Australian Open, dieci note sul day 1: il Fattore K e la racchetta bionica

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Australian Open, dieci note sul day 1: il Fattore K e la racchetta bionica

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Kokkinakis e Kyrgios, due talenti e due vittorie al quinto set. Il primo ha annullato 4 matchpoint a Gulbis, unico vero “seeded player” knock-out. Senza contare le 8 ragazze, Ivanovic e Kerber “teste” in testa. Le quattro vittorie azzurre non sono sorprese. Le curiosità sono altre. Basta leggere

MELBOURNE – Fino alle 23:10 non avrei saputo se la notizia del dì, a conclusione della prima giornata dell’Australian Open, sia l’eliminazione di ben otto teste di serie finite k.o. al primo turno del torneo femminile – una volta le donne erano più rispettose delle gerarchie dei colleghi maschi, ma da un pezzo non è più così – oppure quattro vittorie azzurre su cinque incontri quando si sapeva che uno, quello di Karin Knapp, n.50 Wta contro Simona Halep n.3, era una “mission impossible”.

 

Il Fattore K

Forse non lo è nessuna delle due, ma lo è invece la vittoria del diciottenne australiano campione annunciato, Thanasi Kokkinakis, che domani campeggerà in tutte le prime pagine dei giornali australiani per aver battuto 8-6 al quinto Ernests Gulbis, n.11 del seeding, rimontando da 2 set a 1 sotto. Fino a quel momento, le 23:10 appunto, la sola testa di serie eliminata nel maschile era stato Tommy Robredo, n.15, ritiratosi per un problema agli adduttori di cui già soffriva dopo appena cinque games con il francese Roger-Vasselin. Lo spagnolo, classe 1982, ha guadagnato in carriera di soli premi ufficiali più d 12 milioni di dollari; non è quindi certo un “peone”, però ai 34.500 dollari australiani, spettanti di diritto a chi gioca il primo turno, forse non ha voluto rinunciare. I giocatori in tabellone godono anche dell’ospitalità. Anche se il vecchio Tommy avesse viaggiato in prima classe, qualcosa gli dovrebbe essere rimasto in tasca. Non che lui abbia troppo bisogno, ma chi – anche fra i milionari – è disposto a buttar via dalla finestra un 25.000 euro di guadagno netto per un paio di giorni di sacrificio?

Insomma grande, grandissimo entusiasmo per Kokkinakis (n.147Atp e wild card), uno dei tre diciottenni in tabellone con il qualificato svedese Ymer (per l’appunto nato nello stesso giorno dell’australiano, 10 aprile 1996) e con il croato Borna Coric n.91 sconfitto da Chardy n.31 (che sarà il prossimo avversario di Andreas Seppi).

Il pubblico australiano, che aveva potuto seguire solo in tv il grande exploit dell’altro giovane australiano Kyrgios a Wimbledon contro Nadal, sembrava impazzito sul campo n.3 per un match durato oltre 4 ore. Deve essere il fattore K, ad esaltare gli aussies. Kokkinakis, tre kappa contro quella sola di Kyrgios (n.53) che ha sofferto molto più del previsto (63 al quinto!) contro l’argentino Delbonis (n.62) e ha finito dopo mezzanotte – ma Thanasi non aveva nulla da perdere, Nick molto di più – ha fatto di tutto per esaltare la folla. E alla fine, dopo l’ultimo errore di Gulbis, il giovane figlio di emigranti greci mi ha ricordato l’incredibile notte di Todd Martin che dopo una simile maratona all’US open – conclusa a notte fonda – volle fare il giro di tutto l’Arthur Ashe stadium per dare il suo “cinque” a tutti gli spettatori della prima fila, naturalmente correndo.

Kokkinakis era ancora bambino, ma certe cose si sentono, anche se non si sono mai viste. E lui senza saperlo ha imitato il vecchio Todd. D’altra parte sul 6-5 per Gulbis nel quarto set aveva annullato (con il proprio servizio) 4 matchpoint, mica uno, prima di andare a vincerlo al tiebreak. Si sarebbe esaltato chiunque dopo una vittoria così. Oggi mi sarebbe piaciuto essere australiano.

 

Italiani, avanti (quasi) tutta!

