ATP Finals, i protagonisti: I dolori del giovane Andy Murray

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ATP Finals, i protagonisti: I dolori del giovane Andy Murray

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TENNIS MASTERS – Giocatore di infinito talento, lo scozzese ha avuto un gran finale di stagione raggiungendo la posizione numero 6 in classifica. La sensazione è che tra 10 giorni sarà ancora più in alto. 

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Cosa ci fa l’ufficiale dell’ordine dell’impero Andrew Barron Murray fuori dai primi 4? Perché non ha vinto almeno il doppio dei suoi due poveri titoli dello slam? Perché non batte più Djokovic? Perché non batte Nadal? Perché batte Federer solo quando conta poco? Se essere Berdych non deve essere semplice stare nella testa del più forte giocatore britannico degli ultimi 80 anni deve essere allora una specie di inferno. Vincitore dello Us Open Juniores il giovane Andy fa vedere abbastanza presto l’immenso talento di cui dispone. A soli 18 anni utilizza una wild card a Wimbledon superando uno come Stepanek e vincendo qualcosa come 8 set di fila prima di crollare fisicamente contro David Nabaldian, non proprio uno di quelli passati dal centre court casualmente. L’anno dopo è già in grado di sconfiggere il finalista dell’anno precedente e chiudere la stagione tra i primi 20. Solo un infortunio ne ferma parzialmente la corsa ma nel 2008 si trova a giocare proprio la finale dello slam vinto da juniores. Dovrà aspettare 4 anni per aggiudicarselo e non sa che quella lunga attesa concluderà anche il digiuno britannico nei tornei dello slam. Ma non si nasce oltremanica per vincere il torneo statunitense ma solo per vincere Wimbledon. Fatte le prove generali nel 2012, con finale e vittoria olimpica nel giro di un mese, il 2013 è l’anno buono. Andy vince in tre set contro il rivale/amico di sempre che forse non se la sente di interrompere una favola. Ma Murray, arrivato in cima con l’aria sofferente di chi ha sempre qualche problema troppo serio per poterne parlare, decide di attenuarne qualcuno operandosi alla schiena. Il ritorno non è proprio un calvario ma è pieno di problemi. A Wimbledon si rende protagonista del riscaldamento più misterioso della storia del tennis sul quale ancora non si è fatta troppa luce, poi scivola inesorabilmente. Fa vedere sprazzi in cui sembra ingiocabile per chiunque, come quando sbatacchia per un intero set sulla terra rossa Nadal, alternata a partite perse senza neanche cominciare a giocarle, come la semifinale a Parigi. A New York perde l’ennesima partita con Djokovic dopo averlo dominato per quasi due ore poi trova un’insospettabile dedizione per raggiungere le Finals di casa sua. Quando perde con Ferrer a Shanghai decide che è il momento di fare sul serio, non lascia per strada più nulla, solo qualche lacrima dopo aver vinto Shenzhen, lui che aveva vinto Wimbledon. La lunga rincorsa viene premiata e una volta raggiunto l’obiettivo si ferma, quale migliore occasione che farlo proprio contro l’amico serbo?

Quando si parla di Andy Murray meglio fare molta attenzione perché è uno dei pochissimi giocatori che scendono in campo potendo pensare che il risultato finale, alla fine, dipende soltanto da lui. Dipende da lui decidere di schiodarsi da fondocampo e venire un paio di metri più avanti e a seconda della voglia che avrà sarà questo a decidere il risultato della partita, non altro. Il girone in cui è capitato per lui non sarà forse una passeggiata ma a Nishikori Murray ha lasciato 14 game in tre partite. Certo, era un altro Nishikori e nessuno a che Murray ci sarà in campo, ma la sensazione è che il giapponese non ha avuto proprio un bel regalo dal sorteggio. Ma se capiti con Andrew Barron Murray la sensazione di non aver avuto fortuna ce l’hanno tutti. Persino Federer.

 

 

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