Ma che noia in questi primi giorni del Masters 1000 monegasco

Editoriali del Direttore

Ma che noia in questi primi giorni del Masters 1000 monegasco

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Vogliono più giorni, ma poi non riescono a programmare partite decenti. Né ieri, né oggi con Seppi-Robredo e Verdasco-Dimitrov ingiustamente declassati. La guerra Roma-Madrid che…nessuno vincerà. La situazione della stampa a Roma è da terzo, anzi quarto mondo
I Masters 1000 si scannerebbero fra loro per conquistare 2, 3, 4 giorni in più. Magari una settimana in più, sognando di avvicinare la durata degli Slam. Per un intuibile motivo. Allungando i giorni di gara aumentano anche i giorni d’incasso. E chi sogna di avere un tetto, come Roma, lo fa sia perchè teme la pioggia – rovinosa se decide di cadere nei giorni delle finali: saltano o slittano le tv e i contratti pubblicitari, l’audience del lunedì non è quella della domenica – sia perchè vuole garantirsi il doppio incasso con le sessioni pomeridiane e quelle serali. Con l’umido che c’è a Roma nei pressi del Tevere alla sera spesso non bastava il piumino per non restare intirizziti dal freddo e con il mal di gola.
Il calendario primavera-estate della brevissima stagione sulla terra rossa prima del Roland Garros è affollatissimo, si contendono le poche settimane di aprile e maggio, dopo i tornei d’assaggio di Casablanca e Houston, ben tre Masters 1000 (Montecarlo, Roma e Madrid) e tornei di notevole tradizione come Barcellona.
Pensare che, con Montecarlo che ha troppo pochi campi per ospitare un “combined” – e difatti è anche l’unico Master 1000 che non “obbliga” i top-ten a partecipare, gli assenti non vengono sanzionati – Roma o Madrid riescano a conquistare più giorni di quelli di cui oggi godono, mi sembra abbastanza improbabile, al di là dei vari proclami.
Da due anni Roma e Madrid si scambiano segnali di guerra. A Roma il presidente FIT Binaghi aveva fatto dichiarazioni ottimistiche, da Madrid Ion Tiriac aveva risposto per le rime. Roma invocava la maggior tradizione e la cornice decisamente più suggestiva della triste Caja Magica – tre campi coperti, certo, ma incassati in un gruppo di simil-container, una sorta di mega-scatoloni – ma Madrid diceva di poter vantare appunto i tre campi coperti, situazioni logistiche migliori, e il maggior gradimento dei giocatori. Insomma a sentir l’uno e l’altro l’esito pareva scontato, ma opposto.
Il povero Brad Drewett, CEO dell’Atp, è stato purtroppo stroncato da un male incurabile e tutti i discorsi sulla possibilità di formare 4 mini-Slam per avvicinare gli Slam sono stati rinviati a data da destinarsi.

L’altro giorno a Roma, durante la presentazione assai narcisistica degli Internazionali d’Italia, ho sentito parlare di quinto Slam, di affluenze immaginarie e raccontare tante di quelle balle che ho dovuto far finta di non sentire.
Peraltro il parlarsi addosso, l’autopromozione e l’autoreferenzialità è fenomeno tipico di tutte le presentazioni. Anche quando ci sono le gare per aggiudicarsi le Olimpiadi se vai a sentire i dirigenti che le presentano…le loro “offerte” sono sempre le migliori.
Non ce n’è un politico che non autoincensi la propria organizzazione, che non magnifichi i propri straordinari progressi, che non garantisca di essere sempre il migliore fra quelli della propria categoria. Se i dirigenti fossero altrettanto creativi nei fatti come lo sono nelle chiacchiere, beh vivremmo in un altro mondo.
Da anni -per dirne una – Roma ha la peggior situazione di tutti i Masters, e di molti Atp 500 e Premier Wta, per quanto riguarda la stampa. E la stampa è quella che di solito è preposta a far circolare l’immagine di un torneo. Beh, se chiedeste a colleghi stranieri cosa pensano di come è organizzata la logistica, rabbrividireste. La sala interviste si trova a 400 metri di distanza dai desk della sala dove si scrive. Diventano 800 metri (più una sessantina di scalini) se uno la deve percorrere avanti e indietro. E 8 km (e 600 scalini) se un giornalista che voglia fare bene il suo mestiere (e non restare soltanto davanti alla tv in sala stampa ad ascoltare le domande dei colleghi) decida di prendere parte a 10 conferenze stampa delle 30 che si possono svolgere in un giorno.
Chi decide di farlo – aspettando paziente i consueti ritardi delle star che dicono di arrivare ad un’ora ma arrivano 15 minuti dopo, e se fra una conferenza e l’altra se ci sono 10 minuti di “buco temporale” che fare? Tornare in sala stampa? Restare lì inerte? – lo fa a suo rischio e pericolo, perchè se succede qualcosa su qualche campo non saprà nulla. Soltanto l’anno scorso, e dietro mia pervicace insistenza si è riusciti finalmente a dotare la sala interviste di un monitor che mostrasse almeno i risultati dei campi.
I due tennisti che arrivano in finale a un Master 1000 giocano 5 incontri in 8 giorni, Quelli che perdono meno incontri. Perchè non dovrebbero essere i giocatori a raggiungere, una volta ogni due giorni, a raggiungere i giornalisti e non viceversa? Perchè, pare, agli atleti – che pure hanno le cart che li scarrozzano -non si può chiedere di prendere un ascensore o di fare degli scalini. Nè si trovano vie alternative e protette, per nasconderli ai cacciatori di autografi. A Wimbledon i tennisti fanno centinaia di metri dai campi agli spogliatoi, e poi alle sale stampa, e così negli altri tornei, ma a Roma il direttore del torneo ha le sue priorità: teme di non “servire al meglio” i viziatissimi tennisti e dei giornalisti chissenefrega…anche se nei tornei da sempre organizzati dal “rivale” di Madrid Ion Tiriac sono ospiti a pranzo e cena, e così anche ai Masters 1000 americani mentre negli altri Slam hanno una diaria di una ventina di dollari per potersi cibare visto che stanno anche 18 ore al tennis.
Secondo me non è necessario investire soldi per offrire pasti ai giornalisti, basterebbe che essi avessero un posto decente dove cibarsi e non un sgabuzzino con i panini dell’Autogrill e code interminabili per farl riscaldare o prendersi un caffè a pagamento (ma gratis negli altri tornei)…
Pazienza per il cibo – anche se una settimana così non è il massimo – ma consentir ai giornalisti di lavorare bene, in ambienti decorosi, con armadietti dove poter lasciare il computer se ci si allontana per due ore per seguire 4 interviste, dovrebbe essere un must. Soprattutto se si compiono battaglie d’immagine per assicurarsi consensi e …più giorni di torneo.