Da italiani, fra le due ipotesi di inizio articolo, potremmo propendere per la seconda opzione, ma poi a ben vedere, le quattro vittorie azzurre sono arrivate da giocatori – i nostri – che nel ranking stavano davanti ai loro avversari.

Cominciamo, men first anche se non è da gentiluomini, con Bolelli n.48 sull’argentino Monaco ex n.10 e oggi n.63 in leggero declino fisico e motivazionale come si può forse evincere anche dal quarto set (63 36 63 61).

Contro Roger Federer al secondo turno sarà un’altra storia. “Ci perdo sempre” ha detto Simone. Beh, due volte sole, suvvia. E sognare non costa nulla. Tre set su cinque contro un giocatore di 33 anni e mezzo, magari sotto un bel sole australiano – Federer ha già giocato di notte il primo giorno, anche se gli organizzatori lo vorranno comprensibilmente proteggere lo faranno giocare comunque di giorno, magari non nelle ore più calde. Simone comunque non pare interessato alla questione programmazione: “Per me è uguale”. Io penso invece che per Federer non lo sia.

Secondo maschietto vittorioso, ancorchè trentenne, Andreas Seppi n.46 si è preso una piccola rivincita sull’uzbeko allenato dalla mamma, Istomin n.50 che l’aveva battuto le ultime due volte. Andreas naturalmente ha vinto al quinto set. Contro Istomin cinque match negli Slam, cinque conclusioni al quinto. Una regola fissa. Ma perché non cominciano direttamente dal quinto? Si stancherebbero meno e il vincitore sarebbe più fresco nel match successivo.

Gli chiedono se abbia mai riguardato i video delle sue maratone con Istomin e lui: “Preferisco guardare un film!”. Come dargli torto? I loro match sembrano giocati allo specchio, sono quasi uguali, con Istomin che fa più punti di rovescio (lungolinea in genere) e Seppi di dritto. Poi fanno a gara a chi sbaglia più palle break e di solito in quella gara vince Seppi. E’ anche vero che battono benino tutti e due quando conta.

Per Andreas, come detto, il prossimo avversario sarà Chardy, dal quale ha perso qui negli ottavi 2 anni fa un match che gli avrebbe potuto regalare il primo quarto di finale in uno Slam, traguardo ancora mai raggiunto. Per tre volte si è fermato agli ottavi.

Era scontatissima, nonostante la pertosse, i problemini al costato e la cattiva forma, la vittoria di Sara Errani, n.14 Wta, sulla modesta americana Grace Min, n.105. La Min, che ha subito il punteggio più pesante della giornata, 60 61 in 57 minuti – l’unico altro set vinto 60 è stata appannaggio della Kerber n.9 che ha poi perso dalla Begu n.42 – ha però contribuito a fare del contingente femminile americano il più numeroso: erano ben 17 ai nastri di partenza.

In campo maschile invece le nazioni più rappresentate, a pari merito con 12 giocatori, sono Spagna e Francia.

All’appello delle quattro vittorie italiane manca Roberta Vinci, 75 61 alla serba Jovanoski in 70 minuti. Vi rimando agli audio che la truppa dei nostri inviati, Giulio Gasparin, Angelo Lo Conte, Roberto Baldi e Roberto Cappuccio, ha indefessamente raccolto (anche se poi gli inserimenti sono stati spesso realizzati dalla redazione italiana che è stata sveglia tutta la notte…ve la cavate, lettori, con opere di bene, per i fiori sarà per un’altra volta).

Di Karin Knapp, n.50 contro la n.3 Simona Halep, si può solo dire che è stata sfortunata. “Potevo servire meglio” ha detto lei. Sarebbe stato match più equilibrato, dopo l’illusorio 2-0 d’avvio, ma penso avrebbe perso lo stesso. Certo lo scorso anno, quando era arrivata a due punti dal match con la Sharapova, era uscita dal campo magari più arrabbiata, ma anche più orgogliosa della propria performance.

 

La slam-fobia di Ana Ivanovic

E allora parliamo dell’altro argomento del giorno. L’ecatombe di teste di serie nel torneo femminile. Otto, fra cui due top ten e altre due delle prime sedici. Non poche onestamente. Che invece perdano le tenniste dal n.23 in poi ci può pure stare, il gap con chi sta dietro non è troppo profondo. Ecco il quadro sintetico di “cadute” e di exploit, con relative classifiche per vostra comodità di lettura: Bocciate 5 Ivanovic (142 Hradecka), 9 Kerber (42 Begu), 16 Safarova ( 66 Shvedova ) 17 Suarez Navarro (104 Witthoeft), 23 Pavlyuchenkova (80 Wickmayer), 27 Kuztnevsova (36 Garcia), 28 Lisicki (71 Mladenovic), 32 Bencic (73 Goerges).

