Interviste
Forget: “Fognini deve gestire le emozioni, come Borg e Federer da giovani”

TENNIS INTERVISTE – In occasione del BNP Paribas Masters di Parigi-Bercy abbiamo intervistato Guy Forget, il direttore del torneo. Si è parlato dei lavori di ristrutturazione dello stadio, di Lucas Pouille, Fabio Fognini e dei suoi amici italiani Omar Camporese, Paolo Canè e altri ancora
Durante l’ultimo Masters 1000 della stagione, abbiamo intervistato Guy Forget, direttore del BNP Paribas Masters. Con la gentilezza e il sorriso che lo contraddistinguono, il campione di Coppa Davis del 1991 e del 1996, dell’edizione di Bercy del 1991, nonché ex n. 4 del mondo, ci ha descritto la nuova veste che “indosserà” il torneo nel 2015. Ci ha parlato dell’exploit di Lucas Pouille, Fabio Fognini, del suo affetto e ammirazione per l’Italia e altro ancora. E, per una volta, non abbiamo parlato della Coppa Davis. Incontro ravvicinato con un gran signore del tennis.
Quali sono stati i cambiamenti effettuati in seno al torneo quest’anno rispetto all’anno scorso ?
Non ci sono stati molti cambiamenti; quello più significativo è costituito dai lavori in corso per la ristrutturazione dello stadio che ci permetterà di svolgere l’edizione 2015 del BNP Paribas Masters in uno stadio totalmente nuovo, dotato di un palazzo dello sport tra i più grandi d’Europa. Il Palais ha almeno 30 anni e aveva bisogno di essere rimodernato e “rinfrescato”, per così dire. Per fortuna, la città di Parigi e la direzione del Palais Omnisports ci hanno permesso di poter svolgere il torneo interrompendo i lavori durante l’evento. Saranno poi terminati nell’ottobre 2015 per permetterci di avere il torneo in uno stadio completamente nuovo. Sarebbe stato estremamente complicato e impensabile rinunciare a un’edizione del BNP Paribas Masters, essendo esso un Masters 1000. C’è stato qualche cambiamento per quanto riguarda l’accoglienza dei giocatori, all’ingresso; la sala principale è ancora rimasta la stessa. Inoltre, per ora, fuori dallo stadio, l’accesso all’ingresso riservato al pubblico è un po’ diverso e un po’ meno “estetico”. Inoltre abbiamo dovuto costruire, solo per la settimana del torneo, una sorta di “villaggio” per tutti i nostri partners e sponsor, con una struttura a “tendone” seppur di altà qualità.
È vero che il progetto del nuovo Palais è stato presentato in modo molto chiaro durante la conferenza stampa ma, per quanto riguarda i lavori, ci saranno, per esempio, cambiamenti riservati allo spazio dedicato ai media e alla sala stampa?
Sì, certo. Lo scopo principale dei lavori per l’anno prossimo e quello di accogliere nelle migliori condizioni possibili tutte le categorie del pubblico presenti al torneo e non solo i giocatori. I partners, i media, gli spettatori, potranno usufruire di una zona molto più spaziosa, confortevole e moderna dal punto di vista tecnico. La sala stampa sarà ulteriormente collegata con la rete internet, dotata di telefoni, computer, ecc. Sono sicuro che, per quanto riguarda lo spazio dedicato ai media, ci saranno dei miglioramenti notevoli.
In ogni caso i giornalisti ci si trovano bene e sono sempre ben accolti in questo torneo. Una cosa che ho potuto notare è la qualità del servizio catering. Quali sono i criteri per scegliere il catering ideale per una manifestazione come questa?
Abbiamo voglia di offrire al pubblico in generale (partners, giocatori, giornalisti) un servizio di alta qualità. Ora, è chiaro che non siamo un ristorante a tre stelle, ma è fondamentale che un torneo importante come un Masters 1000 possa offrire la qualità e il confort. La gastronomia è un aspetto significativo di questa ricerca della qualità e puntiamo al fatto che, anche le persone che vengono dall’estero, si possano sentire a proprio agio anche a tavola. Cerchiamo di fare attenzione. Non possiamo competere con i grandi tornei come, per esempio, Indian Wells o Roma che hanno a disposizione vasti spazi, hanno tanti campi, sono magnifici e si gioca outdoor! Noi abbiamo un torneo più piccolo in termini di estensione, lo spazio è limitato. Anche il tabellone è ridotto, con un numero inferiore di giocatori. È per questo che cerchiamo di puntare moltissimo sulla qualità dei servizi. Sono contento che lei mi parli del cibo perché anche i giocatori mi hanno rivolto la stessa osservazione al ristorante. Cerchiamo quindi di mantenere questo criterio qualitativo anche nei pasti.
