Ma le seconde voci, i cosiddetti 'talent', sono veri talent, o ex tennisti/e che aggiungono poco?

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Ma le seconde voci, i cosiddetti ‘talent’, sono veri talent, o ex tennisti/e che aggiungono poco?

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L’articolo qui sotto pubblicato, scritto da Stefano Cecchi, concerne le “seconde voci” del calcio, diverse delle quali lui ritiene discutibili. Sembrerebbe fuori contesto tennis, ma ci ha dato spunto per chiedere ai lettori di Ubitennis che cosa pensino delle “seconde voci” del tennis, di qualsiasi tv

Elogi e critiche saranno pubblicate, nel rispetto di ogni opinione, purché civili e meglio se firmate da nomi veri, onde evitare le possibili critiche “interessate” di collega a collega, così come eventuali elogi a se stessi. Precauzione e raccomandazione necessaria perchè abbiamo scoperto che episodii del genere sono realmente accaduti!
di Stefano Cecchi
Causa serrata del campionato, per un giorno non abbiamo ascoltato le loro voci in tv. E forse è un bene, una sorta di tisana depurante per chi il calcio lo amava eccome anche quando le telecronache di Carosio, Martellini e Pizzul erano piene di salubri pause silenziose.
Le chiamano «seconde voci» e di solito sono ex calciatori chiamati ad affiancare il telecronista col compito di spiegare chi è il giocatore che ha sbagliato o raccontare il perché di un movimento. Il guaio è che spesso i loro commenti, invece che spiegare, galleggiano fra il nulla cosmico e il grottesco, rendendo la partita in tv eccitante come un karaoke con Giovanardi.
IN QUESTO Angelo Di Livio (giubilato da Sky ma che ogni tanto riaffiora sulla Rai) è il numero uno. Anni fa, commentando una gara della Fiorentina, riuscì a usare per 84 volte l’aggettivo «importante». Tutto per lui in quella gara era «importante»: le punizioni, i cross, gli starnuti e perfino il gelataio che passava in tribuna. L’unica cosa non importante erano i suoi commenti tecnici, banali al punto che pure zia Agata, scartando un jack a burraco, se ne lamentò: «Almeno Marzullo è raccomandato».
Anche Franco Causio le volte in cui ha affiancato il telecronista su Sky è stato spumeggiante come un pranzo di Natale alla Comunità di Sant’Egidio. Una salva mortifera di frasi fatte e banalità che nemmeno il Biscardi del «qui al Processo le polemiche fioccano come nespole». Per non parlare di Carletto Muraro, effervescente come una spuma al cedro stappata due anni prima.
LE COSE NON vanno certo meglio in casa Rai, anzi: i commenti di Ubaldo Righetti sono entusiasmanti come una gastroscopia; quelli di Paolo Tramezzani interessanti come una pubblicazione sul corbezzolo di montagna; Mazzola suscita la stessa allegria di una quaresima sul Monte Athos; Giuseppe Dossena è talmente un fuoriclasse al punto che nessuno a casa condivide ciò che ci dice (a volte perfino il telecronista è costretto a contraddirlo) mentre Vincenzo D’Amico, oltre a non azzeccarne una come Gianfranco Fini in politica, ispira la simpatia contagiosa di una difterite. La stessa che su Sky riesce a conquistarsi Massimo Mauro, ex calciatore, ex juventino, ex ds, ex politico, ex tutto che probabilmente non stava simpatico neppure al suo catechista. In compenso, a strappare qualche risata fino a qualche tempo ci pensava Salvatore Bagni, le cui telecronache si collocano di diritto nella categoria dell’assurdo insieme al teatro di Ionesco e al parrucchino di Sandro Mayer.
E’ VERO, FRA i calciatori-commentatori ci sono anche delle lodevoli eccezioni: Boban, Adani e Costacurta su Sky, Di Gennaro e Galli su Mediaset Premium sono bravissimi, aggiungendo valore alle telecronache con le loro letture tecniche. Ma la stragrande maggioranza della categoria è una lunga cavalcata lungo il baratro del banale. Dicono che combattere contro l”ovvio” sia una battaglia disperata per la sua inutilità. Ma almeno, visto che uno paga per sentire tanta fuffa, una tantum di tre colonne per lamentarsene non guasta.
​Stefano Cecchi
inviato speciale de La Nazione
Autore del libro “Violitudine”, edizioni Effequ​

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