Fin troppo facile individuare la sorpresa più clamorosa. Anche perchè Ana Ivanovic nell’ultima parte del 2014 era sembrata tornata quasi ai suoi livelli, anche se non proprio come quando nel 2008 arrivò in finale qui e trionfò poi al Roland Garros. Che perdesse da una doppista nemmeno più giovanissima, 29 anni, come la quadrumane (tipo Seles…ma non le è proprio parente) Lucie Hradecka, uscita dalle qualificazioni e appena n.142, non era proprio prevedibile. Credo non ci fosse quota. L’amico Angelo Cucaro, che dirige il team dei nostri “consiglieri di scommesse”, non può averla prevista, altrimenti gli affido il mio conto in banca e gli faccio giocare tutto quel che ho.

Ciò detto occorre ricordare che la bella, bellissima Ana, soffre di vere angosce (turbe?) quando deve giocare uno Slam: da quel trionfo parigino del 2008 non è mai riuscita in 25 Slam ad andare oltre i quarti di finale, quattro volte ha perso al primo turno e tre al secondo. Una vera Slam-fobia.

Confesso la mia ignoranza sulla tedesca Witthoeft (n.104), mai vista giocare…e nemmeno oggi. Chi ha avuto il tempo? Ho dato un’occhiata invece alla Bencic, che pensavo più forte. Anche se la Goerges non è l’ultima arrivata. Ma le giovani hanno più facilmente giornate no, e non è sempre una questione di periodo. Ha preso una stesa. Ha fatto tre games, un po’ pochini. L’allena il papà qui, perchè Melanie Molitor, mamma della Hingis, si è troppo imborghesita. Ricca, da tanto povera che era, è pigra, i viaggi lunghi non li affronta. Magari dice a Martina: “Gliela dai tu un’occhiata?”. E Martina gliela darà, ma in doppio: perchè insieme alla Pennetta, deve giocare proprio contro la Bencic.

Il doppio lo giocheranno insieme le due amiche Cibulkova e Flipkens che hanno scoperto di dover giocare contro mentre si stavano allenando. Quando l’allenatore slovacco della Cibulkova, n.10 e finalista qui un anno fa, mr. Liptak, che è anche capitano di Fed Cup ha detto alla Cibulkova: “Sei con la Flipkens”, Cipollina ha risposto: “Lo so ci sto giocando…”. E lui. “no ci giochi domani”. Ha vinto la slovacca, così come i suoi altri tre connazionali in gara oggi. Non male eh?

 

Il tennis degli altri

Mentre i francesi esultano per i successi di Mladenovic e Garcia, in particolare perché contro teste di serie, i croati piangono, oltre all’assenza di Cilic, la prematura dipartita dei giovani Borna Coric e Ana Konjuh; i belgi invece si consolano per la sconfitta della Flipkens con la vittoria della Wickmayer e del loro Goffin (il mio vicino di scrivania Yves Simon garantisce che quando il giovane belga ha perso da Bolelli era molto stanco…mah, sarà, quando uno perde risente sempre del jet-lag).

Goffin, che ha fatto almeno terzo turno negli altri Slam, qui sembrava perseguitato da una maledizione. Si è dovuto ritirare due volte, per strappi all’addome e a una coscia. Alla quinta partecipazione è finalmente approdato al secondo turno. Ma non era contento…perché a lui, sempre vestito molto classico, le scarpe fosforescenti imposte dalla Nike non l’hanno entusiasmato: “Non posso togliermele, ma non è il mio stile” ha commentato, lui che assomiglia un po’ al genere vecchi mousquetaires francesi degli anni Venti. Se ne farà una ragione. Magari gli portano bene più di quelle bianche che ha sempre indossato.

Fra tante americane c’è anche un’eroina: è la McHale, n.54 Wta. Ha perfino vomitato sul campo, ma poi, come tanti anni fa un certo Pete Sampras contro Alex Corretja all’US Open, ha vinto 12-10 al terzo set sulla francese Foretz, qualificata e n.197. Il terzo set è durato da solo 1 ora e 51 minuti. Il match 3 ore e 9. Non un gran match, ma il dramma c’è stato tutto.