Anche se manca Nadal, che deve operarsi d’appendicite, anche quest’anno il tabellone è al completo, e questo nonostante un calendario denso con le date ravvicinate delle Finals e della finale di Coppa Davis…
Una cosa molto positiva è che l’Atp abbia accettato di spostare il Masters di Londra di una settimana. Questo permette ai giocatori che devono partecipare alle Finals di fare una pausa e arrivare a Londra più riposati. L’anno scorso alcuni hanno dovuto rinunciare a Bercy per preservarsi per Londra.
Un commento sul bell’exploit di Lucas Pouille…prima con Ivo Karlovic e poi con Fabio Fognini…
È curioso perché Lucas Pouille gioca bene già da un bel po’. Io l’ho visto giocare due anni fa e giocava già benissimo. Credo che a volte ci sia una barriera psicologica quando si entra nel circuito dei grandi tornei. Sì, giocava bene, aveva qualche wild card ma gli mancava ancora un qualcosa in più. È un ragazzo estremamente serio e rigoroso nel suo modo di considerare l’allenamento e la preparazione. Con il suo coach, Emmanuel Planque, che è un ottimo allenatore, sta facendo davvero un buon lavoro. E quest’anno sembra che abbia raggiunto una buona condizione generale: stava bene fisicamente e la sua tecnica è migliorata. Dal punto di vista mentale è stato capace di relativizzare la grande posta in gioco di un torneo come questo. E nelle qualificazioni ha giocato benissimo, ha battuto Nieminen che è un buon giocatore e si è reso conto di essere competitivo con i Top 100 o 60. Poi ha incontrato Karlovic, che possiede un gioco molto particolare, che ha una buona classifica ma che se si riesce a rispondere al suo servizio si hanno buone chance di batterlo. E infatti ha vinto. E penso che si sia reso conto di aver superato un’ulteriore barriera. E poi ha vinto contro Fognini. Fabio è spesso incostante, in certi match gioca bene, poi ha dei passaggi a vuoto e so che gli allenatori hanno detto a Lucas di rimanere concentrato e di non innervosirsi perché aveva la possibilità di vincere. L’ha fatto e credo che oggi stia dimostrando una certa maturità per la sua giovane età. Penso che questo torneo sia stato un trampolino per lui e che abbia imparato molto. E credo che sentiremo parlare di lui.
A proposito di Fabio Fognini, cosa pensa di quello che è successo con l’arbitro Bernardes?
È difficile dare un giudizio…Innazitutto non ho sentito quello che è successo esattamente. So che Fabio è un ragazzo molto impulsivo, che parla molto in campo. Quando si gioca e si sta perdendo, a volte si dicono cose che non si pensano veramente. È vero che in passato si è creato un po’ la reputazione di un giocatore non facile da arbitrare. Penso che l’arbitro si sia un po’ arrabbiato…Si sono stretti la mano alla fine?
Sì, poi si sono stretti la mano….
Ah ecco. Non lo conosco bene ma penso sia un ragazzo molto gentile, cordiale. Peccato perché fa fatica a gestire le proprie emozioni in campo e credo sia per questo che non ha ancora raggiunto la top 10 e che a volte perda dei match che non dovrebbe perdere. Speriamo che questo lo faccia riflettere e reagire, come hanno fatto Borg e Federer quando era molto giovani. È come quando si vuole smettere di fumare: il fumatore un giorno mette il cerotto, poi fa l’agopuntura e poi ancora ricorre alla sigaretta elettronica. Ma il giorno che decide veramente di smettere, dice “Basta” e non tocca più una sola sigaretta. È in questi momenti che si cambia veramente. Lui deve fare la stessa cosa. Dovrà fare lo stesso percorso se vuole fare ulteriori progressi nel tennis. Ha un’ottima condizione fisica, ha talento, ha tutto per giocare bene.
Che cosa significa per lei il riconoscimento attribuito al torneo di Bercy per i 25 anni nel circuito Atp ?
