Forget: "Fognini deve gestire le emozioni, come Borg e Federer da giovani"

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Forget: “Fognini deve gestire le emozioni, come Borg e Federer da giovani”

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TENNIS INTERVISTE – In occasione del BNP Paribas Masters di Parigi-Bercy abbiamo intervistato Guy Forget, il direttore del torneo. Si è parlato dei lavori di ristrutturazione dello stadio, di Lucas Pouille, Fabio Fognini e dei suoi amici italiani Omar Camporese, Paolo Canè e altri ancora

Durante l’ultimo Masters 1000 della stagione, abbiamo intervistato Guy Forget, direttore del BNP Paribas Masters. Con la gentilezza e il sorriso che lo contraddistinguono, il campione di Coppa Davis del 1991 e del 1996, dell’edizione di Bercy del 1991, nonché ex n. 4 del mondo, ci ha descritto la nuova veste che “indosserà” il torneo nel 2015. Ci ha parlato dell’exploit di Lucas Pouille, Fabio Fognini, del suo affetto e ammirazione per l’Italia e altro ancora. E, per una volta, non abbiamo parlato della Coppa Davis. Incontro ravvicinato con un gran signore del tennis.

Quali sono stati i cambiamenti effettuati in seno al torneo quest’anno rispetto all’anno scorso ?
Non ci sono stati molti cambiamenti; quello più significativo è costituito dai lavori in corso per la ristrutturazione dello stadio che ci permetterà di svolgere l’edizione 2015 del BNP Paribas Masters in uno stadio totalmente nuovo, dotato di un palazzo dello sport tra i più grandi d’Europa. Il Palais ha almeno 30 anni e aveva bisogno di essere rimodernato e “rinfrescato”, per così dire. Per fortuna, la città di Parigi e la direzione del Palais Omnisports ci hanno permesso di poter svolgere il torneo interrompendo i lavori durante l’evento. Saranno poi terminati nell’ottobre 2015 per permetterci di avere il torneo in uno stadio completamente nuovo. Sarebbe stato estremamente complicato e impensabile rinunciare a un’edizione del BNP Paribas Masters, essendo esso un Masters 1000. C’è stato qualche cambiamento per quanto riguarda l’accoglienza dei giocatori, all’ingresso; la sala principale è ancora rimasta la stessa. Inoltre, per ora, fuori dallo stadio, l’accesso all’ingresso riservato al pubblico è un po’ diverso e un po’ meno “estetico”. Inoltre abbiamo dovuto costruire, solo per la settimana del torneo, una sorta di “villaggio” per tutti i nostri partners e sponsor, con una struttura a “tendone” seppur di altà qualità.

È vero che il progetto del nuovo Palais è stato presentato in modo molto chiaro durante la conferenza stampa ma, per quanto riguarda i lavori, ci saranno, per esempio, cambiamenti riservati allo spazio dedicato ai media e alla sala stampa?
Sì, certo. Lo scopo principale dei lavori per l’anno prossimo e quello di accogliere nelle migliori condizioni possibili tutte le categorie del pubblico presenti al torneo e non solo i giocatori. I partners, i media, gli spettatori, potranno usufruire di una zona molto più spaziosa, confortevole e moderna dal punto di vista tecnico. La sala stampa sarà ulteriormente collegata con la rete internet, dotata di telefoni, computer, ecc. Sono sicuro che, per quanto riguarda lo spazio dedicato ai media, ci saranno dei miglioramenti notevoli.

In ogni caso i giornalisti ci si trovano bene e sono sempre ben accolti in questo torneo. Una cosa che ho potuto notare è la qualità del servizio catering. Quali sono i criteri per scegliere il catering ideale per una manifestazione come questa?
Abbiamo voglia di offrire al pubblico in generale (partners, giocatori, giornalisti) un servizio di alta qualità. Ora, è chiaro che non siamo un ristorante a tre stelle, ma è fondamentale che un torneo importante come un Masters 1000 possa offrire la qualità e il confort. La gastronomia è un aspetto significativo di questa ricerca della qualità e puntiamo al fatto che, anche le persone che vengono dall’estero, si possano sentire a proprio agio anche a tavola. Cerchiamo di fare attenzione. Non possiamo competere con i grandi tornei come, per esempio, Indian Wells o Roma che hanno a disposizione vasti spazi, hanno tanti campi, sono magnifici e si gioca outdoor! Noi abbiamo un torneo più piccolo in termini di estensione, lo spazio è limitato. Anche il tabellone è ridotto, con un numero inferiore di giocatori. È per questo che cerchiamo di puntare moltissimo sulla qualità dei servizi. Sono contento che lei mi parli del cibo perché anche i giocatori mi hanno rivolto la stessa osservazione al ristorante. Cerchiamo quindi di mantenere questo criterio qualitativo anche nei pasti.

