Intervista a Roberto Marcora: "Fiducia e consapevolezza sono fondamentali”

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Intervista a Roberto Marcora: “Fiducia e consapevolezza sono fondamentali”

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Abbiamo intervistato a Milano Roberto Marcora, tennista italiano classe ’89 proveniente da Busto Arsizio, che dopo le ottime performance in Cina è il 7° tennista d’Italia ed ora aspira ad entrare in un main draw di uno Slam e a giocare gli Internazionali d’Italia

 

Roberto Marcora mi riceve al prestigioso Tennis Club Milano “Alberto Bonacossa”. Qui lui si allena da un anno e mezzo ed è ormai diventato la sua “seconda casa”.
Ho pensato di intervistarlo dopo che al challenger di Guangzhou (Cina), disputatosi dal 9 al 15 Marzo scorso, ha raggiunto la finale. I punti ATP conquistati gli hanno permesso di raggiungere la 181ma posizione nel ranking mondiale e di diventare il settimo giocatore più forte d’Italia.
Altissimo (sfiora i due metri!), capelli ricci, rilassato. Dallo sguardo e dal modo di porsi si capisce subito che è un bravo ragazzo. Dopo le presentazioni, ci accomodiamo nel bar della elegante Club House, costruita nel 1923 su progetto commissionato all’architetto milanese Giovanni Muzio dal Conte Bonacossa. Pavimenti a mosaico, marmi ovunque, arredi d’epoca ed ampie vetrate dell’edificio in stile neo-classico fanno immediatamente percepire l’importanza del luogo.
Inizia una cordiale chiacchierata, durante la quale Roberto racconta che nell’inverno del 2009, a vent’anni, ha deciso seriamente di fare il tennista, in modo professionale, grazie anche all’appoggio di chi ha creduto in lui, come il suo sponsor italiano Lotto. Prima era solo una forte passione, ora invece la sua vita ruota intorno al tennis.

Sei stato incentivato a diventare professionista dalla tua passione per il tennis o dai risultati che arrivavano?

Prima del 2009 già giocavo, ma c’era gente molto più brava di me e faticavo a vincere, anche nelle qualificazioni dei tornei minori; non ero assolutamente tra i migliori. La semifinale del Futures di Piombino mi ha convinto a dedicarmi seriamente al tennis. Ho fatto tanta gavetta in questi anni: tante sconfitte all’inizio. Poi ho iniziato a vincere i miei primi Futures (tre nel 2014) e gradualmente ho migliorato, fino a raggiungere il mio risultato migliore, ovvero la finale al Challenger di Guangzhou. In Cina, un’ora dopo l’interminabile semifinale con Fucsovics, ero di nuovo in campo per la finale contro Coppejans. Stanchissimo, ma contento per la finale raggiunta, ho perso il primo set e nel secondo ho cominciato ad avvertire un dolore alla spalla destra, al rientro dopo l’ennesima interruzione per pioggia. Nonostante tutto, mi sono sciolto mentalmente e ho portato il match al terzo, cominciando a crederci. La spalla però è peggiorata e ho dovuto mollare.

Chi ti segue durante i tornei?

Mi segue spesso il mio allenatore, Uros Vico. Averlo a bordo campo durante le partite mi è di aiuto, è come un porto sicuro, una figura amica che ti sostiene, non tanto tatticamente, ma quanto moralmente. Mi da una grossa mano anche per l’organizzazione logistica fuori dal campo : prenotazioni di campi, alberghi, voli, ecc.

Sei affiancato da un mental-trainer?

Si, esattamente da un anno! Nel tennis la fiducia in se stessi e la consapevolezza dei propri mezzi sono fondamentali, contano più dell’80%. L’aspetto mentale è più importante rispetto a tutti gli altri. Ero in un periodo di scarsa fiducia, quando ho conosciuto Roberto Botturi, qui al Tc Milano. Mi ha molto affascinato. Parla davvero bene; l’aspetto mentale era un argomento a me sconosciuto. Mi fa riflettere lucidamente sulle emozioni che provo, mi fa ragionare; ad esempio avevo il problema di essere troppo nervoso in campo, ero molto critico con me stesso. Lo abbiamo risolto in un mese! Ora ci vediamo una o due ora la settimana. Sono contentissimo del suo lavoro. Ero scettico nei confronti di questa materia. Pensavo di poter risolvere i miei problemi da solo. Invece non è così. Il mental-trainer è una terza figura rispetto al rapporto giocatore-allenatore. Ascoltare un punto di vista differente da quello dell’allenatore è una cosa importante.

Ora sei il numero 181 del ranking. Che obiettivi hai per il futuro?

