Indian Wells, numeri da capogiro: il Masters 1000 che mette la freccia sugli Slam

Rubriche

Indian Wells, numeri da capogiro: il Masters 1000 che mette la freccia sugli Slam

Pubblicato

il

 

L’edizione appena conclusa ha fatto segnare un nuovo record di affluenza per Indian Wells. Ecco un’analisi degli aspetti che rendono il torneo californiano il parente più prossimo ai quattro Slam

La scorsa domenica, Novak Djokovic posava in un bagno di coriandoli davanti al suo cinquantesimo trofeo della carriera, la scultura in cristallo di Indian Wells. Il torneo californiano, che al femminile ha visto la griffe di Simona Halep apporsi nell’albo delle vincitrici, ha fatto registrare il record di spettatori per il quattordicesimo anno negli ultimi quindici, il nono consecutivo. Da molti considerato il fratellino minore degli Slam, Indian Wells ha visto, nei dieci giorni di competizione del 2015, i propri cancelli varcati da poco meno di cinquecentomila anime, ispirate e attratte dal gotha del tennis maschile (che negli Stati Uniti si presenta solo un paio di altre volte in stagione, con Cincinnati e US Open, data l’inclinazione di qualche nome importante a disertare la Florida), a cui si aggiungeva il clamore mediatico suscitato dal ritorno di Serena Williams dopo quattordici anni. La cifra appena descritta permette ad Indian Wells di scavalcare nella classifica di affluenza nientemeno che il Roland Garros, che nel 2012 ha visto la propria edizione da primato, con 470mila (staccato di un soffio, ma trentamila individui valgono ben di più, per la reputazione dei Pozzi Indiani) spettatori; ad una manciata di migliaia di persone di distacco, Wimbledon, che nel 2001 si avvicinò al mezzo milione di spettatori paganti complessivi, i quali forse già prevedevano il passaggio di consegna tra Sampras e Federer, nel match che è ormai pietra miliare nella storia di questo sport. Intoccabili invece i Majors sul cemento, con l’Aussie che si avvicina al muro dei 700mila spettatori nel record del 2012, e lo Slam a stelle e strisce che addirittura lo demolì nel 2009 toccando quota 721mila.

La scalata di Indian Wells verso l’Olimpo dei tornei può spiegarsi in pochi ma significativi punti: su tutti, un piano economico-gestionale a dir poco invidiabile. Il patron Larry Ellison, che ha rilevato la proprietà nel 2009 per 100 milioni di dollari, ha reinvestito nelle strutture e nell’organizzazione ogni anno la totalità degli introiti dell’anno precedente, dando quindi, ovviamente, i principali input per spingere la competizione del deserto tra le preferite di ogni tennista, complice anche un aumento costante del montepremi. Nei cinque anni di proprietà, Ellison ha visto aggiungersi al flusso di pubblico numeri a tre zeri: 332mila il primo anno, rispetto al mezzo milione sfiorato in questo 2015, in un crescendo che si è trasformato in boom nelle ultime due uscite. A tutto ciò, si aggiunge la location; necessarie senz’altro disponibilità importanti per potervi trascorrere le ferie (Indian Wells è la città con il più alto tasso di abitanti miliardari dell’intera nazione!), ma l’atmosfera vacanziera è giustificata ampiamente dal clima distintamente costiero, oltre che dalla struttura del complesso, costituito di ampie macchie di verde ad alternarsi tra i campi: hai i soldi, sei a Palm Springs, non puoi non dare uno sguardo a Federer e colleghi. Non è da sottovalutare neanche la collocazione in calendario: è il primo Master 1000 della stagione, il periodo di rodaggio è ormai alle spalle e tutti i migliori si presentano con il coltello tra i denti per tentare di dare il primo scossone alla propria annata.

Indian Wells sta rapidamente conquistando terreno sui Majors, facendo terra bruciata attorno a sé rispetto ai tornei che non siano di rango superiore; forse soltanto il pari grado di Shangai compete in quanto ad appetibilità per i giocatori, grazie anche alle impressionanti disponibilità strutturali e architettoniche di cui si serve, ed è proprio all’appuntamento con gli occhi a mandorla che Indian Wells ha sottratto il titolo di miglior Master 1000 nel 2014. Paradossalmente, il torneo cinese è quello meno visitato tra i magnifici nove, nonostante l’immenso potenziale commerciale che ogni anno sta dimostrando; il pubblico orientale gremisce gli spalti nel weekend conclusivo, ma solo il 30% dei biglietti è stato venduto nei giorni infrasettimanali dell’edizione 2014, a certificare uno scarso interesse per il tennis giocato, piuttosto che per i riflettori e il glamour delle finali. Ben lontani anche i parenti statunitensi di Indian Wells; quello che all’inizio sembrava candidarsi come gemello, Miami, ha a malapena superato i trecentomila spettatori la scorsa stagione, ancora meno Cincinnati, che come record ha un misero 191.000 del 2014. Fanno quasi imbarazzo i numeri degli Internazionali d’Italia, che più volte sono stati utilizzati dal presidente Binaghi come sponsor del buon andamento del torneo, nella propria campagna ad elevare la venue del Foro come potenziale quinto Major; appena 181mila spettatori, il minimo tra i Master 1000 insieme a Madrid, in quella che tra l’altro è stata l’annata record, che ha migliorato di una decina di migliaia le cifre precedenti.

Insomma, che Indian Wells possa essere ritenuto il quinto fratello o meno, gli altri Slam sono avvisati.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement