ATP Finals, i protagonisti. La prima vita di Novak Djokovic

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ATP Finals, i protagonisti. La prima vita di Novak Djokovic

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TENNIS MASTERS – Fortissimo con tutti i colpi e in tutti i campi, spiritoso e a proprio agio anche senza racchetta in mano, il numero 1 del mondo non si fermerà qui. 

Eccolo qui il numero 1, quello che alla fine, quando gli echi dei grandi “vorrei” “potrei” “magari se” si sono placati ti accorgi che ha la coppa in mano. Quello che è capace di sembrare imperforabile, di allungarsi come Mr. Fantastic, di sgretolarti a poco a poco o rapidamente, dipende dalla sua luna. Quello che ti fa sembrare di essergli vicino per poi semplicemente lasciarti dieci metri dietro. Quello che ha la vita più grande del semplice tennis e che quindi non avrà mai i numeri di monomaniaci che non pensano altro.
Non credete troppo alla storia del ragazzino che non andava alla festa perché temeva per il suo tennis, perché se invece della festa ci fosse stato qualcosa di davvero interessante il suo tennis avrebbe aspettato. Novak Djokovic non poteva essere solo un tennista e anche se il grande talento lo ha indirizzato dalle nostre parti, lo ha fatto solo per la prima parte della sua giovane vita. Ce lo ritroveremo presto altrove a fare cose più importanti che inseguire una pallina.
La differenza con gli altri tennisti non è certo data dal suo romanzo di formazione, anche se crescere nella Jugoslavia degli anni ’90 non dev’essere stato piacevole. Ma l’hanno fatto anche Tipsarevic, Troicki, Ivanovic, Jankovic e chissà quanti che non sono arrivati alla notorietà. Ma la reazione agli eventi esterni non può che essere filtrata dalle proprie esperienze formative, e così il giovane Nole ha preso sul serio pericolose istanze nazionaliste, per quanto giustificate dal terribile sopruso al quale amici e parenti sono stati sottoposti. Ma al di là di questo, quello che è rimasto a Djokovic è stata la convinzione che i cambiamenti passano attraverso la capacità di diventare forti. Forse le superficiali critiche di uno statunitense spiritoso ma che non poteva certo sapere di cosa parlava alla fine lo hanno aiutato. Adesso non c’è glutine che tenga. Ma una volta arrivato dove doveva arrivare, una volta chiuso il discorso su chi era davvero il più forte, Djokovic si occupa saltuariamente di tennis, il necessario per rimanere il più forte di tutti ma non abbastanza per vincere sempre ed ovunque. Roba per monomaniaci appunto. Ma non per Novak Djokovic, che vince quando gli serve mostrare al mondo intero che qui comanda lui. Quindi va bene lasciare il Roland Garros – che non sarà mai per lui un’ossessione come lo era per Federer – va bene cedere ad un Wawrinka che non poteva che fargli simpatia, va bene mollare per troppo sole ad uno che potenzialmente è bravo come lui.
Ora si trova a difendere un torneo che ha vinto gli ultimi due anni, per alcuni un torneino per altri l’unico davvero duro perché qui non ci sono bluff devi battere solo gente che ti ha già battuto. Tranne in un caso, in cui guarda caso c’entra proprio Djokovic. Solo lui può complicarsi il cammino verso quello svizzero che pensa solo al tennis anche se c’è gente dall’altra parte che può far male ma che è stata maltrattata una decina di giorni fa. Chissà in che mood sarà Nole Djokovic uno che non scherza mai, soprattutto quando scherza. Chissà se avrà voglia di ricordare che lui è Novak Djokovic, il numero 1 del mondo e che l’altra vita a cui è destinato può aspettare ancora un po’.

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