Un tentativo di verificare oggettivamente la velocità delle condizioni di gioco nei tornei dello Slam (capitolo secondo)
Nel marzo 2012 avevo scritto un articolo che cercava di misurare oggettivamente la velocità delle condizioni di gioco nei quattro tornei dello Slam. Questo articolo fa riferimento a quella impostazione, con tutti i dati aggiornati ad oggi, per poter valutare i cambiamenti dell’ultimo periodo.
Per chi non ha letto quell’articolo o non lo ricorda, ritrova la spiegazione del metodo di valutazione in appendice, in cui viene ripresentata la prima parte dell’articolo del 2012.
Chi invece fosse interessato a leggere il pezzo per intero lo recupera QUI.
Ecco i valori dal 2007 (primo anno di cui sono riuscito a reperire i dati) sino a oggi.
(Secondo il criterio utilizzato più è bassa la percentuale di game vinti in riposta più il campo è veloce e viceversa):
Secondo questo metodo di misurazione delle condizioni di gioco, la “velocità” degli Australian Open ha seguito uno schema piuttosto interessante.
Si nota come dal 2008 la velocità tenda a diminuire: il punto minimo si ha nel 2012. Dall’edizione successiva si verifica una brusca inversione di tendenza, con condizioni di gioco sensibilmente più rapide.
Se i numeri sono oggettivi, è invece soggettiva l’interpretazione delle motivazioni che potrebbero avere influito sulle variazioni. Per quanto mi riguarda sono dell’idea che la finale “monstre” tra Djokovic e Nadal durata quasi sei ore (5 ore e 53 minuti) abbia avuto un peso significativo.
Le cronache di allora raccontavano di come gli spettatori non fossero più nella condizione di utilizzare i mezzi pubblici per tornare a casa, e alcuni giornalisti avessero avuto problemi addirittura con i voli di rientro, vista l’ora imprevedibile con cui si era concluso il match. Ma soprattutto deve essere stato un bel problema per chi gestisce i palinsesti delle televisioni, quelle generaliste in particolar modo.
E infine: a quanti può piacere un avvenimento sportivo di tale durata?
A mio avviso quella partita ha fatto da spartiacque tra un prima e un dopo, con ricadute per almeno due aspetti:
1) attenzione al tempo a disposizione tra un punto e l’altro, con relativa polemica sul conteggio dei secondi
e, appunto
2) velocità delle condizioni di gioco
Ecco le tabelle riassuntive riguardanti tutti e quattro gli Slam (due edizioni hanno dati incompleti) dal 2007 a oggi. Si nota come gli Australian Open stiano superando in velocità gli US Open.
Australian Open e Roland Garros
Wimbledon e US Open:
STRALCIO DALL’ARTICOLO DEL 2012:
E’ opinione diffusa che negli ultimi anni i tornei dello Slam si siano progressivamente omologati, tendendo ad assomigliarsi tra loro per quanto riguarda le caratteristiche di gioco necessarie per eccellere.
Rispetto agli anni ’90, Wimbledon ha cambiato composizione dell’erba e forse del terreno, mentre al contrario il Roland Garros pare aver velocizzato la propria terra rossa. ***Nota 1
La controversia sul rallentamento di Wimbledon è diventata tanto dibattuta che sembra avere scosso l’aplomb britannico; e così la sezione del sito ufficiale che presenta le caratteristiche dei campi, invece che limitarsi ad una semplice descrizione tecnica, non manca di rispondere puntigliosamente alle critiche e precisare alcuni aspetti relativi ai cambiamenti (veri o presunti) introdotti negli anni, palline comprese.
Ma su che basi si giudica un torneo “veloce” o “lento”?
Le condizioni di gioco di un torneo sono il frutto dell’interazione tra ambiente naturale e scenario tecnico a disposizione.
Alla loro determinazione concorrono quindi molti fattori: oltre alla superficie del campo, il tipo di palle scelte, l’architettura dell’impianto (presenza o meno di coperture, forma delle tribune etc), la temperatura e l’umidità dell’aria, l’altitudine.
