Roland Garros
Tennishipster, secondo turno: ve l’avevo detto che era l’anno di Kokkinakis
Dopo l’abbuffata di primi turni, il tennishipster deve studiare attentamente il tabellone per individuare prima di tutti le potenziali sorprese. È un lavoro certosino e pieno di ostacoli, ma le soddisfazioni che regalano le rimonte come quelle di Thanasi Kokkinakis non hanno paragoni

Il secondo turno di uno Slam, per il tennishipster, è simile solo in parte a quell’estasi enciclopedica che è il primo turno. Decimato il plotone – succede spesso, quando si tifa per gli sfavoriti – si comincia già a cercare qualche nome che può puntare all’exploit. Per fare questo, occorre studiare attentamente il tabellone. L’overload del primo turno è sostituito dalla ricerca maniacale del crack, quello che il giorno dopo l’exploit farà esclamare orgoglioso al tennishipster la magica formula: “Ve l’avevo detto“.
Preso atto che perfino i tennismainstream sapevano che Sock avrebbe battuto Dimitrov (ma avrebbero mai detto che Sock avrebbe vinto il doppio a Wimbledon? Il tennishipster sogghigna conoscendo la risposta) bisogna concentrarsi su altri nomi. Borna Coric? Forse, sì, ma chi non conosce Coric dopo quello che è successo a Basilea? Kyle Edmund? Neanche il tempo di annotarselo, che il giovane inglese si ritira e lascia spazio a Kyrgios. E allora Damir Dzumhur, sì, è lui il nome giusto. Pochi sanno a malapena che è bosniaco e ancora meno sono quelli che conoscono il suo passato di attore. Il tennishipster, che conosce a menadito questa storia, perde però tutto il suo entusiasmo quando si accorge che il prossimo avversario di Dzumhur (dacché ne ha memoria, non ha mai sbagliato a posizionare l’h del suo cognome) è Roger Federer. Per un istante ha l’istinto di stracciare il tabellone che ha accuratamente stampato (in duplice copia: uno con i punteggi reali e uno con i suoi sogni proibiti. Nel suo FantaRoland Garros vince Estrella Burgos al quinto su un immarcescibile Maximo González) ma si ferma giusto in tempo quando il nome di Thanasi Kokkinakis coglie la sua attenzione. Come aveva fatto a non pensarci prima? Il tennishipster sfoglia il suo archivio e non ha dubbi: è lui il nome su cui puntare in questo secondo turno.
Su Bernard Tomic c’è poco da dire: vendutosi al diavolo della fama e del successo, tornato all’ovile quando ormai nessuno lo voleva più, ora tenta di nuovo di scalare quelle vette così ambite che gli sembravano precluse. Il tennishipster, conscio che buona parte dei suoi pupilli lo abbandonerà in cerca di qualche gloria duratura che a lui sembra invece effimera, non biasima Tomic. Ma è evidente che oggi dovrà tifare per Thanasi, specie dopo quella roboante mattina di gennaio, quando a Melbourne vendicò tutti i tennishipster che ancora non riescono a perdonare a Gulbis il suo vile tradimento. Ma Bernard sembra fin troppo propenso a far rispettare quel meccanismo faustiano che si chiama Ranking ATP. Tomic, come tutti gli altri, ha venduto la sua anima per un numeretto da esibire in tabellone come un idoletto accanto al proprio nome. Anche Kokkinakis finirà per farlo ma per ora, e chissà per quanto, non ha ancora macchiato la sua giovane carriera: e tanto basta al tennishipster per tifarlo incondizionatamente. Nei primi due set, però, non c’è storia. Thanasi sembra schiacciato dalle sue responsabilità mentre Tomic, sfrontato com’è, sta schiacciando le sue come fa James Dean con le sigarette. Sconsolato, il tennishipster cerca riparo negli altri match ma l’eroe Arnaboldi ha dato tutto quello che aveva e forse qualcosa in più. Contro Cilic, nonostante un primo set commovente, ha raccolto le briciole. Benjamin Becker, l’eroe di ieri, ha invece annunciato il ritiro e quindi non sarà l’eroe di domani. Ma proprio quando la giornata sembra avviata verso il nero più cupo, comincia a rischiarare. Kokkinakis vince il terzo e il quarto e regala al tennishipster il piacere che più brama: il quinto set.