È stato un bel momento. Questo prova che la Federazione desiderava avere a Parigi, oltre al Roland Garros, un altro grande evento. Penso sia una vetrina formidabile per promuovere il tennis, dare la possibilità ai giovani promettenti con le wild card, come è successo a Lucas Pouille che, forse, da adesso avrà una bella carriera, proprio perché ha avuto questa possibilità. Siamo molto felici di essere qui da 25 anni e speriamo di farlo per altri 20 anni ! Certo non è facile, con gli altri grandi tornei che fanno la concorrenza. Bercy è l’unico Masters 1000 indoor e siamo in competizione con altre manifestazioni come Madrid, Roma, Indian Wells. Non abbiamo le stesse dimensioni, lo stesso numero di giocatori. Allora ci proviamo, facciamo di tutto perché i giocatori siano contenti e speriamo di continuare così il più a lungo possibile.
Il suo presente è quello di direttore del BNP Paribas Masters di Bercy; il suo passato recente è stato di capitano della squadra francese di Coppa Davis. Il suo futuro potrebbe essere quello di un allenatore di un giocatore o una giocatrice ? Ci ha già pensato e, se fosse così, che tipo di coach sarebbe?
Sì, ci avevo già pensato. Non ho potuto farlo prima perché facevo già altre cose. È certamente una cosa eccitante e appassionante trasmettere la propria esperienza ad un giocatore giovane. Che tipo di allenatore sarei? Penso che ci metterei molta passione e sarei molto esigente. Conosco gli sforzi che bisogna produrre quando si è un tennista professionista ed è triste quando dei giovani talentuosi sprecano il loro tempo commettendo delle sciocchezze e ingenuità. E quindi poi perdono gli incontri perché ci sono talmente tante cose che non sono state rispettate. Penso che la partita sia il riflesso del modo in cui ci si allena e un giocatore che non si allena bene, non gioca bene. E, generalmente, coloro che giocano bene e sono costanti, sono quelli che sono estremamente professionali. Penso dunque che sarei esigente sulla preparazione del torneo; poi bisogna essere anche un po’ psicologi e invogliare a lavorare. È un mestiere appassionante ma difficile.
Cosa pensa del fatto che Andy Murray abbia scelto Amélie Mauresmo come coach?
Il mestiere di allenatore non è legato al sesso dell’uno o dell’altro. È legato alle competenze e al messaggio che viene trasmesso al giocatore. Amélie è una ragazza molto intelligente, che adora il tennis e lo conosce molto bene. Oggi penso sia stata coraggiosa ad accettare questa “sfida” quando sappiamo bene la pressione che può avere Andy Murray in Inghilterra. È una buona cosa, e credo che lei sia in grado di dare molto ad Andy. Io voglio molto bene ad Amélie e spero davvero che abbiamo grandi risultati insieme.
Lei è una personalità molto apprezzata nell’ambito del tennis italiano. Qual è il suo rapporto con l’Italia? Ci va ogni tanto? La conosce bene?
Purtroppo ora non ho molte occasioni di andarci. Quando giocavo ci andavo molto spesso perché disputavo il torneo di Milano, Roma e quando ero junior, il Trofeo Bonfiglio. Del resto, avevo vinto il Bonfiglio e, all’epoca, il vincitore, otteneva la wild card per il Foro Italico. Quindi, la prima volta che ho giocato agli Internazionali d’Italia, ero nel main draw, era fantastico ! È come se oggi un campione junior avesse la wild card per entrare nel tabellone principale del Masters 1000 di Roma ! E ho disputato il primo turno contro un ragazzo del Paraguay che era top 50, credo si chiamasse Francisco Gonzales; ho vinto 6-4 6-3 e ho preso subito dei punti Atp. Erano molti punti e per me è stata una cosa incredibile! Ogni anno mi piaceva tantissimo andare in Italia. Io sono di Marsiglia, nel sud della Francia, ho una mentalità meridionale, sono tifoso dell’Olympique Marseille. A Marsiglia, come in Italia, amiamo il mare, la buona gastronomia, divertirsi e, per questo, l’Italia mi è sempre piaciuta tanto; ritrovavo il temperamento della Provenza. Mi piaceva lo stile degli italiani nel vestirsi. E poi apprezzavo il buonumore degli italiani. Giocavo spesso con amici come Paolo Canè, Omar Camporese, Fioroni e avevano sempre voglia di ridere e scherzare. Mi trovavo bene con i giocatori italiani come Panatta e Cancellotti. Noi francesi siamo sempre andati d’accordo con i tennisti italiani. Adoravo giocare in Italia. Le ragazze erano sempre molto carine, graziose ed eleganti. I francesi e gli italiani hanno parecchie cose in comune per questo: ci piace mangiare, vestirci bene; e direi perfino che questi aspetti sono forse più affermati tra gli italiani che tra i francesi. C’è una certa raffinatezza in Italia. Ho avuto, insomma, sempre uno sguardo affettuoso nei confronti dell’Italia.
