Bobby Riggs, il gentiluomo del tennis che perse da Billie Jean King

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Bobby Riggs, il gentiluomo del tennis che perse da Billie Jean King

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Breve storia di Bobby Riggs, golfista, pokerista, scommettitore e numero uno del tennis a tempo perso

Riggs è un grande campione. Ha sconfitto Segura e ha sconfitto Budge quando Don era solo leggermente al di sotto del suo miglior gioco. Per questo motivo, ogni volta che Robert Larimore Riggs di Altadena, California, rivela qualche segreto di stato su come vince i match di tennis, sono più che disposto ad ascoltare.

Basterebbero queste parole di Jack Kramer a farci capire che Bobby Riggs si è meritato il suo posto nella storia del gioco. Ce ne vogliono certamente di più per tratteggiare anche solo per sommi capi una vita che ne ha contenute molte altre. Grande tennista, golfista, attore, ma sempre e sopra ogni altra cosa “gambler”, giocatore d’azzardo e scommettitore.
Diceva: “If I can’t play for big money, I play for a little money. And if I can’t play for a little money, I stay in bed that day”. Giocava a tennis col vice-presidente americano Henry Wallace e a golf con Johnny “Jackie the lackey” Cerone, sicario della mafia di Chicago e protetto del boss Sam Giancana.

Ma andiamo con ordine. Robert Larimore “Bobby” Riggs nasce a Los Angeles il 25 febbraio 1918, ultimo dei sei figli di un pastore protestante e la condizione di ultimo fratello lo abituò ben presto alla competizione. Esile e non eccessivamente alto, raggiungerà il metro e settanta e non di più, il giovane Bobby dovrà imparare a imporsi con l’abilità e la testa più che con le doti fisiche.
Da giovane è una promessa del ping pong, come il grande Fred Perry che fu campione del mondo prima di dominare il tennis, e quel frenetico sport gli dona colpo d’occhio, riflessi e l’abitudine ad anticipare la palla per rubare il tempo all’avversario. Il fratello John gioca a tennis al campo pubblico, un pomeriggio Bobby lo accompagna e rimane folgorato. Mentre John è in campo nota un uomo che lancia al suo cane una vecchia racchetta a mo’ di bastone e, sfoderando parlantina e faccia tosta lo convince a regalargliela. Armato di nuovo corre dal fratello e gli chiede di giocare. E’ tanto coordinato che colpisce subito la palla con regolarità e dopo poco viene notato da Esther Bartosh, docente di anatomia e al terzo posto delle classifiche femminili di tennis a Los Angeles. Esther prende John in disparte e gli dice
Il piccolo ha occhio ed età giusti per imparare, se lui è d’accordo sarei ben felice di insegnargli a giocare”. E’ il 1929 e Bobby ha undici anni.
Da quel momento si allena ogni pomeriggio con miss Bartosh e deve ben presto procurarsi una seconda racchetta. Baratta con un vicino quella della sorella in cambio di un centinaio di biglie che rivince prontamente il giorno dopo in un accanito pomeriggio di ping pong. L’animo da scommettitore è già lì.
A tredici anni è il numero uno della categoria in California e sotto la rigida direzione della sua allenatrice il gioco di Riggs migliora costantemente. Dopo aver perso in semifinale ai campionati nazionali di categoria a Culver in Indiana Bobby scappa in un angolo a piangere di rabbia. Esther lo raggiunge e gli dice “La prima lezione, Bobby, è imparare ad essere un buon vincitore ed un perdente ancora migliore. Comunque vada l’incontro vai a rete, sorridi e stringi la mano al tuo avversario. Sono queste le buone maniere”. Bobby non lo scorderà mai più e sarà sempre un gentleman sui campi anche quando, dice, avrebbe preferito rompersi la mano contro un muro piuttosto che stringerla all’avversario. Miss Bartosh lo presenta alla federazione californiana di tennis che si mostra però scettica sulle potenzialità di Bobby. “Riggs is too small” le rispondono, e questo è solo il primo capitolo di un rapporto con le istituzioni del tennis che non sarà mai felice. La carriera di Riggs prosegue nelle categorie giovanili, vince spesso e quando non vince arriva in finale. E’ un retriever, uno che ribatte tutto, un piccolo uomo veloce come nessuno sul campo e con un arsenale di colpi ed effetti che mettono in crisi avversari più potenti. Il suo gioco non ha punti deboli e i limiti fisici vengono annullati da una forza psicologica devastante, Bobby possiede un cervello analitico e lo usa per classificare, ricordare e sfruttare al momento opportuno i punti deboli dei giocatori che incontra. Non perde mai due volte di fila con lo stesso avversario. A diciott’anni è pronto per entrare nel circuito ma Perry Jones, gran capo del tennis californiano, non lo vede. Per lui Riggs è sempre troppo piccolo. Pochi anni dopo Jones faticherà anche a notare le potenzialità del giovane Pancho Gonzales e ciò non depone certo a favore del suo intuito. Riggs però insiste, vuole andare a Est per i grandi tornei americani su erba, quindi manda al diavolo la federazione e parte a sue spese insieme all’amico e collega Wayne Sabin. Nel corso del viaggio vince i campionati nazionali su terra a Chicago e batte contro pronostico Frank Parker utilizzando un gioco morbido e senza peso e sfiancandolo a furia di smorzate e pallonetti. Vince anche alla sua prima esperienza sui campi in erba e scopre che su questa superficie il suo controllo di palla può fare la differenza. I giornali nazionali cominciano ad accorgersi di lui ma lo dipingono come un ribelle per via degli screzi con Jones. Per Alison Danzig del New York Times Riggs diventa “The bad boy of tennis”.