Anche se manca Nadal, che deve operarsi d’appendicite, anche quest’anno il tabellone è al completo, e questo nonostante un calendario denso con le date ravvicinate delle Finals e della finale di Coppa Davis…
Una cosa molto positiva è che l’Atp abbia accettato di spostare il Masters di Londra di una settimana. Questo permette ai giocatori che devono partecipare alle Finals di fare una pausa e arrivare a Londra più riposati. L’anno scorso alcuni hanno dovuto rinunciare a Bercy per preservarsi per Londra.

Un commento sul bell’exploit di Lucas Pouille…prima con Ivo Karlovic e poi con Fabio Fognini…
È curioso perché Lucas Pouille gioca bene già da un bel po’. Io l’ho visto giocare due anni fa e giocava già benissimo. Credo che a volte ci sia una barriera psicologica quando si entra nel circuito dei grandi tornei. Sì, giocava bene, aveva qualche wild card ma gli mancava ancora un qualcosa in più. È un ragazzo estremamente serio e rigoroso nel suo modo di considerare l’allenamento e la preparazione. Con il suo coach, Emmanuel Planque, che è un ottimo allenatore, sta facendo davvero un buon lavoro. E quest’anno sembra che abbia raggiunto una buona condizione generale: stava bene fisicamente e la sua tecnica è migliorata. Dal punto di vista mentale è stato capace di relativizzare la grande posta in gioco di un torneo come questo. E nelle qualificazioni ha giocato benissimo, ha battuto Nieminen che è un buon giocatore e si è reso conto di essere competitivo con i Top 100 o 60. Poi ha incontrato Karlovic, che possiede un gioco molto particolare, che ha una buona classifica ma che se si riesce a rispondere al suo servizio si hanno buone chance di batterlo. E infatti ha vinto. E penso che si sia reso conto di aver superato un’ulteriore barriera. E poi ha vinto contro Fognini. Fabio è spesso incostante, in certi match gioca bene, poi ha dei passaggi a vuoto e so che gli allenatori hanno detto a Lucas di rimanere concentrato e di non innervosirsi perché aveva la possibilità di vincere. L’ha fatto e credo che oggi stia dimostrando una certa maturità per la sua giovane età. Penso che questo torneo sia stato un trampolino per lui e che abbia imparato molto. E credo che sentiremo parlare di lui.

A proposito di Fabio Fognini, cosa pensa di quello che è successo con l’arbitro Bernardes?
È difficile dare un giudizio…Innazitutto non ho sentito quello che è successo esattamente. So che Fabio è un ragazzo molto impulsivo, che parla molto in campo. Quando si gioca e si sta perdendo, a volte si dicono cose che non si pensano veramente. È vero che in passato si è creato un po’ la reputazione di un giocatore non facile da arbitrare. Penso che l’arbitro si sia un po’ arrabbiato…Si sono stretti la mano alla fine?

Sì, poi si sono stretti la mano….
Ah ecco. Non lo conosco bene ma penso sia un ragazzo molto gentile, cordiale. Peccato perché fa fatica a gestire le proprie emozioni in campo e credo sia per questo che non ha ancora raggiunto la top 10 e che a volte perda dei match che non dovrebbe perdere. Speriamo che questo lo faccia riflettere e reagire, come hanno fatto Borg e Federer quando era molto giovani. È come quando si vuole smettere di fumare: il fumatore un giorno mette il cerotto, poi fa l’agopuntura e poi ancora ricorre alla sigaretta elettronica. Ma il giorno che decide veramente di smettere, dice “Basta” e non tocca più una sola sigaretta. È in questi momenti che si cambia veramente. Lui deve fare la stessa cosa. Dovrà fare lo stesso percorso se vuole fare ulteriori progressi nel tennis. Ha un’ottima condizione fisica, ha talento, ha tutto per giocare bene.

Che cosa significa per lei il riconoscimento attribuito al torneo di Bercy per i 25 anni nel circuito Atp ?
È stato un bel momento. Questo prova che la Federazione desiderava avere a Parigi, oltre al Roland Garros, un altro grande evento. Penso sia una vetrina formidabile per promuovere il tennis, dare la possibilità ai giovani promettenti con le wild card, come è successo a Lucas Pouille che, forse, da adesso avrà una bella carriera, proprio perché ha avuto questa possibilità. Siamo molto felici di essere qui da 25 anni e speriamo di farlo per altri 20 anni ! Certo non è facile, con gli altri grandi tornei che fanno la concorrenza. Bercy è l’unico Masters 1000 indoor e siamo in competizione con altre manifestazioni come Madrid, Roma, Indian Wells. Non abbiamo le stesse dimensioni, lo stesso numero di giocatori. Allora ci proviamo, facciamo di tutto perché i giocatori siano contenti e speriamo di continuare così il più a lungo possibile.