Le emozioni da quinto set non sono facili da catalogare. C’è quello che viene deciso dai crampi dell’uno o dell’altro giocatore. C’è quello in cui entrambi i tennisti si fanno prendere dai crampi e allora diventa una crudele gara tra gladiatori (chi si salverà verrà presumibilmente sacrificato nel turno successivo). C’è quello in cui uno molla perché ha dato tutto per recuperare lo svantaggio. E poi c’è quello in cui si completa una rimonta storica. Quando Tomic breakka e sul 5-2 si conquista pure due match point consecutivi in risposta, il tennishipster è quasi rassegnato. Quante volte gli è rimasto strozzato in gola l’urlo di una rimonta abortita? Quante volte ha sperato per poi rassegnarsi alle ragioni dell’aritmetica? Anche stavolta andrà così, lo sente. Anni di delusioni intervallate da gioie tanto intense quanto fugaci hanno plasmato il pessimismo di questo inguaribile romantico del tennis. Ma è per giornate come queste che il tennishipster continua a rinnovare il suo legame con questo sport così malefico eppur così dolce. Thanasi annulla tre match point, breakka quando Tomic serve per chiudere e la porta sulla lunga distanza. È un trionfo: come pochi mesi fa finisce 8-6 per Kokkinakis e il tennishipster si vede risarcito all’improvviso di tutti quegli inevitabili bocconi amari che porta con sé lo svolgersi di un torneo. Il fanatico, alla soglia delle lacrime, si rivolge al suo beniamino (e forse un po’ a sé stesso) mormorando sottovoce nel silenzio dell’ufficio: “Sapevo che ce l’avresti fatta!“.
La giornata del tennishipster si avvia alla conclusione senza scossoni dopo il terremoto-Kokkinakis. João Sousa illude per un solo set mentre Jürgen Melzer – uno dei suoi prediletti – non ripete la magia del primo turno. Rimane solo Carlos Berlocq, che vince il primo set e poi le prende per due set da un tennista che il tennishipster non ha fatto in tempo a scoprire prima di tutti, tanto precoce è stato il suo successo. Richard Gasquet, il petardo difettoso, non è mai stato in simpatia al tennishipster: anche se non sarà mai quel campione che tutti avevano previsto (il tennishipster sogghigna pensando a quell’abbaglio di massa), non potrà mai rientrare tra i suoi favoriti. Forse lo farà quando Richard sarà ormai un tennista vintage e lotterà contro qualche giovane ambizioso per un posto al secondo turno. Ma oggi, sul Lenglen, è Berlocq la vittima sacrificale. Il tennishipster conclude la sua giornata con la stessa apprensione con cui ha seguito gli ultimi game tra Muller e Lorenzi nell’ultimo giorno del primo turno. Si esalta sulla volée che vale tre set point (e un altro quinto set) e alza le braccia al cielo, neanche il match fosse finito, quando il rovescio di Gasquet finisce fuori di un metro abbondante. E tuttavia è un’esultanza pacata perché ha imparato la lezione: il match viene rimandato a domani allungando di un altro po’ un secondo turno meno amaro del solito. Il Roland Garros del tennishipster è ancora lontano dalla sua conclusione.
Australian Open
Wimbledon: Sonego-Berrettini il ventunesimo derby azzurro negli Slam, Fognini l’italiano ad averne disputati di più
11 Roland Garros, 5 Wimbledon, 3 US Open, un solta volta a Melbourne: così suddivisi i derby italiani nei Majors

