TENNIS EDITORIALI – Maurizio Crosetti (Repubblica) mette a nudo calcio, ufficio inchieste smarrite, dirigenti impresentabili, Coni. Impressionanti analogie col tennis. “Wild Card” date o rifiutate in Sardegna in spregio ad ogni meritocrazia
Ho ripreso (chiestane l’autorizzazione) quest’articolo di uno dei migliori giornalisti contemporanei, Maurizio Crosetti di Repubblica. Leggendolo ho condiviso soprattutto lo spirito che dovrebbe animare qualunque serio giornalista innamorato del proprio mestiere.
Può definirsi tale chi non si adegui, per pigrizia, interesse o altro, a passare sotto silenzio tutto quel conosce ma che accade quasi quotidianamente nell’indifferenza dei più, siano essi giornalisti, appassionati, dirigenti, elettori, uomini…poco uomini.
Sembra dominante ormai una quasi fatal rassegnazione, a tutti i livelli. Quella di chi scuotendo la testa l’abbassa e, con una scrollatina di spalle, borbotta piano, quasi per non farsi sentire: “Ma con tutto quel che si vede succedere in questo nostro Paese, ci si deve scandalizzare ancora per cosucce di questo tipo? Si debbono fare ancora pistolotti etici? Lasciamo perdere che è meglio. Occupiamoci soltanto di scrivere di calcio, di tennis, di partite, di giocatori..”
Evviva Ponzio Pilato!
Purtroppo troppi politici, troppi dirigenti sportivi ne combinano di tutti i colori nell’indifferenza generale. Le loro cattive azioni sono ormai diventate norma, nessuno si scandalizza più di niente. “Ha ancora senso, serve a qualcosa scandalizzarsi?” è la domanda retorica degli ignavi.
Così legittimati i tronisti – che non sono quelli delle trasmissioni della De Filippi, ma quelli che si abbarbicano alle loro poltrone costi quel che costi – se ne infischiano di quello che pensa la gente per bene. A loro basta trionfare “democraticamente” alle elezioni ben organizzate, con percentuali bulgare. Dopo di che, in barba ad ogni codice etico infranto, possono pure sbeffeggiare con arrogante protervia coloro che segnalano le magagne del sistema.
Prima di invitarvi alla lettura di quest’articolo di Crosetti – giornalista controcorrente che a suo tempo la Juventus cercò di allontanare dalle conferenza stampa di Villar Perosa, perchè quel che scriveva sui bianconeri non piaceva sempre alla prepotente dirigenza di quei giorni (e mi pare in particolare al coach Marcello Lippi) – riporto anche queste righe scritte nella sua rubrica domenicale “Sette giorni di cattivi pensieri” da un altro dei migliori giornalisti di quest’epoca, Gianni Mura: “Uno che non cambia idea è Tavecchio. Intervistato in tribuna a Palermo, ha detto che la sanzione inflittagli dall’UEFA non danneggia l’immagine del calcio italiano. Certamente: segnala la sua peculiarità. Quanti possono vantare di avere un presidente federale sospeso dall’Europa per frasi razziste? Noi, modestamente, ce l’abbiamo. E siamo colpiti dall’assenza di ogni senso di responsabilità, assenza molto diffusa”.
Ci sono colpe più gravi e meno gravi, per carità. Dirigenti con maggiore e minore faccia tosta. Ma anch’io, come Gianni Mura, sono colpito dall’assenza di ogni senso di responsabilità in molte, troppe occasioni.
Leggete le prossime righe e ditemi che ne pensate.
A seguito di un accordo raggiunto con la Federtennis il resort di Santa Margherita di Pula (che ha avuto in gestione anche il “Servizio Catering” degli Internazionali d’Italia e che ha ospitato una nutrita riunione di consiglio federale a fine luglio, in altissima stagione turistica: sotto quale voce saranno state messe a bilancio le spese per l’ospitalità di tante persone in uno dei posti più cari d’Italia? Scambio servizi?) aveva in programma nel 2014 di ospitare ben 14 tornei ITF. Alcuni sono stati recentemente cancellati.
