Caroline Wozniacki, il 2015 è il tempo delle mele

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Caroline Wozniacki, il 2015 è il tempo delle mele

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Il tributo di Nasdaq a Caroline Wozniacki, Times Square, NY 2014
 

TENNIS PERSONAGGI – Caroline Wozniacki è tornata ad alto livello a seguito di due anni di calo netto e un inizio di 2014 difficile, soprattutto sul piano personale. Ripercorriamo la risalita della tennista danese, che, finalmente ritrovata, sembra pronta per cogliere i frutti di tanto lavoro, portato avanti con cuore e dedizione

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Come spesso accade nello sport, le storie di rinascita sono le più belle, le più romantiche. Sono motivo di riflessione, talvolta di smentite. La storia di Caroline Wozniacki comincia con il tiepido risveglio di Eastbourne a metà giugno, il resto quasi non conta se non nella misura in cui ha contribuito a restituirci la giocatrice odierna. Chi vuole vedere ancora in lei un muro, che respinge sempre tutto e comunque, ancora non ha aperto gli occhi, perché la tennista che è tornata in questo 2014 è molto più matura, consapevole quando scende in campo ed esprime un gioco assolutamente intelligente. Non sempre, ma talvolta il dolore diventa energia, volontà di crescita, trasmutazione alchemica.

Tutto un capitolo della sua vita si è concluso a Parigi, il punto di chiusura di una storia, di un’involuzione che pareva portare inevitabilmente allo sbiadire della sua carriera, sino all’offuscamento totale.

La costanza, Caroline, l’ha sempre avuta. Non a caso si concludono sei stagioni consecutive (2009-2014) tra le prime dieci del mondo, due da numero uno (2010 e 2011). Ma nonostante questo ha sempre recitato il ruolo dell’usurpatrice del trono, perché per quanto si possa mantenere una certa continuità di rendimento sul circuito, l’occhio di chi osserva – appassionati o addetti ai lavori che siano – va agli Slam ed una sola finale giocata e persa in cinque anni, nel 2009 a New York, è per certi aspetti troppo poco. Gli ultimi due anni, poi, esclusa la stagione corrente, hanno registrato il netto calo della danese, con un totale di tre titoli, l’ultimo nel torneo International di Lussemburgo.

Una situazione la sua, apparentemente semplice, ma in realtà complessa sotto molti punti di vista. La giocatrice pre 2014, manifestava un insieme di insicurezze tecniche ed emotive – basti pensare all’uso, o meglio al non uso, talvolta scriteriato del dritto -, non solo, quindi, una mancanza di fiducia o di motivazione. A livello Slam, e poi via via nel corso delle ultime stagioni, questo si è sempre tradotto in un’esasperazione di quella tendenza difensiva che conosciamo bene, un gioco quasi rinunciatario, minato dalla paura di prendere il controllo del momento. Quasi una mancanza di appigli, di punti di riferimento che non trovava da nessuna parte, non nel padre, una figura importante, ma tutt’altro che decisiva.

Il gioco più propositivo, avanzato e dinamico di quest’ultima parte di stagione, non è una novità per la danese, che fosse capace di esprimersi a questo livello già si sapeva, ma i match giocati di grinta e a mente sgombra avevano più il sapore dell’estemporaneità. Una rinascita che è un ritrovarsi, in cui il supporto delle persone care e di una presenza amica sul circuito, come Serena Williams, sicuramente ha avuto un ruolo positivo, ma il merito in questi casi non si può confinare al contesto. E’ l’atleta, la persona in primis, a plasmare se stesso e ad avere la capacità di capitalizzare sui contributi positivi e non che si incontrano lungo il percorso.

Ma torniamo ad Eastbourne, la reazione di Caroline alle vicissitudini della propria vita privata è stata chiara, immediata, inaspettata al punto da far credere ad un fuoco di paglia. Ha battuto Camila Giorgi nei quarti, in un match molto sofferto, assimilabile ad una vendetta per quel terzo turno perso a New York l’anno prima, col pubblico dell’Arthur Ashe nettamente schierato con l’italiana; ha raggiunto la semifinale, ma Angelique Kerber le ha sbarrato la strada in tre set. Poi i Championships, passati quasi in silenzio. D’altra parte l’erba di Church Road non le è mai piaciuta molto, anche se è tornata a disputare gli ottavi dopo tre anni e due uscite amare, nel 2013 al secondo turno contro Petra Cetkovska, numero 196 del ranking. Instanbul è il punto di svolta definitivo, il primo titolo stagionale, il 22esimo in carriera, e a farne le spese è stata Roberta Vinci, in finale con un netto 6-1 6-1. A Montreal e Cincinnati, sul cemento che conta, è stata Serena a sbarrarle la strada, rispettivamente nei quarti e in semifinale, a seguito di due durissime battaglie. Così accadrà anche agli US Open, la seconda finale Slam in carriera, nuovamente a New York, ma questa volta sarà un match deludente, veloce, quasi inconsapevole. Per lei, l’incontro migliore disputato a Flushing Meadows resterà l’ottavo strenuamente combattuto contro Maria Sharapova, ma soprattutto le resterà la consapevolezza del poter spingere i limiti del proprio gioco e la soddisfazione del rientro in top ten.

La finale raggiunta agli US Open quasi non conta, Caroline sembra non curarsene, dimentica di ritirare il premio, festeggia la vittoria della propria avversaria, ormai amica inseparabile. Assenza di tensione agonistica? Volersi rifugiare nel conforto di un’amicizia per non pensare al resto? Forse è solo e semplicemente tutto conseguenza di una serenità che troppo era mancata negli ultimi anni. Le WTA Finals, dove è tornata dopo un’assenza di due anni, sono state il giusto epilogo di una stagione a suo modo unica. A Singapore Wozniacki ha disputato un gran torneo e ha raggiunto le semifinali da imbattuta, al comando del proprio girone. Anche se nemmeno in questa occasione è riuscita ad avere la meglio su una Serena Williams capace a sua volta di risorgere nei momenti più critici della propria vita e carriera, bisogna riconoscere il valore di questa tennista, che sì, ha ancora i suoi limiti, specialmente nel gioco di volo, ma resta piuttosto completa e ha dalla sua parte l’intelligenza, la caparbietà e una resistenza fisica che poche possono vantare.

E’ il giorno della festa per Caroline, il 2015 è il tempo delle mele, il momento per guardare al tennis come ad un nuovo amore, migrando tra romanticismo, delusione e spensieratezza. Nel frattempo un fetta della Grande Mela è già sua. New York, città simbolo di rinascita e trasmutazione, l’ha riportata in alto, non solo come atleta, ma anche sul piano umano. Con l’eccellente prestazione alla maratona – chiusa in tre ore e 26 minuti – Wozniacki ha raccolto 83,361 $ per Team for Kids, tenendo fede alle proprie intenzioni con consapevolezza e dedizione. Un ritrovarsi rapido, istintivo, quasi a voler recuperare in un battito il tempo perso. Niente di più comprensibile. Niente di più vero.

“Dreams are my reality the only kind of real fantasy
illusions are a common thing
I try to live in dreams it seems as if it’s meant to be”

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