A distanza di poco più di tre settimane dal loro incrocio sull’erba di Stoccarda, Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini daranno vita, nel primo turno dell’edizione 2023 di Wimbledon, al ventunesimo derby italico che si consumerà nella prestigiosa cornice dei tornei del Grande Slam.
I derby di Wimbledon
Se poi si vuole limitare il campo di analisi al “solo” Church Road, quello tra il torinese ed il romano, sarà il sesto incontro con protagonisti due tennisti azzurri ad affrontarsi nella storia dello Slam londinese che va in scena sul suolo di Sua Maestà. Il capostipite, in tal senso, dei Championships è stato il match di 43 anni fa, correva quindi il 1980, fra Adriano Panatta e Corrado Barazzutti: una partita di secondo turno che vide l’Adriano Nazionale aggiudicarsi la sfida con Barazza, compagno di squadra in Davis, solamente al quinto set per 1-6 6-3 6-4 3-6 6-1. Piccola curiosità relativa al contorno, o se preferite all’antipasto, di quello scontro “nostrano” è rappresentata dal fatto che Corrado al round precedente superando lo statunitense Scott Davis ottenne il primo ed unico successo della carriera sui sacri prati.
Da quella partita fratricida in salsa tricolore sul perfetto manto erboso di SW19, trascorrono 11 lunghi anni prima di poter riammirare – con annesso plotone emotivo che ne consegue – un altro derby italiano nella medesima prova Major: il teatro che ospita lo spettacolo infatti è sempre lo stesso, ancora Wimbledon, ma nel 1991 i “nuovi” volti sono quelli di Omar Camporese e Claudio Pistolesi. Da annotare anche una piccola differenza a livello di momento nel tabellone in cui il duello prende vita, non i trentaduesimi bensì i sessantaquattresimi: alla fine della fiera, però, cambia poco. Vince il bolognese con lo score di 6-1 6-3 2-6 6-3.
Il terzo derby azzurro consumatosi nel torneo più famoso del Pianeta è decisamente più recente, rintracciabile nel primo quinquennio del ventunesimo secolo: era il 2005, e tra un giovane Andreas Seppi ed un esperto Davide Sanguinetti – i 21 anni del bolzanino contro le 33 candeline del viareggino – ad avere la meglio fu il maggiore chilometraggio del tennista toscano che si impose nettamente in scala discendente 6-3 6-2 6-1. Esattamente un anno dopo, dunque con il ritmo dei sorteggi malandrini che accoppia uno contro l’altro esponenti della racchetta del Bel Paese in considerevole aumento rispetto al passato, al 2°T e nel quarto derby verde-bianco-rosso di sempre sull’erba più sublime che esista Daniele Bracciali trionfava in quatto parziali sul padovano Stefano Galvani.
L’ultimo, prima di Sonny-Berretto, è datato 2018 con gli amici “Chicchi” di mille avventure in doppio Simone Bolelli e Fabio Fognini a doversi misurare con le ripercussioni psicologiche che un tale faccia a faccia poteva portare in dote: a spuntarla fu il più forte in quel preciso frame storico delle loro carriere sulle superfici rapide, il ligure staccò il pass per i sedicesimi in virtù del 6-3 6-4 6-1 finale.
Negli altri tre appuntamenti Slam del calendario, l’Italia tennistica nella storia di questo sport ha così distribuito i suoi 20 derby: 11 al Roland Garros, 5 a Wimbledon, 3 allo US Open, 1 all’Australian Open.
Fognini il tennista azzurro ad aver giocato, e vinto, più derby tricolore
Il tennista azzurro che in assoluto ha disputato più volte un derby Slam è il taggiasco Fabio Fognini, la bellezza di 5 scontri con connazionali a tentare di contrastarlo dall’altra parte delle rete sulla lunga distanza: a Melbourne ha sconfitto Salvatore Caruso nel 2021, nella Parigi terrosa ha superato sempre Andy Seppi sia nel 2017 che nel 2019, cinque stagioni orsono all’All England Club la già menzionata vittoria di Fogna si è materializzata a discapito del fido Bolelli. Infine, a completamento del proprio personale Career Grand Slam a livello di derby giocati c’è l’unico KO con Stefano Travaglia a New York nel 2017.
A quota tre derby nei Majors ci sono invece Barazzutti e Seppi; a 2 Bolelli, Bracciali e Sanguinetti.
Vale la pena anche ricordare come nessun derby azzurro Slam sia andato in scena oltre il 3°T, non abbiamo mai assistito ad un ottavo di finale tutto italiano per capirsi. I sedicesimi nella storia – in assoluto, non soltanto nell’Era Open – Majors sono stati 3: De Morpurgo-Bonzi all’Open di Francia del lontanissimo 1929, Paolo Lorenzi – Thomas Fabbiano nel 2017 a Flushing Meadows e dulcis in fundo Lorenzo Musetti contro Marco Cecchinato al RG del 2021, l’ultimo tutt’ora.
Ma adesso siamo pronti per scrivere un altro capitolo, il ventunesimo: Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini fateci divertire.
Flash
Luminosi, sobri o a tinta unita: gli outfit del Roland Garros 2023
Djokovic sul pesca, Iga in bianco, Sonego e Fognini vanno sul classico: le mise dei protagonisti dello splam parigino

