Tennishipster, terzo turno: anche gli hipster vanno sullo Chatrier

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Tennishipster, terzo turno: anche gli hipster vanno sullo Chatrier

E nel settimo giorno, lo Slam terminò: se i tennismainstream, belli riposati, scaldano i motori perché il bello sta per arrivare, il tennishipster è invece stremato dopo una settimana di tennis periferico, che ormai ha già salutato Parigi per dirigersi verso Mestre o Gimcheon

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Pur essendo una delle più belle cose, fortunatamente lo Slam del tennishispter non dura solo un giorno come le rose. Quando però si arriva oltre la prima settimana è grasso che cola, inutile nasconderlo. Dopo un bulimico primo turno e un digiuno ragionato nel secondo, occorre calibrare bene le forze e destreggiarsi con attenzione in un terzo turno che è un campo minato: ci sono tantissime teste di serie, purtroppo, e i pochi che resistono all’ondata vengono programmati su un campo dove si supera certamente la soglia massima dei 1.500 spettatori. Turandosi il naso, dunque, il tennishipster deve decidere molto attentamente chi seguirà e soprattutto dove lo seguirà. In tabellone sono rimasti pochi eroi: ci sono due derby tra chi non è testa di serie, c’è Mahut (il tennishipster ripensa con nostalgia a quei tre giorni sul campo n.17 e non può commuoversi al pensiero che lui, quella partita storica, la stava guardando dal primo quindici) e poi c’è ancora Kokkinakis, che forse avrà ancora sulle gambe e nella testa quell’8-6 al quinto e che gioca per la prima volta sul Philippe Chatrier (chissà quante altre ne giocherà, pensa malinconicamente il tennishipster, già rassegnato al roseo avvenire dell’australiano). Kokkinakis sullo Chatrier e Kyrgios (già testa di serie alla sua età! Purtroppo, all’alba di quel meraviglioso Wimbledon dello scorso anno, il tennishipster lo aveva previsto: ogni epifania, infatti, comporta anche un addio) sul Lenglen giocano contro Djokovic e Murray. Il tennishipster guarda con un misto di rassegnato rammarico quei due giovani entusiasti battagliare con quei due idoli che tanto vorrebbero sostituire. Oggi non vincono nemmeno un set, tra qualche anno saranno loro a lasciare le briciole a quelli che verranno dopo di loro. Il circolo dell’ambizione e del successo è tanto vizioso quanto inevitabile.

Per fortuna che esistono tennisti come Nicolas Mahut. Nel primo set contro Simon non vede palla, poi per due set è Gillou a non capirci più nulla. Nicolas scende a rete, gioca volée con un tocco sopraffino, tira vincenti imprevedibili e si permette pure il lusso di vincere due tie-break sul filo di lana con un punteggio identico. Il tennishipster, che su Nico non avrebbe scommesso un centesimo, segue il quarto set ben sapendo che basterà mostrare la minima crepa per lasciar spazio a quel mostro di regolarità e di timing che risponde al nome di Gilles Simon. Tanto è preciso e coordinato nell’arrivare sulla palla il francese più blasonato, tanto imprevedibile ed elegante il suo connazionale senza speranze. Conscio che arrivare al quinto significherebbe la rovina, il tennishipster dedica tutte le sue energie a Mahut. Ma serve a poco: l’inevitabile rimonta del ragioniere Simon mette Mahut in un angolo e lo stende per sfinimento.

Il tennishipster, quando ormai il suo Slam è agli sgoccioli, decide allora di concedere un’eccezione ad una delle sue regole auree e si sintonizza sullo Chatrier (non lo vuole ammettere, ma gli succede sempre più spesso). Kokkinakis, infatti, prova il ribaltone contro Novak Djokovic. Non ci crede nessuno, in realtà, nemmeno il tennishipster: ma se accadesse davvero l’imponderabile, come potrebbe mentire a chi gli domandasse dov’era quel giorno che Kokkinakis ha interrotto il sogno di Djokovic nel delirio dello Chatrier? Il giovane australiano, com’era prevedibile, gioca bene e ogni tanto spaventa il numero 1, ma la logica della classifica e dell’esperienza tornano ad imporsi per l’ennesima volta. Non ci sarebbe stato bisogno di mentire, ma non è il caso di correre rischi come questi. Poco male, si dice il tennishipster, senza nemmeno pensare al paradosso: è felice che il suo tennista abbia perso perché così non finira sui titoloni di Repubblica domani mattina (quando arrivano pure sul cartaceo è davvero finita).

È arrancando, come succede regolarmente ad ogni Slam, che il tennishipster arriva alla fine della giornata. Al contrario del torneo che guardano i tennismainstream, il suo Slam è una climax discendente. Si gode all’inizio su qualche campo periferico, si cerca sommessamente un’ultima piccola gioia – spesso senza successo – verso la fine. Pian piano, l’entusiasmo dei primi giorni sparisce e lascia spazio alla consapevolezza che anche questo Slam è ormai prossimo alla fine. Agli ottavi, annota il fanatico sospirando, non c’è più un nome che vale davvero la pena vedere. Mentre Sock pialla l’ultimo giovane rimasto in tabellone (tutto secondo le previsioni) e Andrey Kuznetsov tenta di portare a casa il maggior numero di game contro Nadal, il tennishipster già controlla i tabelloni dei challenger della settimana prossima. All’improvviso, però, un lampo attraversa i suoi occhi: si è ricordato che deve ancora controllare l’entry list di Wimbledon. Sorridendo, riapre i libri e si rimette a studiare. Deve essere preparatissimo: manca meno di un mese a Londra.

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