Se non è vittoria è finale e in una di queste il grande Don Budge, di tre anni maggiore, lo spazza via per tre set a zero. Ma Budge in quegli anni è il re del tennis, è potente, attacca la rete e ha il miglior rovescio della storia. Ma Riggs è ormai il numero due americano e quando Don passa al professionismo dopo il grande slam del 1938 è pronto per prenderne il posto. Ad allenarlo, oltre a miss Bartosh, giunge anche Eleanor “Teach” Tennant, che qualche anno dopo plasmerà il gioco assassino di Maureen Connolly portandola al primo grande slam femminile.
Il 1939 è l’anno di Riggs. Finalmente la federazione acconsente a mandarlo in Europa per il Roland Garros e Wimbledon e a Parigi Bobby perde la finale da Don McNeill Al Queen’s, il torneo londinese che precede Wimbledon, viene umiliato dal grande Gottfried Von Cramm, appena scarcerato nella Germania del Reich dopo una condanna per presunta omosessualità. Il barone tedesco viene però escluso dai Championships e Riggs ha via libera per il trofeo. Vince anche il doppio in coppia con Elwood Cooke e il misto con Alice Marble. Il tennista Gardnar Mulloy, amico di una vita e con lui a Londra in quei giorni, racconta che Bobby vinse circa 108.000 dollari del tempo scommettendo illegalmente sulla sua triplice vittoria. Ha solo ventun’anni è il numero uno del mondo e mostra già la sua reale natura.
Farà in tempo a vincere anche i campionati americani a Forest Hills nel 1939 e nel 1941 prima che la Seconda Guerra Mondiale spezzi in due tronconi la sua carriera. Bobby viene arruolato in marina e nel viaggio in nave che trasporta le reclute nella base di Pearl Harbour alle Hawaii vince circa 500 dollari a poker. I suoi quattro anni in marina trascorrono fra nottate al tavolo da gioco e pomeriggi dedicati ad insegnare tennis alle truppe e al contrammiraglio John Hoover, uno che avrà ruoli di comando nello sbarco americano di Iwo Jima. E’ lo stesso Hoover che organizza un tour di cinque incontri stile coppa Davis fra la Marina di Riggs e Wayne Sabin, e l’Esercito che schiera Don Budge e Frank Parker. Si gioca nella primavera-estate del 1945, cinque volte fra l’arcipelago delle Marianne e l’isola di Guam, su campi di sabbia mista a corallo sminuzzato oppure sul cemento delle piste di atterraggio dei bombardieri. La quinta serie di incontri si gioca sull’isola di Tinian ai primi di agosto del 1945, pochi giorni prima di Hiroshima. Mentre Riggs e Budge si allenano possono vedere alla fonda nel porto la Uss Indianapolis , l’incrociatore che ha portato segretamente sull’isola “Little Boy”, l’atomica che porrà fine al conflitto. Quella nave, poco dopo la mezzanotte del 30 luglio 1945, verrà colata a picco da un sommergibile giapponese nel mar delle Filippine infestato dagli squali. Quattro giorni dopo i soccorritori troveranno soli 316 superstiti sui 1196 che erano a bordo della nave.
In quelli che sono ricordati come “I matches del Pacifico” Riggs sconfigge Budge per per la prima volta, affermandosi poi per tre volte su cinque incontri. Bobby trarrà da queste affermazioni ufficiose la sicurezza per sconfiggere Don anche quando, dopo la guerra, entrambi si ritroveranno a giocare fra i professionisti gestiti da Bill Tilden.

