ATP Montecarlo, (s)punti tecnici: la coordinazione da cestista di Gael Monfils

(S)punti Tecnici

ATP Montecarlo, (s)punti tecnici: la coordinazione da cestista di Gael Monfils

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Gael Monfils sembra inarrestabile sulla terra rossa di Montecarlo, un’ala piccola prestata dal basket al tennis che, alle movenze feline degli arti inferiori, abbina un braccio d’oro

La coordinazione da cestista di Gael

Poco più di un anno fa, in una delle analisi tecniche sugli Australian Open 2014, avevo abbozzato un breve ritratto tennistico di Gael Monfils, che riporto qui come introduzione:

La cosa affascinante di Monfils, che lo rende simpatico da sempre, è la sua totale distonia rispetto all’ambiente, ai rituali, ai gesti e alle tradizioni del tennis. Sembra strano dirlo di uno che è stato 7 del mondo, ma parliamoci chiaro: Gael, con il tennis, non c’entra nulla. E il fatto che sia così forte lo rende un paradosso vivente dal carisma ineguagliato. Il fisico, le espressioni del viso, l’atteggiamento, il linguaggio del corpo sono da giocatore di basket americano: ma non dell’NBA, lui è un tipo da playground di periferia, partitelle tre contro tre, musica rap e hip-hop, graffiti e skateboard.

I movimenti stessi, e il footwork sul campo da tennis, sono diversi da tutti gli altri. Lo step di aggiustamento che esegue per caricare il dritto sembra appunto un arresto-e-tiro del basket, stance completamente frontale, flessione estrema delle gambe, spinta verticale delle stesse e ingresso di anca e busto violentissimi, impatto in sospensione. Verrebbe da chiedergli: “ma stai tirando un lungolinea o stampando giù una schiacciata a due mani?”. Fantastico, uno che non si riesce a immaginare con addosso una polo bianca con le maniche.

Da questa fisicità esplosiva e contemporaneamente elastica Gael ricava servizio, dritto e rovescio di potenza assoluta, in grado di lasciare fermo chiunque, e recuperi difensivi al livello dei migliori. Certo, a volte è uno scriteriato tatticamente, e la continuità non è il suo forte: ma d’altronde, se no non sarebbe lui.

Confermo e ribadisco gli appunti scritti allora, e ritengo che dopo la magnifica cavalcata che ha portato l’attuale numero 18 ATP in semifinale al Masters 1000 di Montecarlo, con vittorie in sequenza su Kuznetsov, Dolgopolov, Federer e Dimitrov (vittorie tra l’altro ottenute in crescendo a livello di punteggio, 6-4 al terzo con l’ottimo qualificato russo, 7-6 7-6 all’ucraino, 6-4 7-6 allo svizzero e 6-1 6-3 al bulgaro, e questo tipo di progressione è molto significativa, a prescindere dalla qualità degli avversari), l’istrionico campione francese meriti di essere analizzato più in dettaglio.

Detto del suo modo assolutamente personale di stare in campo, un’ala piccola prestata dal basket al tennis, e qui siamo nell’ambito dell’atteggiamento e della personalità, dal punto di vista tecnico proprio il gioco di gambe e il modo di muoversi “da pallacanestro” sono una delle caratteristiche più interessanti di Gael. Falcate ampie, baby-step di avvicinamento appena accennati, appoggi piantati giù con energia quasi eccessiva ma allo stesso tempo incredibilmente leggeri: Monfils sembra la versione maschile di Venus Williams, con la quale condivide l’essere estremamente longilineo (baricentro alto), la postura dinoccolata e la capacità di coordinarsi e trasferire il peso sulla palla pur arrivando spesso “al galoppo” sui colpi, gestendo in apparente scioltezza e disinvoltura dei passi tanto lunghi che manderebbero fuori tempo chiunque non sia un talento fisico naturale, con il tipico senso del ritmo nella corsa degli atleti di colore, come “LaMonf” e la “Venere Nera”.

Grazie a questa qualità personalissima ed efficace negli spostamenti, Gael è uno tra quelli che possono permettersi di stare più lontani dal campo (quindi quasi impossibile da “sfondare” di potenza), senza per questo perdere troppa incisività nello scambio. Ma ovviamente, per battere uno dopo l’altro giocatori tanto brillanti ed esplosivi quali Dolgopolov, Federer e Dimitrov (i primi due non esenti da colpe, cioè occasioni mancate, specie Roger, il malcapitato Grigor addirittura neutralizzato al limite dello sconforto e dell’impotenza tecnica), correre e difendere non basta di certo. E infatti, alle movenze feline degli arti inferiori, Monfils abbina un “braccio d’oro” tra i migliori in circolazione.

Come riesce a fare, oltre a lui, il nostro Fabio Fognini, Gael è capace di sviluppare lo swing (in particolare del dritto) all’occorrenza quasi senza ingresso della spalla, e con una rotazione busto-spalle appena accennata, per l’appunto solo e solamente di braccio. Il tutto con tanta velocità pura della testa della racchetta da rendere a volte illeggibili le traiettorie (Dolgopolov battuto con le sue stesse armi, le accelerazioni improvvise e le finte, Federer lasciato fermo a metri dalla palla più di una volta), e perfino di compensare totalmente l’inerzia dello spostamento tirando da una parte mentre l’intero corpo è ancora proiettato dall’altra. Esempio: questo clamoroso passante in cross con cui si è portato sull’uno pari nel secondo set del match contro Federer.

https://youtu.be/a5qBooI9mzk?t=181

Monfils in corsa laterale-arretrata diagonale, palla che parte in direzione diametralmente opposta: una delle cose più difficili da fare su un campo da tennis senza perdere il controllo, talento “di braccio” purissimo. Oltre a questo tipo di prodezze, Gael è capace di produrre botte pazzesche così come palle corte perfette anche in equilibrio apparentemente precario (precario per i “normali”, ma non per un fenomeno del genere): ho già evidenziato che non stiamo parlando di uno solido e continuo, se a questo tennis da circo si abbinasse anche la consistenza duratura Monfils avrebbe già degli Slam in saccoccia, ma quando azzecca la settimana giusta, oltre a poter battere chiunque, il divertimento è assicurato. Vedremo con Berdych, e con tutto il rispetto possibile per il buon Tomas, a mio avviso se “LaMonf” non scende di rendimento il favorito è lui.

One-Handed Backhand Appreciation Corner

Come previsto, le battaglie sulla terra battuta non sorridono ai Cavalieri del Bene, assediati da ogni lato e in grande difficoltà contro la brutale solidità bimane, esaltata dalla lentezza della superficie. Se a questo aggiungiamo il crudele destino, che ha ammassato i migliori tra gli Illuminati della presa Eastern – il Vecchio Jedi Roger, Stan-The-Man e l’Apprendista Bulgaro Grigor – nella parte bassa del tabellone, poi devastata dall’esplosione del Tiramolla Francese Gael, una Nemesi tanto speciale da non poter essere nemmeno considerata un vero nemico della Luce, c’è poco da fare.

Si onorano i Caduti, si fortifica la Fede, e ci si ritira a difesa dell’Ultimo Bastione, in attesa di tempi migliori. Tanti anni fa, un Corvo leggendario esattamente come noi Guardiani della Notte, disse qualcosa che è nostro dovere ripetere e non dimenticare mai, per quanto possa essere difficile non vacillare al cospetto dell’Inverno in arrivo: “Non può piovere per sempre”.

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