Una saletta affollatissima oggi la n.3 per la cinese Shuai Peng: nemmeno avesse vinto il torneo! Ma un anno fa qui la Peng era uscita dal campo in sedia a rotelle, vittima del caldo e di un’insolazione. Eppoi i cinesi non hanno più Li Na. Salette piene anche per Troicki, che batte Vesely nel derby fra i vincitori degli ultimi tornei. Troicki, come sapete, ha anche una lunga e penosa storia di “stop per doping” alle spalle, anche se lui si è sempre difeso dicendo che la colpa era di quella dottoressa di Montecarlo che gli aveva detto di venire a farsi fare il prelievo il giorno dopo. Difesa poco credibile e poco creduta, anche se la dottoressa di Montecarlo tutta la verità non l’ha forse detta, anche se Djokovic ha speso parole per lui tutto l’anno.

 

Nadal e la racchetta bionica

Vabbè, con Nadal 3 (Youzhny 49), Federer 2 (Lu 47) e Berdych 7 (Falla 101) che non hanno perso un set, più interessanti da osservare in conferenza stampa che sul campo, aspettiamo la seconda giornata. Leggetevi un po’ le interviste (non senza ringraziare Chiara Bracco che coordina il gruppo degli eccellenti traduttori).

Vi anticipo che Nadal ha suggerito a Del Potro di provare a giocare con il rovescio ad una mano, semmai dovesse arrendersi al polso sinistro sempre malandato e proprio non riuscisse a riprendersi. “Ha solo 26 anni e mezzo”. Federer ha ricordato che non è il caso di continuare a contare tutte le sue vittore dopo aver raggiunto la n.1000. Magari se ne riparla dopo la n.2000. Non si è dimenticato quel dritto pazzesco che Novak Djokovic gli tirò per annullare uno dei due matchpoint in semifinale all’US open, però se n’è ricordato anche un altro di Sampras.

Nadal ha fatto un elogio della nuova Babolat “computerizzata” con il chip nel manico: “Per i dilettanti è un aiuto ed è anche divertente. Io vi posso dire che so che ho giocato bene se sono riuscito a tirare almeno il 70 per cento dei colpi con il dritto, e non più del 30 per cento con il rovescio. Questa racchetta è in grado di dirmelo. E se non arrivo al 70 per cento vuol dire che sul campo non sono riuscito a fare le cose giuste. Credo che questa Babolat sia la racchetta del futuro. Noi professionisti magari facciamo più fatica ad abiturcisi, perché siamo arrivati al nostro livello senza usare questa tecnologia, ma di certo rappresenta un aiuto. Ed anche un divertimento, per i dilettanti”. Ciò detto ha anche ammesso di aver servito bene e risposto meglio. “Ma non penso ancora, per aver vinto un solo match, di cambiare quel che ho detto pochi giorni fa: non mi sento in grado di vincere questo torneo, al momento. Anche se una vittoria fa sempre piacere non cambia nulla”.

Berdych, cui non manca il sense of humour, deve averlo palesato in ceco. A noi ha solo detto che “per ritornare a giocare una finale di uno Slam (come a Wimbledon…) bisogna lavorare duro e con tutta la mia squadra lo stiamo facendo”. Non so se alludendo al suo team alludesse anche a Ester Satorova, la sua fidanzata. Se lavora duro anche con lei, la vedo…appunto … assai dura.

Sarà meno dura, spero per me che non ho fatto in tempo a mangiare – mia moglie che mi sogna magro sarà contenta – la seconda giornata. Io non voglio perdermi Pennetta-Giorgi, ma Fognini un qualche show lo improvvisa sempre. Speriamo però non ce ne sia bisogno. Quando vince ne fa meno di quando perde. Lorenzi prega che Dolgopolov non scenda in campo. L’ucraino non sta bene. La Schiavone n.78 vorrebbe tornare indietro di qualche anno, quando contro la Vandeweghe, n.37, dominata dalle nostre in Fed Cup perfino a casa sua, non avrebbe mai perso. Però sei sconfitte al primo turno negli ultimi sei Slam non la rendono ottimista. E noi idem.

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