Flash
Iga Swiatek saluta Miami: “L’infortunio? Niente di grave, è precauzione”. E sulla partnership con il marchio di Federer…
La numero uno del mondo dopo il forfait per un problema alle costole: “So che perderò tanti punti, ma l’ho messo in preventivo”

Iga Swiatek, subito dopo aver annunciato il suo forfait dal WTA 1000 di Miami, si è presentata in conferenza stampa presso la sede del torneo per spiegare al meglio i motivi della sua decisione, dovuta a un infortunio alle costole. La campionessa in carica saluta il torneo della Florida ancor prima di iniziarlo: ecco come la polacca ha illustrato approfonditamente la sua situazione, già illustrata peraltro sui social.
D: Iga, parlaci rapidamente della situazione.
Swiatek: “Ho aspettato fino all’ultimo minuto. Stavamo cercando di capire se è un tipo di infortunio con cui si può giocare o se invece si rischia di peggiorare la situazione facendolo. Quindi penso che la cosa più intelligente da fare sia chiamarsi fuori dal torneo perché voglio riposare e prendermi cura della situazione”.
D: A Indian Wells avevi detto che non eri sicura di poter giocare qui. Quando è successo che ti sei infortunata e sai come hai fatto a farti male?
Swiatek: “Non è una cosa che è successa in un secondo. Non è una cosa seria davvero perché l’abbiamo trovata presto. E’ stato un processo. Dapprima con questi fastidi minori il tuo corpo riesce ad andare avanti senza sentire niente. Ma negli ultimi game del match contro Cirstea ho iniziato ad avvertire dolore. Ho comunque deciso di finire il torneo di Indian Wells”.
D: E’ un infortunio muscolare? O osseo? Puoi darci dei dettagli?
Swiatek: “No, non voglio. Come ho detto, l’abbiamo scoperto in fretta. Da una parte vuoi continuare a giocare, dall’altra sono quel tipo di persona che sa che trascurare un problema può essere pericoloso per il futuro. Quindi volevo farmi vedere da un dottore il prima possibile. Ho approcciato la cosa mettendo la sicurezza al primo posto e per questo ho deciso di ritirarmi dal torneo”.
D: Ti fa male tutto il tempo? Solo quando respiri? Come ti senti?
Swiatek: “No, solo quando faccio certi movimenti mi fa male. Un po’ quando servo, ma riesco a fare tante cose. Se tutto va bene, non sarà uno stop lungo. Non sono preoccupata e non è un dolore terribile. Solo che so che sarebbe peggiorato continuando a giocare”.
D: Hai iniziato qualche terapia?
Swiatek: “Faccio fisioterapia sempre, viaggio con un fisioterapista in ogni torneo, mi prendo cura di me stessa. Ma queste cose non riesci a controllarle. Ho iniziato una terapia, ho avuto un consulto con i medici ed è venuto fuori che la cosa migliore è riposare. Inizierò a fare esercizi per prevenire altri problemi”.
D: Parlando di altri temi, pensi che tu, Rybakina e Sabalenka stiate scavando un solco rispetto altre altre?
Swiatek: “Difficile domanda perché ci sono tante giocatrici che producono un gran tennis. L’anno scorso dicevate questo di me e Jabeur. Abbiamo bisogno di un paio di mesi ancora per capire bene queste cose. Sono consapevole che ciascuna di noi può vincere tornei. Voglio essere al 100% per poter fronteggiare tutte le mie avversarie. Non faccio questo tipo di analisi. Ho giocato diverse volte contro Aryna, credo sei volte nel 2022, e contro Elena già due volte quest’anno. Forse stanno nascendo delle rivalità. Ma ci sono altre giocatrici che possono performare molto bene”.
D: Sai quando potrai tornare in campo? Hai pensato alle implicazioni relative al ranking?