Se però ci riferiamo soltanto ai tornei dello Slam, sappiamo che le condizioni climatiche e geografiche negli ultimi anni non sono variate, visto che i quattro tornei non hanno cambiato località e periodo dell’anno in cui si sono svolti (e mi pare che negli anni considerati non ci siano state particolari differenze meteorologiche tra le diverse edizioni). Per quanto riguarda i quattro major, quindi, gli aspetti che possono determinare il cambiamento tra una edizione e l’altra rimangono essenzialmente due: superfici e palline.
Segnalo che per campi e palle da gioco la ITF stabilisce (e aggiorna regolarmente) una serie di criteri e di classificazioni approfondite. ***Nota 2
Sarebbe quindi possibile misurare oggettivamente le condizioni di gioco di un torneo dello Slam?
Per i tecnici ITF, direi proprio di sì; ma per un semplice osservatore, con le informazioni e i dati normalmente recuperabili, questo non può avvenire. Tuttavia, approfittando della disponibilità di statistiche in comune fra i quattro tornei dello Slam, un tentativo indiretto si può fare.
Il ragionamento si basa su un postulato di questo tipo: “c’è una relazione tra velocità delle condizioni di gioco e tipo di tennis sviluppato“. Vale a dire: più il campo è veloce, più il colpo di inizio gioco (il servizio) consente il controllo e il vantaggio nello scambio.
Se si accetta il postulato (che non è esente da punti deboli) è allora possibile sviluppare un piccolo teorema che potremmo esprimere così: “più il campo è veloce, meno break si riusciranno ad ottenere nel corso di un match”.
Il semplice calcolo della incidenza dei break non può evidentemente restituire tutti i fattori tecnici che possono determinare gli andamenti del gioco e avvantaggiare o meno alcuni giocatori: per analizzarne gli effetti sul tipo di tennis sarebbe importante poter individuare non solo la generica velocità della palla ma anche, ad esempio, l’altezza dei rimbalzi (altro aspetto della diatriba sulle modifiche di Wimbledon).
In sostanza il criterio della percentuale di break è tanto sintetico da apparire piuttosto rozzo e sbrigativo; ma se non altro dà il vantaggio di poter essere utilizzato per ogni tipo di campo e quindi anche per i quattro major. ***Nota 3
Un altro aspetto positivo è che il numero dei break viene rilevato in tutti i 127 match disputati per ogni Slam (più aumentano i match presi in considerazione più dovrebbe aumentare l’attendibilità del dato), ed è disponibile nel sito ufficiale dei tornei. Proprio dai siti ufficiali ho quindi recuperato le statistiche complessive relative alle ultime edizioni, a partire dal Roland Garros 2010 sino agli Australian Open 2012. ***Nota 4
Con queste premesse il procedimento è elementare: per ogni edizione del torneo si sommano tutti i game giocati, poi si sommano i game vinti in risposta e si verifica la percentuale tra i due totali. Secondo il teorema sopra stabilito, più è bassa la percentuale di game vinti in riposta più il campo è veloce, e viceversa.
NOTE
1) Sul rallentamento di Wimbledon:
Sarah Holt, The grass is always slower, BBC
Eben Harrell, At Wimbledon, It’s the Grass Stupid, TIME
John Martin, Wimbledon Grass Is Green but Slower, New York Times
Uno studio sulle differenze tra Wimbledon e Roland Garros:
Michael R. Summers Business (Administration Division, Pepperdine University):
Clay Vs. Grass: A Statistical Comparison of the French Open and Wimbledon
American Journal of Economics and Business Administration 3 (2) 2011
2) Ecco, ad esempio, come sono sintetizzate le classificazione dei campi (CPR= Court Pace Rating)
Questi i link ITF sulle classificazioni di campi e palline:
Le specifiche tecniche sulle palline
Ulteriori informazioni su http://www.itftennis.com/technical/
3) Per chi fosse interessato ad argomentazioni simili segnalo questi link:
Percentuali di break e velocità delle superfici
Ancora sulle statistiche nei grandi tornei
4) Dati riferiti ai soli tornei maschili.