Scusate il lungo inciso, che può sembrare interessato, ma non lo è. Mi secca soltanto che si faccia nei confronti della stampa internazionale a figura d un’organizzazione da terzo mondo, quando poi si vantano progressi mirabolanti.

Tornando al discorso giorni e tornei Master 1000, beh, dopo aver visto questi primi giorni del torneo di Montecarlo che sembrano fatti apposta per vendere i biglietti a chi si illude di vedere qualche bella partita, mi chiedo: ma siamo sicuri che i Master 1000 meriterebbero più giorni di gara? Beh, certo, tanto per cominciare con qualche giorno in più avrebbero la possibilità di costringere anche le prime otto teste di serie a giocare una partita in più, con un tabellone di 64 tennisti. E per vincere questi tornei quindi occorrerebbero sei vittorie e non soltanto cinque.
Però il programma di domenica prevedeva solo tre primi turni (più gli incontri finali delle qualificazioni) e quello di lunedì 11 singolari senza grandi giocatori.
Tant’è che l’unico match decente è stato quello vinto in 3 set da Dolgopolov su Coric. Gli altri, a cominciare dal solito impresentabile Gulbis, che ha raccolto un game con Haider-Maurer, sono stati inguardabili. Quasi tutti conclusi in 2 set poco combattuti. Incluso il 63 61 con cui Fognini ha liquidato l’ex semifinalista di Wimbledon Janowicz, forse condizionato da un problema alla schiena (che però non gli ha suggerito di lasciare il posto, e i soldi, a un lucky loser). Interesse zero. Consolazione: dopo la sconfitta d Bolelli con Estrella Burgos, almeno un italiano, Fognini appunto, è al secondo turno. Giocherà contro il vincente di Dimitrov-Verdasco e non saranno rose e fiori.
Mah, speriamo meglio per un po’ di bel tennis per questo martedì, ma la programmazione esageratamente filo-francese e con scarsa attenzione a valori tecnici, mi è parsa sbagliata. Almeno Fernando Verdasco (ex finalista qui) e Grigor Dimitrov avrebbero dovuto andare sul centrale, e non soltanto terzo match sul Court des Princes. Sul centrale invece giocano Monfils-Kuznetsov e Tsonga-Struff (sebbene per Tsonga a lungo infortunato ci sia giustificato interesse). Poi Djokovic (che va certo rispettato in quanto n.1 del mondo e gran favorito)-Ramos Vinolas, sebbene non sia match che faccia correre la gente per vederli scambiare. Poi chiudono sul centrale Ferrer e Estrella Burgos, il simpatico ma modesto giustiziere dominicano di Simone Bolelli. Io mi vedrò Robredo-Seppi, anche se capisco che per chi non sia italiano o spagnolo, non sia neppure esso un match di cassetta. Ma quale lo è? Non ricordo di aver visto giocare Pouille, ma un’occhiata al suo avversario Thiem, che è sulla strada di Nadal, la voglio proprio dare. A me Thiem piace.
Ma il guaio del tennis di oggi è che salvo alcune star, gli altri tennisti non entusiasmano. Meglio liberarsene alla svelta allora. Meno giorni, quindi, non di più, semmai, in questi Masters 1000.

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