Swiatek: “Ovviamente perderò tutti i punti di questo torneo, ma ciò non cambia nulla per quanto riguarda approccio e mentalità. Già da inizio stagione ero consapevole del fatto che sarebbe stata dura difendere tutti questi punti perché non è che tutti gli anni ti riesce di vincere un sacco di tornei di fila. Sto cercando di fare il mio lavoro al meglio per giocare meglio che posso. Sicuramente perdere tutti i punti di questo torneo non aiuta. Ma gli infortuni succedono. Non ne avevo da tre anni. Non è fortuna, perché c’è di mezzo anche tanto lavoro mio e del mio team. Per adesso, perdo questo torneo. Vedremo cosa succederà poi. Dipende dal recupero. Per adesso non è uno scenario terribile”.
D: Quanto ti dispiace non poter difendere il titolo visti i ricordi dello scorso anno?
Swiatek: “L’anno scorso fu un torneo meraviglioso, mi diede la convinzione di poter giocare in ogni circostanza e in ogni condizione perché qui è tutto diverso da Indian Wells ma mi sono saputa adattare in fretta. Ho solo bei ricordi qui. Ma ricordo che dal punto di vista fisico è stato tutto molto dispendioso. Mi sarebbe piaciuto poter difendere il titolo, ora non è possibile ma avrò tante altre opportunità di giocare qui”.
D: Sulla nuova giacca…
Swiatek: “Ti piace?”
D: Elegante.
Swiatek: “Grazie (risata)”.
D: Puoi darci qualche accenno su come funziona il processo decisionale riguardante un cambio di sponsor? Hai scelto un’azienda in cui è coinvolto Federer, il fatto che ci sia lui di mezzo ha influito sulla sua decisione?
Swiatek: “Dal mio punto di vista, il fatto che Roger ci sia è un segnale del fatto che è qualcosa di raccomandato per i tennisti. Penso che stiano facendo un gran lavoro nell’andare avanti a firmare accordi con i giocatori. Sono piuttosto felice che abbiamo siglato questa partnership perché penso che condividiamo determinati valori. Loro amano un approccio personale con i giocatori. Mi trattano prima come una persona piuttosto che come una macchina sforna-vittorie. Sentire questo tipo di supporto ti fa piacere. Sono felice di aver iniziato questo nuovo capitolo”.
D: Come è nata l’idea? Federer ti ha parlato direttamente?
Swiatek: “No, non abbiamo parlato all’inizio. Peraltro non ci siamo mai incontrati di persona perché quando io ho iniziato a giocare sul tour, lui era alle prese con gli infortuni. Il processo è stato normale, loro hanno contattato me e i miei agenti, e ne abbiamo parlato. L’idea non è venuta parlandone con Roger”.
ATP
Sinner felice: “Le sfide con Alcaraz mi rendono un giocatore migliore. Lui è a un livello più alto”
“Sto lavorando tanto in palestra e ho riscontri positivi” così Jannik Sinner sul suo stato di forma, in vista del 1000 di Miami

Gli incontri tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz cominciano a segnare un’epoca nella quale si sentiva la necessità di una nuova rivalità. Questa è sana e coinvolge due giovanissimi tennisti di grande prospettiva; e come ha confermato anche lo spagnolo si aiutano a progredire a vicenda. La semifinale di Indian Wells è stata combattuta nel primo set con gli episodi decisivi che hanno segnato, a favore dello spagnolo, l’inizio del secondo. L’intero percorso del Masters 1000 californiano è stato entusiasmante per l’azzurro, capace di battere anche il n. 5 in classifica Taylor Fritz. Ma come si sente Jannik: “Ho iniziato la stagione abbastanza bene con la vittoria di Montpellier, poi ho fatto finale a Rotterdam e semifinale al Master1000 di Indian Wells“.
“Sto cercando di migliorarmi in ogni fase del torneo – spiega Sinner ai microfoni dell’ATP – e l’unica cosa che posso controllare ora è quella di essere felice della posizione in cui sono. Ma ovviamente non sono appagato e voglio sempre di più da me stesso. So che se gioco il mio miglior tennis riesco a competere con i migliori ed è un grande stimolo per me. E’ tutta mentale la partita che sto disputando e da inizio stagione la sto vincendo“.