Il suo presente è quello di direttore del BNP Paribas Masters di Bercy; il suo passato recente è stato di capitano della squadra francese di Coppa Davis. Il suo futuro potrebbe essere quello di un allenatore di un giocatore o una giocatrice ? Ci ha già pensato e, se fosse così, che tipo di coach sarebbe?
Sì, ci avevo già pensato. Non ho potuto farlo prima perché facevo già altre cose. È certamente una cosa eccitante e appassionante trasmettere la propria esperienza ad un giocatore giovane. Che tipo di allenatore sarei? Penso che ci metterei molta passione e sarei molto esigente. Conosco gli sforzi che bisogna produrre quando si è un tennista professionista ed è triste quando dei giovani talentuosi sprecano il loro tempo commettendo delle sciocchezze e ingenuità. E quindi poi perdono gli incontri perché ci sono talmente tante cose che non sono state rispettate. Penso che la partita sia il riflesso del modo in cui ci si allena e un giocatore che non si allena bene, non gioca bene. E, generalmente, coloro che giocano bene e sono costanti, sono quelli che sono estremamente professionali. Penso dunque che sarei esigente sulla preparazione del torneo; poi bisogna essere anche un po’ psicologi e invogliare a lavorare. È un mestiere appassionante ma difficile.

Cosa pensa del fatto che Andy Murray abbia scelto Amélie Mauresmo come coach?
Il mestiere di allenatore non è legato al sesso dell’uno o dell’altro. È legato alle competenze e al messaggio che viene trasmesso al giocatore. Amélie è una ragazza molto intelligente, che adora il tennis e lo conosce molto bene. Oggi penso sia stata coraggiosa ad accettare questa “sfida” quando sappiamo bene la pressione che può avere Andy Murray in Inghilterra. È una buona cosa, e credo che lei sia in grado di dare molto ad Andy. Io voglio molto bene ad Amélie e spero davvero che abbiamo grandi risultati insieme.

Lei è una personalità molto apprezzata nell’ambito del tennis italiano. Qual è il suo rapporto con l’Italia? Ci va ogni tanto? La conosce bene?
Purtroppo ora non ho molte occasioni di andarci. Quando giocavo ci andavo molto spesso perché disputavo il torneo di Milano, Roma e quando ero junior, il Trofeo Bonfiglio. Del resto, avevo vinto il Bonfiglio e, all’epoca, il vincitore, otteneva la wild card per il Foro Italico. Quindi, la prima volta che ho giocato agli Internazionali d’Italia, ero nel main draw, era fantastico ! È come se oggi un campione junior avesse la wild card per entrare nel tabellone principale del Masters 1000 di Roma ! E ho disputato il primo turno contro un ragazzo del Paraguay che era top 50, credo si chiamasse Francisco Gonzales; ho vinto 6-4 6-3 e ho preso subito dei punti Atp. Erano molti punti e per me è stata una cosa incredibile! Ogni anno mi piaceva tantissimo andare in Italia. Io sono di Marsiglia, nel sud della Francia, ho una mentalità meridionale, sono tifoso dell’Olympique Marseille. A Marsiglia, come in Italia, amiamo il mare, la buona gastronomia, divertirsi e, per questo, l’Italia mi è sempre piaciuta tanto; ritrovavo il temperamento della Provenza. Mi piaceva lo stile degli italiani nel vestirsi. E poi apprezzavo il buonumore degli italiani. Giocavo spesso con amici come Paolo Canè, Omar Camporese, Fioroni e avevano sempre voglia di ridere e scherzare. Mi trovavo bene con i giocatori italiani come Panatta e Cancellotti. Noi francesi siamo sempre andati d’accordo con i tennisti italiani. Adoravo giocare in Italia. Le ragazze erano sempre molto carine, graziose ed eleganti. I francesi e gli italiani hanno parecchie cose in comune per questo: ci piace mangiare, vestirci bene; e direi perfino che questi aspetti sono forse più affermati tra gli italiani che tra i francesi. C’è una certa raffinatezza in Italia. Ho avuto, insomma, sempre uno sguardo affettuoso nei confronti dell’Italia.

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