Uno dei sogni che avevo era giocare le quali degli Slam e l’ho raggiunto : ho giocato a New York ed in Australia ed ora giocherò le qualificazioni al Roland Garros e probabilmente anche a Wimbledon. Non mi pongo obiettivi come posizione nel ranking, perché la classifica rischia di diventare un’ossessione. Devo lavorare duro e poi i risultati arrivano: il lavoro paga sempre! Il mio vero obiettivo è giocare più partite possibili che mi rimangano impresse nella mente, come quelle che ho giocato contro Simon, Paire e Gimeno-Traver.

Giocherai agli internazionali d’Italia a Roma?

Penso di no, dipenderà dalla mia classifica, a meno che non mi diano una wild-card. Ora farò i Challenger di Napoli, Mersin (Turchia) e Vercelli, tutti sulla terra rossa.

Il barman lavora senza sosta : serve gli avventori, pulisce, riordina. Di tanto in tanto, qualcuno si ferma a salutare Roberto. Qui pare si conoscano tutti, si percepisce un’atmosfera familiare. Il mio “compito” di intervistatore è facilitato dalla sua loquacità. Gli piace parlare di tennis.

E’ fondamentale essere alti, nel tuo sport?

No, ci sono tanti tennisti non molto alti che giocano ad alti livelli. Essere alto ti aiuta in alcune cose ma ti penalizza nei movimenti.

Come definiresti il tuo tipo di gioco?

Mi piace scambiare, sono un attaccante da fondo campo, però voglio migliorami venendo a prendere qualche punto a rete, per risparmiare energie. Ma non sarò mai un giocatore di volo. Atleticamente sono molto migliorato negli anni, grazie al preparatore atletico Alessandro Buson. Il servizio è uno dei miei colpi migliori ed è alla base del mio gioco. Riesco a servire a 200 km/h, ma devo ancora migliorare.

Quale colpo del tuo avversario ti da più fastidio?

A me piace scambiare. Non mi piace affrontare chi serve molto bene, perché non mi fa entrare nello scambio.

Qual è l’importanza di un buon incordatore?

Negli Slam e nei tornei ATP ci sono incordatori professionisti precisi ed impeccabili. Sono perfetti e ti rendi conto che le racchette che usavi prima magari si allentano prima e perdono tensione.
Già a livello Challenger si trovano bravi incordatori.

Quante racchette porti in borsa, durante le partite?

Ne porto quattro o cinque.

Porti anche un paio di tue scarpe Lotto di ricambio, in caso si rompano?

Ne tengo un paio di scorta in albergo. Non le porto nella borsa, in campo, anche perché le Lotto non mi si sono mai rotte durante un match. Porto anche integratori e barrette.

Noto che, prima del match, i giocatori che si devono affrontare non si rivolgono mai la parola e neppure si guardano in viso. Cosa ne pensi?

Si usa fare così. Io però, durante il lancio della monetina, cerco lo sguardo dell’avversario per salutarlo prima della partita. Anche durante il riscaldamento che si fa prima dell’ingresso in campo non ci si parla.

Come ti prepari prima della partita?

Mi preparo negli spogliatoi, mi concentro, poi faccio riscaldamento in palestra, restando con il mio allenatore. A volte scherzo anche fino ad un minuto prima della partita, ma quando inizia il match faccio sul serio.

Cambieresti qualche regola del tennis?

Ci sono delle regole a cui siamo abituati. Il tennis è questo. Non cambierei nulla, perché penso che il tennis sia meraviglioso così. Se l’ATP cambierà le regole, mi adatterò.

Quando i raccattapalle vi lanciano tre palline prima di servire, come fate a scartarne una in una frazione di secondo? In base a che criterio?

Anch’io lo faccio sempre, è una cosa che mi aiuta a concentrarmi. Scelgo le due più nuove, lo capisco al volo guardandole.

Cosa ti piace della vita da tennista e cosa non ti piace?

Mi piace tutto! All’inizio non amavo stare lontano da casa per troppo tempo. Ora mi ci sono abituato e mi piace molto viaggiare. Mi annoio quando passo due settimane di fila a Milano, anche se sono innamorato dell’Italia. Viaggiando, vedo come si sta nel resto del mondo e so che in Italia si sta molto bene, nonostante i problemi che abbiamo. Mi pesa non poter fare le vacanze in estate al mare, così come invece fanno i miei amici.

Prima di congedarci, gli chiedo di farmi visitare rapidamente il Club. Fiancheggiamo numerosi campi da tennis, in uno dei quali è impegnato il Maestro Matteo Cecchetti, responsabile del settore gruppo tecnico. Dietro di lui scorgo la piscina scoperta e più in là il campo dotato di tribune, che il 24 Maggio sarà gremito di tifosi ed appassionati. Eh si, perché quel giorno si terrà la finale del Trofeo Bonfiglio (16-24 Maggio 2015 – www.tcmbonacossa.it), una delle sei tappe più importanti del circuito mondiale giovanile Under 18, che da sempre si disputa al Bonacossa.

Per Marcora, invece, il prossimo appuntamento sarà a Napoli (www.tennisclubnapoli.it) dal 6 al 12 Aprile, per il challenger.

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