Ebbene vengo a sapere che a questi ITF Futures del Forte Village per una dozzina di volte – non una soltanto – la wild card per le qualificazioni del singolare e l’ammissione al tabellone principale di doppio è stata concessa al figlio quindicenne del presidente federale, Roberto Binaghi. Il quale non ha ovviamente nessuna colpa se suo padre ha buoni… agganci con chi organizza quei tornei con il beneplacito federale. Controllo i dati sul sito ITF, e constato che è vero. Nulla di personale, sia chiaro, con il piccolo Roberto che, anzi – fra parentesi – a Londra, al Tennis Club di Hurlingham, ho quasi salvato da un laghetto nel quale si era inavvertitamente avventurato (avrà avuto 5 o 6 anni, credo).
La vicenda delle wild card non sarebbe di per sè gravissima, se consente a un ragazzino appassionato di tennis di giocare e farsi un’esperienza. Purchè ciò non danneggi nessun altro, naturalmente.
Ma dopo l’iniziale perplessità, al di là del fatto che Binaghi junior non ha certo alcuna colpa nemmeno se non ha mai vinto un set salvo che in un primo turno e rimedia a più riprese 6-0 6-0 (come nel secondo turno delle “quali” di quello stesso evento in cui lo aveva passato), 6-1, 6-1 e 6-2, 6-2 o punteggi similari facilmente verificabili, resto invece lettaralmente basito quando vengo invece a sapere che mai nessuna wild card è stata concessa in due anni per il tabellone principale e per una ventina di tornei (fra 2013 e 2014) al miglior tennista sardo, Manuel Mazzella, classifica 2,3, campione regionale sardo dal 21 settembre 2014 ma già considerato unanimemente il più forte da almeno un paio d’anni. Mazzella ha poi quasi sempre superato le “quali”, a testimonianza del suo buon livello tennistico. Ad ogni torneo, invariabilmente, Manuel ha chiesto la wild card per il tabellone principale (anche perché era l’unico modo per poter partecipare a gare a squadre altrimenti concomitanti e quindi precluse), ma regolarmente gli è stata negata.
Recentemente Manuel, dopo essersi qualificato, ha vinto anche uno di quei tornei, in doppio. Perchè a lui la wild card no? Qual è la colpa di questo ragazzo, figlio di un maestro Alberto del Sardinia Tennis di Dorgali, nel golfo di Orosei?
Non sarà mica perchè il padre Alberto è amico di Alberto Castellani e frequenta anno dopo anno i corsi GPTCA che Castellani organizza con Pistolesi a Bettona, dimostrandosi più volte di non essersi allineato al presidente federale? Beh, qui si entra nel campo delle “vox populi”, di “telefonate importanti che sconsigliano” la concessione della wild card a Manuel Mazzella, di una serie di voci diffusissime negli ambienti sardi e allo stesso Forte Village. Ma, come potete immaginare, non documentabili.
Quindi alle voci non voglio dar credito. Voci tante, ma prove non ce ne sono. I fatti, però, sono e restano che il figlio del presidente federale, classificato 3,4 ottiene wild card a tutto spiano, sia pure per le “quali”, mentre “il nemico Mazzella” invece non le ottiene neppure per il torneo di doppio quando invece Binaghi junior, che non avrebbe la classifica per parteciparvi, le ottiene sempre.
Chi volete che, se non Ubitennis, dia spazio a queste piccole vicende locali? Certo non il Coni che ha dimostrato ormai di passare sopra, di chiudere due occhi anziché uno, su vicende molto più gravi “pro bono pacis” (se qualcuno scrive voto di scambio, non sono io). Ma dietro a queste vicende bisognerebbe saper cogliere i metodi che le ispirano. E reagire.
Questa vicenda, di per sé insignificante sul piano nazionale, ma significativa di come possano essere gestite impunemente le cose nel mondo del nostro sport – senza nemmeno addentrarsi nell’annoso problema della giustizia sportiva popolata da giudici amici quando parenti nominati da quei dirigenti sui quali debbono pronunciarsi – ricorda da vicino quella che qualche anno fa suggerì ad un magistrato sardo assai addentro alle vicende locali, il dottor Giangiacomo Pilia, di avviare un’azione penale per presunte discriminazioni nei confronti dei figli di un altro “dissidente” manifesto del presidente, il dottor Luigi de Fraia.
