Giornata contro la violenza sulle donne: Lucic, rinascere si può

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Giornata contro la violenza sulle donne: Lucic, rinascere si può

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TENNIS – Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, vogliamo contribuire raccontando la storia di Mirjana Lucic-Baroni: abusata fisicamente dal padre fin dalla tenera età ha saputo reagire per conquistarsi una vita migliore, annientando i fantasmi del passato. Storia di una rinascita, augurio a tutte le donne e alla società perché certe cose non accadano più

25 novembre. Una giornata per dire ‘no’. Una giornata per ricordarsi di quelle violenze. Di quelle violenze che non vediamo. Invisibili atti di crudeltà che si consumano dietro le mura domestiche e segnano vite, rovinano famiglie ed esseri umani. Una giornata per condannare e nel proprio piccolo mostrare il proprio supporto.

Il 25 novembre è la data scelta dalle Nazioni Unite per dire ‘no’ alla violenza sulle donne, anniversario dell’uccisione delle sorelle Mirabal nel 1960, ree di essersi opposte al governo tirannico del dominicano Rafael Leonidas Trujillo.

Quest’oggi anche noi scegliamo di ricordare quell’evento. In Italia sono 14 milioni gli atti di violenza che si registrano, dallo schiaffo allo stupro, anche ripetuti, e più di un milione di donne finisce per diventare vittima di soprusi (secondo la ricerca di Intervita Onlus). Dati agghiaccianti, anche se il femminicidio è in calo dell’8%. Dati che fanno riflettere e per i quali sentiamo di spendere due parole, nel piccolo contesto quale è il nostro, il tennis.

Vi raccontiamo di una donna che ha avuto la forza di rialzarsi, quando molte avrebbero ceduto al suo posto. Vi raccontiamo di una donna che si è fatta carico di sé e della propria famiglia, dei 4 piccoli fratelli e sorelle, che è riuscita a scappare da quel mostro che era il padre, ad uccidere il suo fantasma e a ricominciare la sua vita.

Vi raccontiamo di Mirjana Lucic, tennista croata, giovane promessa degli anni ’90. Semifinalista a Wimbledon a 17 anni, un futuro scritto, una stella del domani. Ma tra quello che si vede sui court e quello che c’è dietro alle mura domestiche intercorre un abisso, un orribile abisso fatto di maltrattamenti e di violenze.

Il padre, Marinko, prese a picchiarla dalla tenera età di 5 anni. Lei iniziò a giocare a tennis all’età di 4. È dura parlarne, ma al magazine Gloria Mirjana ha raccontato di storie tragiche.

Schiaffi fino a tingere di sangue le mura di casa. Botte in testa con scarponi fino a non permetterle più di pettinarsi o di lavarsi i capelli tanto era il dolore. Percosse alla madre, Anđelka. Vicini e parenti che sapevano, ma nessuno che osava opporsi al padre.

“Mio padre a 5 anni mi colpì al naso. C’erano tracce di sangue rimaste in giro per casa. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, ero in stato di shock.”

Una violenza sconfinante nel delirio. A 14 anni lei ha raccontato che dopo il torneo junior di Milano fu spinta in bagno, picchiata per 40 minuti con uno scarpone Timberland e poi il padre le diede i soldi per comprarsi il gelato.

A 16 anni la decisione irrimandabile di scappare da quel mostro.

“Quando mio padre dopo il torneo di Wimbledon mi disse: ‘pagherai quando torniamo a casa, ammazzo te e tua madre, non hai più nessun aiuto’ sapevo che fosse una cosa seria e che scappare sarebbe stata l’unica soluzione.”

Mirjana trovò rifugio da Goran Ivanisevic, prima di fuggire negli Stati Uniti. Continuò a giocare a tennis, raggiunse quella famosa semifinale a Wimbledon l’anno dopo, ma la sete di distruzione del padre non s’era placata. Dopo la violenza fisica anche quella psicologica. La IMG, la società presso la quale era sponsorizzata, le fece causa per una mancata corresponsione dei compensi e la gettò sul lastrico. I più sono inclini a pensare che dietro tale misfatto ci sia stata la mano di Marinko.

Ha abbandonato il tennis nel 2003. Fine della carriera della giovane promessa, futura stella annunciata. Fine di una persona, prosciugata in tutta la sua essenza.

Ma la vera storia di Mirjana inizia da lì, inizia dal baratro, dal quale inesorabilmente ha iniziato a risalire, passo dopo passo, aggrappata agli affetti, alle persone care.

Mirjana non demorde, ri-inizia dal circuito ITF a pieno regime dal 2008. Volta pagina, si sposa dopo 5 anni di fidanzamento. Daniele Baroni, un imprenditore italo-americano, diventa suo marito, diventa la sua ancora, diventa il suo sostegno. Volta pagina, rientra tra le prime 100. Inarrestabile, ritorna dove era destinata, senza lo spettro di un uomo orribilmente insaziabile accanto, ma al contrario con un vero uomo che sappia amarla e rispettarla.

E allora non chiamatela più Mirjana Lucic, ma Mirjana Lucic-Baroni.

Mirijana Lucic-Baroni riempie i vuoti della sua precedente vita, della sua precedente carriera. Si prende una rivincita sul suo passato, si conquista un futuro e assapora il presente. Il ritorno tra le prime 40 tenniste del ranking nel 2014, la conquista di un trofeo WTA a Quebec City dopo 16 anni dall’ultima volta, in quell’inferno di vita.

Le lacrime in conferenza stampa agli US Open dopo aver battuto quest’anno la n°2 Simona Halep dicono tutto. Dicono di un mondo di frustrazioni, di un passato di repressione, dicono di uno sfogo emozionale di una parte di vita che le è stata privata, violentemente sottratta.

Mirjana Lucic-Baroni ora c’è. Ora è viva. Ora è libera. Ora è felice.

 

Il video delle Nazioni Unite contro la violenza sulle donne:

Mirjana Lucic: quindici anni, diciassette anni dopo (Luca De Gaspari)

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