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Tennis e statistiche avanzate: le cause di un rapporto difficile

Last updated: 23/04/2015 12:35
By Valerio Vignoli Published 22/04/2015
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6 Min Read

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La questione arriva da un articolo del Guardian: nel tennis non si utilizzano abbastanza le “analytics” che sono la norma in altri sport di squadra. Perché? Chi ne potrebbe trarre i maggiori vantaggi? Come cambierebbe la disciplina?

Immaginate di ascoltare per la prima volta una telecronaca di tennis nella vostra vita. Potreste rimanere stupefatti dalla quantità di affermazioni senza basi statistiche ed empiriche pronunciate dai commentatori. Cose del tipo: “a meno che tu non sia un grande servitore conviene decidere di rispondere nel primo gioco”, “la maggior parte dei break decisivi arriva nel settimo game del set”, “nel tie-break è favorito chi batte meglio”, “Nadal è molto più vulnerabile quando viene attaccato sul rovescio”, eccetera. Spesso hanno ragione i colleghi dietro al microfono per carità. Non si vuole mettere in dubbio le loro competenze e la loro esperienza. Piuttosto è il caso di evidenziare un notevole ritardo del tennis rispetto ad altri sport (in particolare quelli americani) nello sviluppo sistematico delle cosiddette “Analytics”,  ovvero i dati avanzati basati sull’uso delle nuove tecnologie e di accurati studi statistici.

Come sottolinea un interessantissimo articolo scritto da Ben Rothenberg sul Guardian, le cause di questo gap sono in sostanza due. La prima è l’assenza di una gestione centralizzata delle statistiche. Da una parte questo dipende dal fatto che sono i singoli tornei a disporre della tecnologia Hawk-Eye, in grado di rilevare tutto ciò che succede in campo. Comprensibilmente gli organizzatori degli eventi, dovendo concentrare tutte le proprie risorse ed energie in massimo due settimane, hanno ben altre priorità che condividere con giornalisti, pubblico e giocatori tutta l’enorme mole di dati registrata da occhio di falco. Perciò si limitano, quando va bene, come nei tornei maschili Masters 1000, a qualche sporadica grafica per gli spettatori. D’altra parte invece va menzionata una certa frammentazione tra le aziende che si occupano dell’elaborazione delle statistiche a seconda della federazione e dell’evento. Ad esempio i Grandi Slam si affidano alla IBM e alle sue cervellotiche (per che li ha mai guardate) “Keys to the Match”, l’ATP ha appaltato alla FedEx la responsabilità e infine la WTA ha concesso la licenza alla SAP. Il motivo di questa eterogeneità? Sponsor e denaro banalmente. La seconda e più importante ragione è la mancanza di incentivi alla creazione di Analytics più complete e specifiche. Negli sport di squadra il proprietario del team ha interesse a sviluppare un indice che misuri con precisione quanto incide un giocatore nel gioco e nei risultati. Se il calciatore o il cestista del caso è decisivo allora si merita un contratto più remunerativo. Se non lo è lo si può vendere. Nel tennis i giocatori sono i boss di loro stessi e anche dei loro allenatori. Se Federer vince una partita è tutto merito suo ed è solo lui che ci guadagna. Nessuno ha interesse ad esaminare e a valutare le sua performance se non Federer medesimo.

Ma se fossero proprio i giocatori ad investire nella creazione di statistiche più dettagliate, magari commissionando la faccenda ad una sola compagnia? Oltre a far risparmiare molto tempo a qualche fanatico della materia come Jeff Sackman, che in due anni nel suo sito “Tennis Abstract” ha raccolto e ordinato migliaia di tabellini, i tennisti ne beneficerebbero direttamente. Per esempio il piano tattico non sarebbe più basato esclusivamente sui precedenti scontri diretti o su voci di spogliatoio ma anche su inconfutabili dati empirici. Non ci sarebbero più segreti. Poi ovviamente la strategia va messa in atto e a volte ciò non è possibile, spesso a causa di un divario tecnico/fisico o di lacune mentali. Ma quanto meno qualunque tennista idealmente saprebbe come mettere in difficoltà il suo avversario di giornata. Magari le Analytics ci riveleranno anche che alcuni giocatori apparentemente molto istintivi, come Dolgopolov o Gulbis, in realtà sono prevedibili. Oppure smentiranno alcuni dei luoghi comuni tra quelli sopra citati, dimostrandoci per esempio che Isner, Raonic e gli altri big servers, non sono poi così avvantaggiati nei tie-break.

Capisco che i romantici possano storcere il naso ma le statistiche avanzate sono ormai la realtà in molte discipline a livello professionistico e, prima o poi, probabilmente, anche il tennis ne farà un utilizzo più massiccio ed esteso. E i commentatori avranno finalmente l’opportunità di formulare affermazioni basate su dati di fatto e non solo sulla propria umana e fallace memoria.


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