Non starò a riesaminare tutta la vicenda cui Ubitennis e la stampa sarda (e quella non “allineata”) ha a suo tempo dato ampio risalto.
Volete rileggervi un po’ quelle vicende?
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Nicolò De Fraia, un talento da esportazione
Constato soltanto che nei giorni scorsi un giornale sardo La Nuova Sardegna ha dedicato un ampio spazio al giovane Nicolò De Fraia che campione regionale giovanile di tutte le categorie, da under 10 a under 14, non veniva convocato con vari “alibi” regolamentari né ai raduni tecnici nazionali (pur essendo certamente un ragazzo molto promettente) né addirittura nelle rappresentative regionali (dove sarebbe stato indiscutibilmente il n.1).
Il ragazzo De Fraia, che ovviamente non aveva alcuna colpa né per essere molto più forte di Binaghi junior né per i rapporti incrinatisi fra Binaghi senior e De Fraia senior – uno era stato perfino testimone di nozze dell’altro, a suo tempo – sentendosi ingiustamente boicottato ed essendo al contempo molto determinato, ha deciso di percorrere ugualmente quella strada che sembrava essergli preclusa. Così a 14 anni, libri di studio e racchetta sottobraccio, è andato a Barcellona da Sergi Bruguera, dove è rimasto per due anni ad affinare studi e tennis. Lo scorso anno si è trasferito in Florida alla Tennis Academy di Chris Evert ed ha preso la maturità guadagnando un anno. E’ notizia di questi giorni che Nicolò, grazie al suo livello tennistico, ha ottenuto una full-scholarship, presso la UCF, l’Università della Central Florida dove la sola frequentazione sarebbe stata carissima. Insomma, quale che sarà il suo prosieguo agonistico e la sua carriera tennistica, il “perennemente mancato convocato” della regione Sardegna, ha già vinto una scommessa importante: “Chi voleva farmi un dispetto alla fine mi ha fatto un favore” è stato il commento del ragazzo.
Attenzione a quanto segue: il ragazzo in questione ha potuto fare questa scelta, soltanto perchè suo padre ha fortunatamente potuto permettersi di affrontare in questi 3/4 anni i sacrifici economici che quella scelta comportava. Ma, a parte il fatto che questo ha significato dover allontanare necessariamente un ragazzino ancora piccolo dalla madre, dagli affetti familiari, dal proprio habitat naturale, dagli amici – e non tutti i suoi coetanei, o le famiglie dei suoi coetanei, si sarebbero sentito di compiere la stessa scelta – ciò significa che un ragazzo di una famiglia senza gli stessi suoi mezzi economici avrebbe dovuto smettere di coltivare i propri sogni. Tradire la propria passione per il tennis, smettere di giocare con qualche ambizione. Proprio il contrario di quello che dovrebbe augurarsi una qualsiasi federazione coerente con i propri principi istituzionali di promozione del tennis.
Non sto a chiedermi, adesso, se suo fratello, ove volesse seguire lo stesso percorso, dovrà emigrare anche lui. Oppure aspettare un intervento del Coni che non arriverà mai.
Come nel caso di Manuel Mazzella, il problema non è nei numeri, uno, due, tre casi, e neppure nelle difficoltà specifiche dei due fratelli o di chissà quanti altri casi già verificatisi o ancora da accadere.
Il problema sta nel principio. Nell’aberrante constatazione che episodi simili possono tranquillamente accadere in Italia quando il potere di una o più persone gode di una facoltà di arbitrio illimitata ed incontrollata. E quando chi dovrebbe controllare non ha il tempo, la voglia, e soprattutto l’interesse, a controllare…frenato com’è da tutt’ altre priorità. Che sono, per solito – parliamoci chiaro – priorità elettorali, di “casta”.