Completi all’insegna della sobrietà quest’anno al Roland Garros. I brand indossati dai protagonisti del rosso si sono distinti, a volte, per colori brillanti ma non troppo e, in alcuni casi, per la tinta unita. Insomma, le gesta dei campioni parigini sono state accompagnate da uno stile classico e non eccessivamente stravagante. Tinte neutre e passe-partout come il bianco, il blu e il nero si sono alternate al rosso mattone o al verde, ma il tutto ben dosato e senza esagerare.
Novak Djokovic (Lacoste)

Un altro completo vincente quello del fenomeno serbo firmato come sempre da Lacoste. In tutti i sensi. Polo rossa, come ormai ci ha abituato Nole in quel di Parigi da quando è sponsorizzato dal coccodrillo. Questa volta però in una inusuale tonalità pesca. A rendere più particolare la polo c’è un gioco di contrasti nelle maniche che riprende la fantasia a scacchi diagonali già vista a Melbourne. A spezzare pantaloncini blu navy. Scarpe coordinate con la polo come sempre. A costo di essere ripetitivi, c’è da sottolineare come il rosso e l’arancione non risaltino proprio benissimo sui campi in terra. Tuttavia, in sé e per sé, la polo del serbo è davvero ben concepita e realizzata: pulita, semplice, senza scadere nella banalità. Aggiornata anche la giacca sportiva della vittoria: tanti piccoli crocos bianchi che questa volta vanno a comporre il numero magico 23, quello del record di Slam, superando un Nadal che sembra a fine corsa, su un fondo rosso e nero con fantasia a quadretti. Un riferimento a Michael Jordan? La grandezza riconosce la grandezza. (Valerio Vignoli)
Collezione Lacoste

Ogni anno Lacoste prepara una collezione speciale per lo slam di casa. Quella di quest’anno è improntata a tonalità primaverili: verde smeraldo, salmone, blu, giallo canarino. E a colletti originali e ricercati. Manifesto della collezione è la polo indossata tra gli altri da Grigor Dimitrov, passato da Lacoste dopo una vita con Nike proprio in occasione dello Slam parigino. Prevalentemente bianca, con bande verdi sui lati e richiami giallo lime all’altezza della spalle. Colletto verde con ben tre righe: giallo-salmone-giallo. Tanti colori assieme che riescono a non essere troppi. Pantaloncini verdi a spezzare con le stesse righini nella fascia. L’alternativa serale (un po’ meno riuscita) prevedeva polo salmone e con contrasti e pantaloncini blu navy. Davvero tutto molto fresco e chic. Più classico l’abito per le ragazze, visto ad esempio sulla russa Anastasia Pavlyuchenkova: bianco candido con bande blu scure e righe gialle sui lati con colletto a polo con zip. (Valerio Vignoli)
Iga Swiatek (ON)


La tre volte campionessa del Roland Garros brilla per il suo tennis granitico e talentuosissimo; tuttavia, alcuni outfit indossati in passato risultavano un po’ troppo anonimi per essere quelli della n. 1 del mondo. Invece, quest’anno, forse grazie al fatto di essere passata ad “ON”, l’azienda svizzera di cui è azionista Roger Federer (della ON sono le ormai celebre sneakers “The Roger”), il completino indossato a Porte d’Auteuil ha un qualcosa in più rispetto a quelli dell’anno scorso. Molto meglio il gonnellino svasato e con qualche piegolina rispetto agli short della passata stagione. Una striscia laterale e polsini fucsia danno un tocco di colore al total white. Molto deludente, invece, il vestitino scelto per lo shooting con il trofeo. Va bene l’idea del tubino corto nero, però le spalline sgualcite, larghe e cadenti fino al gomito a mo’ di stola mancano totalmente di eleganza. Peccato. (Laura Guidobaldi)
Casper Ruud e Elena Ribakina (Yonex)