Riggs sarà uno dei migliori del pro tour fino al ritiro nel 1952, battagliando ad armi pari sia con Budge che con il grande Jack Kramer, suo ottimo amico per sempre.
La seconda vita di Bobby ha sempre per teatro i campi in erba, solo più grandi e con diciotto buche. Nel secondo dopoguerra il golf conosce un’esplosione incredibile, decine di nuovi percorsi vengono costruiti in tutto il paese inaugurando quella che è stata chiamata l’età dell’oro delle scommesse sul golf. I Country club del sud e dell’ovest si popolano di milionari e star del cinema come Erroll Flynn e Walter Pidgeon che amano scommettere su ogni singola buca con personaggi dalla dubbia reputazione e spesso legati alla malavita. Ciò che accadeva in quei ristretti circoli esclusivi appartiene al mito e ancora oggi nelle club houses e intorno ai tavoli di carte, bevendo birra ghiacciata il passaparola tramanda le gesta di personaggi da frontiera americana. Al “La Gorce Country Club” di Miami, base di Bobby e paradiso dei giocatori di professione, si aggiravano uomini noti come “The stork”, “Shaggy Ralph”, “Charlie the blade”, “The Whisky drinker”, solo per citarne alcuni. Erano tutti terrificanti giocatori e con le scommesse guadagnavano in una settimana quello che all’epoca un golfista professionista incassava in un anno.
Celebre a questo proposito la battuta di uno dei più grandi, Alvin “Titanic” Thompson, chiamato così perché affondava tutti. Richiesto del motivo per cui non passasse professionista rispose che non poteva permettersi la riduzione di stipendio. Una volta vinse 1.000 dollari scommettendo che avrebbe scagliato la palla a 500 yarde di distanza quando i professionisti non superavano le 200. Lo fece tirando sulla superficie di un lago ghiacciato e sfruttando i rimbalzi. Il suo trucco preferito era vincere qualche migliaio di dollari al riccone di turno e proporgli la rivincita al doppio o al triplo giocando con la sinistra. Quello accettava di corsa, non potendo certo immaginare che Titanic era ambidestro!
Alcuni erano dei veri artisti dell’azzardo.
John Montague, alias LaVerne Moore scommise, vincendo, che avrebbe colpito un passero posato sui cavi del telefono con un ferro tre. Un’altra volta ruppe la finestra della sua stanza d’albergo, dal fondo della quale poi sparava palline nel parcheggio senza toccare i bordi del vetro. Vinse una gran somma a Bing Crosby giocando alternativamente con un rastrello, una zappa e una mazza da Baseball.
Da simili maestri Bobby impara in fretta, soprattutto da Martin Stanovich, “Fat Man” per via dei 110 kg di peso, che gli insegna l’arte di scommettere sul golf. Bobby lo descrive così: “Piedi piantati per terra, testa bassa, aveva un movimento ridicolmente breve e colpiva la palla come un uomo che cerca di uccidere uno scarafaggio con un piede di porco. Ma la sua palla era sempre più lunga e precisa delle altre. Non gioco mai a soldi con lui a meno che non mi dia mezzo campo di vantaggio”.
Riggs coglieva sempre al volo l’occasione alzare la posta perché la pressione migliorava il suo gioco e schiacciava invece i novellini. Un giorno del 1953 Riggs giocò per una settimana al “Greenbrier Country Club” in West Virginia insieme a Dan Topping, proprietario dei York Yankees di baseball, José Dorells detto “il conte” perché portava il monocolo sul green e Ray Ryan, un petroliere forse legato alla malavita della Florida, mediocre golfista e amante delle grosse scommesse.
Bobby racconta che Ryan era convinto di vincere e nel corso della partita continuava a puntare a piene mani. Al termine della prima giornata aveva perso 100.000 dollari, che alla fine della settimana erano diventati 500.000. Il giorno dopo Ryan pagò tutti in contanti col sorriso sulle labbra dicendo “Ragazzi, se mai dovessi vincere vorrei essere pagato allo stesso modo”.
La settimana seguente a New York Riggs perse i 180.000 dollari che aveva vinto a golf in una partita a gin rummy contro lo stesso Ryan.
Era un paradiso e nessuno sapeva quanto sarebbe durato” diceva Bobby di quel periodo. Durò fino ai primi anni settanta, quando i sempre maggiori scandali convinsero i principali golf club a chiudere le porte a personaggi di quella fatta. Gli altri seguirono a ruota. Ma Riggs è un mattatore, ha il senso dello spettacolo e nel 1972 si inventa quella che passerà alla storia comeLa battaglia dei sessi”.
Interpretando la parte del maschio sciovinista, in un momento in cui le femministe lottavano per maggiori diritti, sfida sul campo le due migliori tenniste dell’epoca, Margaret Court e Billie Jean King, quest’ultima fortemente impegnata nella battaglia per i diritti delle donne. Inizialmente la King rifiuta e così nella primavera del 1973 Bobby incontra e sconfigge nettamente la Court, che nel 1970 aveva realizzato il grande slam, per 6-2 6-1. E’ il 13 maggio 1973 e i giornali battezzano il match “Mother’s day massacre”.