Quanti altri casi di ragazzi “non raccomandati” – se non “boicottati” – ci sono in Italia che vengono ostacolati, in ragione di “antipatie” personali dirette a “genitori” di ragazzi assolutamente estranei ai motivi di quell’antipatia (ancorchè essa fosse giustificata)? Nel caso di Nicolò De Fraia il pm archiviò l’azione penale che lui stesso aveva avviato perché non riscontrò fattispecie di reato. Ciò non significa però che il percorso agonistico dello stesso Nicolò sia stato in qualche modo facilitato, se non ostacolato. Perfino ai miei tempi di nazionale junior ricordo bene come le lobbies influenzassero le convocazioni per le squadre. C’erano circoli potenti, amici degli amici, e circoli assolutamente ininfluenti. C’erano dirigenti di alcuni tennis club nella commissione classifiche, mentre altri circoli non avevano Santi in Paradiso. Era molto più facile venire convocati ai raduni nazionali giovanili se quei Santi ce li avevi, vi assicuro. E già allora ricordo come un’ attuale figura “importante” nella struttura federale operava per ingraziarsi questo e quello (perchè magari in quel club aveva insegnato lui stesso o un suo parente). Non crediate che le cose siano cambiate in meglio. Purtroppo. Gli esempi poco sopra evidenziati dovrebbero bastare per dimostrarlo.
Volevo fare un prologhino, piccolo piccolo all’eccellente articolo di Maurizio Crosetti. Come spesso mi accade, il polpastrello mi ha preso la mano sul computer. Me ne scuso, ma spero ce l’abbiate fatta ad arrivare in fondo, prima di leggere il pezzo che mi ha ispirato il tutto.
L’articolo comparso su Repubblica.it
UN PRESIDENTE federale punito per razzismo è un record impossibile da battere, ma è coerente con il precipizio morale e istituzionale del calcio italiano. Per sei mesi l’Uefa non vuol vedere Carlo Tavecchio neanche in cartolina, ma per l’immagine del nostro sport più amato il danno sarà assai più lungo, molto più dilatato nel tempo. Di quelle banane, di quella sciocca protervia ci dovremo vergognare per anni, forse per sempre.
Dove la Federcalcio ha archiviato grazie al noto insabbiatore Palazzi, il capo dell’Ufficio inchieste smarrite, l’Uefa ha indagato e deciso. Era il minimo, anche se adesso il grottesco Tavecchio vorrebbe far credere a un patteggiamento mai esistito: non faccio ricorso, dice, per chiuderla qui. Invece no, caro presidente. Non si chiude nulla fino al giorno in cui lei resterà inadeguatamente su quella poltrona.
Intanto, le cosiddette istituzioni sono mute e assenti. Tace la classe politica: l’unico rigore, per lei, è quello di Rocchi in area (o forse no), con ricaduta di interrogazioni parlamentari offensive. Questi sarebbero i problemi dell’Italia? E tace anche il Coni, che pure ha un presidente sospeso per una faida di piscine e una tristissima guerra interna. Del resto, anche quando poteva far qualcosa per fermare l’uomo delle banane, Malagò non ha mosso un dito. Vi aspettavate altro?
Il nostro è uno sport malato, allo stadio ci si ammazza, si dileggiano i vivi e i morti, si tifa per il fuoco del Vesuvio. La canizza di Juventus-Roma, compulsioni da Twitter comprese, ben rappresenta l’isterismo e la stupidità dilaganti: se questi sono i protagonisti, non troppo diversi possono essere i loro dirigenti. E si accappona la pelle al pensiero che il Banana, in sede internazionale, sarà sostituito o da Beretta (dirigente di banca, presidente di Lega, vice presidente federale: forse un po’ troppo) oppure dal sobrio Lotito, l’architetto delle riforme, grande elettore di Tavecchio da lui mosso come un pupazzo. È anche vero che il Banana potrà comunque seguire la nazionale pure da sospeso, dunque potrà passare – nel caso – la giacca a vento al suo sodale: alleanze e tepore sono salvi. Sembra una serie tv: “Gli Impresentabili”. Invece è tutto vero, e l’Europa ride di noi.
Maurizio Crosetti