Su cosa sta lavorando il n. 1 azzurro in questa fase? “Dato che sono ancora giovane, ho 21 anni, stiamo lavorando sodo fisicamente e sto provando a miscelare un’alternanza di cambi che possa darmi dei vantaggi. Sto lavorando tanto in palestra e in campo riscontro sensazioni positive più importanti di quelle che respiravamo un anno fa“.
Carlos Alcaraz ora è avanti 3-2 nei confronti diretti con Sinner: “Ogni volta che giochiamo – racconta Jannik – diamo vita a belle partite. Carlos mi rende un giocatore migliore, mi spinge a giocare al limite delle mie possibilità. Lui è su un livello più alto del mio, attualmente, tanto da meritare la prima posizione nel ranking. Siamo entrambi giovani e possiamo crescere ancora. Intanto, ho fatto tanti complimenti a lui e alla sua squadra“.
Flash
WTA Miami, Azarenka: “Iga dice che c’è tensione nello spogliatoio? Io non l’ho vista”
“Le mie aspettative sono le stesse ovunque vada” così la tennista bielorussa Victoria Azarenka, prossima avversaria di Giorgi. “Preferivo la sede di Key Biscayne ma capisco la necessità di trasferirsi”

A 33 anni, Victoria Azarenka si appresta a partecipare per la 14esima volta al WTA 1000 di Miami, torneo che ha vinto tre volte in passato (2009, 2011 e 2016). Attualmente è numero 16 del mondo e, saltando il primo turno in quanto testa di serie, affronterà Camila Giorgi (vittoriosa ieri del match femminile più lungo dell’anno). La tennista bielorussa ha incontrato la stampa durante il media day e queste sono le sue risposte.
Bentornata a Miami, hai disputato grandi tornei qua nel passato. Cercherai di divertiti quest’anno?
AZARENKA: Sono emozionata, sì. Ho giocato qua tante volte, forse troppo. Ho diverse sensazioni prima dell’inizio del torneo ma sono pronta a quello che mi attende. Sono felice di cominciare il torneo.
Preferisci la precedente sede di Key Biscayne o l’Hard Rock Stadium?
AZARENKA: Io preferisco Key Biscayne ma capisco le necessità che hanno portato a questo spostamento. Lo rispetto e penso fosse la decisione corretta. Personalmente mi piaceva l’atmosfera di prima, più intima, come guidare lungo il ponte ogni giorno, che era una cosa che amavo fare. Ma ripeto è meglio per il torneo, e hanno voluto facilitare la cosa ai fans spostandosi qua in un impianto più grande.
Qual è il tuo obbiettivo e le tue aspettative a Miami?
AZARENKA: Sono le stesse ovunque vada, vincere. Le mie aspettative sono cercare di lavorare duro e focalizzarmi sul presente. Ma cerco sempre di ottenere il massimo, e l’obbiettivo è sempre vincere.
Guardandoti indietro quali sono le principali differenze rispetto a prima? Cosa è cambiato dal punto di vista mentale e fisico?
AZARENKA: Io non penso sia cambiato molto. Me l’hanno chiesto tante volte e ho risposto altrettante. Non sono il tipo di persona che si guarda indietro troppo perché non c’è ragione di fare questo. Non cerco di capire come mi sentivo tanto tempo fa perché mi sono evoluta come giocatrice e come essere umano, ho imparato. Voglio solo accettare dove sono adesso e cercare di migliorarmi e sentirmi al massimo del mio potenziale. Voglio solo stare nel momento e continuare a migliorarmi perché se smetti di migliorare non vinci più.
A Indian Wells c’è stato l’episodio del ritiro di Tsurenko, Iga (Swiatek) ha detto che c’era un po’ di apprensione negli locker room, e ne hanno parlato anche nel consiglio dei giocatori. Volevo sapere i tuoi pensieri riguardo alla vicenda.
AZARENKA: Personalmente non ho visto questa tensione. Sicuramente ci sono giocatrici che hanno differenti comportamenti e sensazioni diverse, ma in generale non mi sento di condividere l’opinione di Iga. Personalmente mi sento di incoraggiare lei a guardare le cose che sono state fatte prima di fare commenti, e spero che il tour e il consiglio delle giocatrici possa aiutarla nel mostrarle tutto quanto è stato fatto. Questo credo sia il modo migliore per affrontare queste circostanze insieme. Io non l’ho vista personalmente, ma questo è l’obiettivo che vorremmo raggiungere come gruppo. […] Mi spiace che queste cose siano diventante più interessanti nelle conferenze rispetto al nostro sport.