Lo smacco spinge Billie Jean ad accettare la sfida, che ha luogo quattro mesi dopo, il 20 settembre 1973, all’Astrodrome Arena di Houston davanti a oltre 30.000 spettatori. Riggs ha 55 anni, la King 29. Bobby entra in campo circondato da splendide ragazze portando in braccio un maialino con la scritta “porco sciovinista” mentre Billie Jean è su un trono trasportato da schiavi muscolosi e seminudi. Inizia la partita ma Riggs non sembra in giornata, sbaglia tutto, Billie Jean lo attacca e gli toglie il fiato. Bobby perde secco per 6-4, 6-3, 6-3. Al termine dell’incontro salta la rete e abbraccia affettuosamente la King, come gli aveva insegnato miss Bartosh anni prima.
Questa è la storia ufficiale ma dietro le quinte si vocifera che tutto sia stato messo in piedi ad arte per organizzare un giro di scommesse milionario. Bobby avrebbe perso intenzionalmente per incassare una montagna di dollari scommettendo sulla King. Ad avvalorare questa tesi è uscito pochi anni fa uno speciale della ESPN che riporta una storia raccontata da un golfista ottantenne di Miami, tale Hal Shaw. Costui racconta di aver assistito di nascosto dal suo stanzino degli attrezzi ad un incontro avvenuto nell’inverno del 1972 al “Palma Ceia Country Club” di Tampa Bay, presenti fra gli altri i potenti capimafia Carlos Marcello e Santo Trafficante. Secondo Shaw i convenuti avrebbero discusso della proposta di Riggs di organizzare intorno ai due incontri un enorme giro di scommesse che gli avrebbe consentito di onorare un debito di centomila dollari con la malavita contratto puntando sui cavalli.
Richiesto di un parere sulla cosa il vecchio Gardnar Mulloy, amico di Bobby, ha detto
Non so come siano andate le cose, ma se lui ha avuto la possibilità di farlo lo ha fatto certamente”.
Robert Larimore Riggs muore di cancro il 25 ottobre 1995 e sarà confortato fino all’ultimo da Billie Jean King, amica affettuosa e sincera fin dalla sera di Houston.
Negli ultimi tempi Bobby non voleva che Billie lo vedesse ridotto com’era e allora lei gli telefonava spesso, anche a poche ore dalla morte.
I love you” è stata l’ultima cosa che Bobby le ha detto prima di riagganciare.

 

Raffaello Esposito

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