “Molti giocatori si concentrano sull’equilibrio, piegando il braccio che serve mentre l’altro alza la palla, invece la Errani porta la racchetta dietro la schiena con la mano destra mentre sta ancora palleggiando con la sinistra, sforzandosi di non raddrizzare il braccio destro troppo presto, in una lotta che le toglie potenza”. Il passaggio si chiude con una frase fin troppo dura di Tracy Austin: “È incredibile come qualcuno riesca a essere dentro o a ridosso della Top Ten con movimenti così tecnicamente sbagliati”. Siamo però così sicuri che Sara dovrebbe concentrare i suoi suoi sforzi verso un miglioramento del servizio? Di fatto, una battuta così conservativa massimizza la probabilità di mettere in campo la palla, permettendo alla tennista emiliana di focalizzarsi sugli aspetti del suo gioco che ne hanno decretato il successo (grande capacità di spostamento laterale, ottimo posizionamento per colpire, ottima regolarità e grinta da vendere). Non potrebbe allora addirittura esserci il rischio che un minor numero di prime in campo mettesse più pressione all’Errani, abituata com’è a sapere che problemi di cali al servizio e doppi falli quasi non la riguardano? In altre parole, doversi preoccupare di più della battuta, non potrebbe toglierle energie mentali da destinare alle altre fasi dello scambio, ovvero proprio quelle dove ha saputo costruire i suoi successi?

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