Yonex è apprezzata tra i professionisti e gli appassionati per la qualità delle sue racchette, caratterizzate da una forma leggermente squadrata nella parte superiore. Molto meno per l’impatto visivo dei suoi completi tra colori sgargianti, abbinamenti azzardati e fantasie improbabili. Basti pensare ai famosi pantaloncini indossati da Wawrinka durante il suo trionfale Roland Garros 2015 (ma anche all’outfit total fucsia con cui lo svizzero l’anno successivo si è imposto a New York). Spesso anche noi abbiamo bastonato il brand giapponese. Però bisogna dire che stavolta hanno fatto centro, sia al femminile che al maschile. La coreana di Casper Ruud blu navy con maniche arancioni e colletto bianco a righe si intona alla perfezione con lo stile del norvegese, classico con un tocco di modernità. I pantaloncini blu gessati con il logo ricavato in un quadrato sono però la chicca retrò che rende questo look uno dei più belli visti quest’anno a Parigi. Sul fronte femminile tutte le atlete hanno puntato sulla variante fucsia della collezione (opzione presente anche per gli uomini). Un po’ troppo semplice ma comunque gradevole il look di Elena Rybakina, che già usava racchette Yonex e che ora ne utilizza anche gli abiti: canottiera fucsia con ampio colletto a v bianco abbinata ad una gonna con pieghe leggere navy. (Valerio Vignoli)
Lorenzo Sonego e Fabio Fognini (EA7)


Emporio Armani ha scelto un grande classico per gli outfit parigini di Lorenzo Sonego e Fabio Fognini. Il torinese era assai distinto nel suo completo blu navy, con la raffinatissima polo con il colletto alla coreana con un sottile bordino bianco, lo stesso bordino presente anche nello spacchetto del pantaloncino. Il completo di Fognini era meno luminoso e un po’ più banale ma ugualmente distinto, un total black che ben si addice all’ocra dei campi di Porte d’Auteuil. (Laura Guidobaldi)

Elina Svitolina (Paka)
La politica delle sponsorizzazioni di Nike negli ultimi anni è chiara: o sei una superstar (Nadal), o sei un talento emergente (Alcaraz, Rune, Sinner), o sei un personaggio (Tiafoe, Kyrgios) o vieni tagliato. Vedi i casi recenti di Rublev, Dimitrov e Bencic. Il baffo non si è impietosito neanche di fronte alla pausa forzata per maternità di Svitolina, abbandonando pure lei. La tennista di Odessa ha preso la palla al balzo e al suo ritorno in campo si è presentata griffata dallo sconosciuto brand ucraino Paka. Una scelta particolarmente significativa di questi tempi. Ma non c’è da stupirsi considerato quanto Svitolina si sia esposta riguardo alla guerra in Ucraina, tramite le parole e anche in gesti, come quello di non stringere la mano ad atlete russe e bielorusse. Un atteggiamento che le è costato anche la contestazione da parte del pubblico francese, particolarmente su di giri in questa edizione. Ma torniamo agli outfit. Due i completi indossati da Svitolina. Il primo violava una legge non scritta valida in tutto il mondo a parte Los Angeles sponda Lakers: mettere insieme il giallo e il viola. Peccato perché la fantasia della gonna era anche interessante. Il secondo total black con un tribale bianco e giallo sul lato. Due look grintosi come Svitolina. Forse troppo. (Valerio Vignoli)
Carlos Alcaraz e Aryna Sabalenka (Nike)


Linee con effetto a ripetizione per i completi di Carlos Alcaraz e Aryna Sabalenka. La mise di Carlitos è semplice ma di buon gusto, con la t-shirt dalle righe mosse verdoline sullo sfondo bianco. Gli shorts, anch’essi bianchi, richiamano il verde della maglietta sul bordino posteriore. Non propriamente estetico, invece, il top di Aryna Sabalenka, il cui effetto delle righe ricorda un sovrapporsi di cuori dal contorno rosso su sfondo rosa, il tutto accompagnato da un bordino bordeaux del collo e delle spalline. Insomma… (Laura Guidobaldi)
Coco Gauff (New Balance)

