Andy Murray: un campione ritrovato?

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Andy Murray: un campione ritrovato?

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TENNIS PERSONAGGI – Il campione scozzese torna a vincere tornei, parla di politica e consolida il suo rapporto con la coach Mauresmo.

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Judy Murray ha cercato di non irrigidirsi, e volteggiare leggiadra tra un passo di tango e un cha cha cha nella sfida di Strictly Come Dancing (la versione inglese di Ballando con le Stelle). Mentre suo figlio Jamie era sugli spalti, Andy cercava di recuperare le forze in vista della finale di Valencia, dopo aver superato – per la seconda volta, nel terzo match giocato in tre settimane – David Ferrer. Per Judy, così come per Andy, si tratta di vincere una sfida con se stessi. Judy, per apparire meno fredda e distante, e mostrare ai giudici (mai troppo teneri con lei) che una maestra di tennis può (quasi) diventate ballerina. Andy, invece, per risalire la china e – dopo essere uscito dalla top-10 per la prima volta dal giugno 2008 – qualificarsi per le Finali ATP di Londra.

Ma c’è qualcosa che Judy e Andy hanno da poco condiviso: le lacrime dopo la vittoria del campione scozzese al 250 di Shenzen, la prima vittoria in un torneo ATP dopo la trionfale cavalcata a Wimbledon nel 2013. “Andy ha vinto a Shenzen. E sta piangendo. Molto. E così sto facendo anch’io” ha twittato Judy. Tutto questo per la vittoria in un 250, dove Andy non ha peraltro battuto nessun top-20 (il meglio piazzato, Tommy Robredo, era solo numero 22). Possibile?

Possibile, sì, se la storia recente di Murray viene osservata da vicino. Ancora in un gioco di simmetrie, Judy dice del figlio: “È stato un periodo durissimo per lui” mentre Andy parla di se stesso: “È stata una settimana durissima per me“. Le lacrime sono la liberazione da un lungo calvario, fatto di risultati che non arrivano, di cambi di allenatori, persino di dichiarazioni politiche contestate. Per il campione olimpico e vincitore di due titoli dello Slam, vincere a Shenzen, e poi a Vienna (battendo Ferrer) e a Valencia dopo quella straordinaria finale contro Robredo, ha significato riscattare, in parte almeno, una stagione fallimentare. Le finali di Londra sono ad un passo (Murray è ora tra la settima e l’ottava posizione della race): in pochi ci avrebbero scommesso.

Forse, la partnership con Amelie Mauresmo sta cominciando a funzionare. Va dato atto a Murray di non aver avuto paura di mettersi in gioco, scegliendo un coach donna dopo l’infortunio alla schiena. E quanto sta succedendo proprio ora alla squadra spagnola di Davis – con la criticatissima scelta da parte della federazione di un capitano donna – fa capire che non si tratta, nell’ambiente, di una scelta facile. Peraltro, Boris Becker ha fatto notare – in un’intervista al Times – come Amelie non fosse nel box dello scozzese all’Open della Cina, alludendo forse a qualche problema tra i due (ma Amelie era presente a Valencia). Andy, però, si era già espresso con chiarezza sulla sua scelta – “non mi interessa se agli altri giocatori questa scelta piaccia o non piaccia…è stupido” – e i risultati potrebbero, infine, venire dalla sua parte.

Che Andy sia ormai un uomo maturo, con le sue idee e le sue convinzioni lo si era capito anche da una vicenda che col tennis non c’entra nulla. La notte del referendum, Murray twittava per l’indipendenza della Scozia: “la negatività della campagna per il no ha totalmente influenzato la mia posizione sul tema. In attesa dei risultati. Possiamo farcela!“. Siccome gli scozzesi hanno rigettato l’indipendenza – per ora, almeno – la polemica sull’attaccamento di Andy alla bandiera è scoppiata, costringendo la Federazione a difenderlo pubblicamente, e lo stesso Andy a una (parzialissima) retromarcia sulla forma, ma non sulla sostanza delle sue dichiarazioni. In ogni caso, in un contesto dominato dal politicamente corretto, il Murray politico ha rappresentato una boccata d’aria fresca.

Ecco perché le lacrime dopo un 250 non sono solo giustificabili, ma quasi doverose. Per scaricare una tensione portata dentro da tanto tempo e lasciare alla spalle un anno tormentato. Chissà se il ringraziamento a Kim Sears – nelle dichiarazioni sempre dopo Shenzen – potrà essere tema di approfondimento per i tabloid. Per restare al tennis, però, Andy is back. Non ancora ai livelli del 2013, ma certamente non più dove era caduto tra Wimbledon e quest’ultimo scampolo di stagione.

 

 

 

 

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