Un completo grintoso e pieno di energia per l’esplosiva Coco Gauff; tuttavia, l’abbinamento dei colori lascia un po’ a desiderare. Non è la prima volta che la New Balance azzarda negli accostamenti ma, questa volta, il celeste e lo stile del top non si sposano benissimo con il nero e il bianco del gonnellino leggero. Insomma, la canotta ricorda molto quelle usate per gli allenamenti in palestra, molto minimal e che lasciano la pancia scoperta, mentre la gonna è grintosa pur essendo elegante al tempo stesso. Per carità, a Coco sta bene qualsiasi cosa, ma questa volta lo shock degli stili tra la parte superiore e inferiore dell’outfit non è poi così vincente (Laura Guidobaldi)
Alex Zverev e Karolina Muchova (Adidas)


A cosa ispirarsi per la collezione di vestiti per la stagione su terra rossa? Vediamo un po’…. alla terra rossa! Evidentemente i designer del dipartimento tennis del colosso tedesco erano un po’ alla frutta a quanto idee nuove. Ma la cosa più sorprendente non è che a uno di loro sia venuta questa brillante ispirazione quanto che tutti l’abbiano approvata senza fargli notare che se fai vestire i giocatori con vestiti arancione scuro su un campo in terra rossa l’effetto cromatico non sia il massimo. Ma evidentemente anche in quanto a spirito critico c’è da lavorare. Fatto sta che la bravissima Karolina Muchova, invece di distinguersi per le sue aggraziate movenze, finiva per mimetizzarsi con il Philippe Chatrier a causa del suo top. Stessa colorazione per i pantaloncini di Zverev abbinati ad una polo nera abbastanza anonima. Le scarpe color terra rossa sono però geniali. Della serie: già sporche prima di essere sporche. Insomma, Adidas bocciata anche a questo giro. (Valerio Vignoli)
Flash
Roland Garros 2023: respinto l’appello di Miyu Kato
Semaforo rosso per la tennista giapponese che non avrà indietro i punti e i prize money ottenuti per gli ottavi raggiunti al Roland Garros

Niente da fare per Miyu Kato. Non ha avuto l’esito sperato la richiesta di appello della tennista giapponese ad una delle decisioni che ha creato scalpore dell’edizione 2023 del Roland Garros.
Ricordiamo, infatti, che la tennista giapponese ha chiuso in anticipo la sua avventura nel doppio femminile a causa della squalifica comminatale nel corso del suo match di ottavi di finale, giocato in coppia con Aldila Sutjadi, contro il tandem ispanico-ceco composto da Sorribes Tormo e Bouzkova.
La tennista giapponese è stato autrice di un gesto avventato che l’ha portata a colpire involontariamente una ball girl. Situazione che ha portato il supervisor, dopo diverse polemiche, a chiudere in anticipo il match, dichiarando vincitrici il duo Sorribes-Tormo/Bouzkova.
Nonostante la squalifica, a Kato è stato comunque permesso di continuare a giocare nel doppio misto. Possibilità che la giapponese ha sfruttato al meglio l’opportunità arrivando a trionfare in coppia con il tedesco Puetz.
A supporto della tennista giapponese si erano espressi sia diversi addetti ai lavori sia la PTPA che con un comunicato aveva definito “ingiusta e sproporzionata” la sanzione comminata alla tennista giapponese.
A dare l’annuncio dell’esito negativo dell’appello è stata la stessa tennista giapponese sul suo account twitter, al termine del suo primo match su erba a s’Hertogenbosch.
“Roland Garros mi ha multato e ha respinto il mio appello per riavere il mio prize money e i miei punti, quindi tutto quello che posso fare è continuare a guardare avanti. Prossima fermata Berlino”
La giapponese ha, quindi, rinunciato a 21 mila e 500 euro dato che il prize money stabilito per chi raggiunge gli ottavi di finale al Roland Garros ammontava a 43 mila euro per coppia. In termini di punti il danno subito da Kato ammonta a 240 punti che non entreranno a far parte del suo ranking.