Andreas Seppi, il numero 1 più normale di tutti

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Andreas Seppi, il numero 1 più normale di tutti

La finale di Halle ha permesso ad Andreas Seppi di superare Fabio Fognini nel ranking ATP, permettendogli di tornare al primo posto tra gli italiani in classifica. Il duro lavoro e la normalità di Andreas, che adesso mira al rientro in top 20, sempre lontano dalle luci della ribalta

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Robredo mi evoca sempre cattivi ricordi, ecco perché con lui gioco sempre più teso”. Non è una affermazione qualsiasi, bensì il distintivo, il marchio, la griffe di un atleta che non ha mai dimenticato di essere prima di tutto un uomo qualunque. Andreas Seppi, con la splendida finale giocata a Halle, poi persa dal latifondista di quel terreno Roger Federer, è tornato alla ventisettesima posizione ATP (best ranking al numero 18 nel 2013), scalzando dal trono di numero uno italiano Fabio Fognini, che ora gli siede alle calcagna alla numero 28. Si potrebbero quasi definire come opposti, i principali alfieri del tennis azzurro: se da un lato il ligure non ha mai lesinato le apparizioni in copertina spesso legate alla sua situazione sentimentale, gli sfoghi da prima pagina, i comportamenti ben al di fuori delle righe, Seppi ha sempre mantenuto un low profile, preferendo le risposte del campo a quelle date ai microfoni.

L’esternazione su Robredo, sconfitto in tre set agli ottavi di Halle prima della sequenza di ritiri che gli ha garantito l’accesso all’ultimo atto, è solo una delle tante manifestazioni della normalità di Andreas: riconoscere di avere a che fare con un avversario destabilizzante, essere il primo a certificare di dover lavorare su più fronti per poter gestire al meglio le situazioni della propria carriera, anche adesso che le candeline da spegnere cominciano a generare cattive idee. E anche quando sono arrivati i primi successi, la testa del bolzanino gli è sempre rimasta sulle spalle: il primo titolo a Eastbourne 2011, che lo ha reso anche l’unico italiano a vincere un torneo su erba, non lo ha proiettato in nessun olimpo mediatico, né tanto hanno fatto i successi di Belgrado e Mosca nella stagione successiva, che gli hanno permesso di emergere come unico tennista italiano a vincere almeno un titolo su tre superfici diverse. L’abbattimento del muro top 20, quando agli Australian Open 2013 superò Istomin e Cilic al quinto set prima di arrendersi in ottavi a Chardy, con una valanga di rimpianti, è stato sì festeggiato, ma poi ridimensionato da una non esaltante striscia di risultati migliorabili: quarti a Dubai, quarto turno a Miami e altri piazzamenti di cui accontentarsi. E quindi di nuovo a lavorare, senza mai dimenticarsi di tenere i piedi piantati al suolo, con la fragilità di chi a trent’anni ancora viene percorso da un brivido quando controlla i nomi dal proprio lato del tabellone. Essere arrivato a condurre due set a zero contro Djokovic al Roland Garros 2012 non lo ha fatto adagiare su nessun alloro, e negli ultimi tre anni Seppi ha ripreso a macinare gioco e sudore, arrivando a infilare ottime prestazioni in questa prima metà di 2015: semifinale a Doha nel torneo inaugurale dell’anno, ottavi in Australia sprecando matchpoint con Kyrgios, finale a Zagabria persa da un Garcia-Lopez che in quei mesi sembrava posseduto. Poi la flessione primaverile (peraltro un classico del suo pessimo feeling con il cemento nordamericano), culminata con l’infortunio all’anca sofferto a Montecarlo, che gli ha fatto saltare l’intero swing dei Masters 1000 su terra; l’avversario del match era Robredo. E ciononostante, con due mesi quasi di assenza dal tour, Seppi è diciannovesimo nella Race annuale.

Si parla spesso, ma forse mai abbastanza, del rapporto con coach Max Sartori, che dura da quando Seppi aveva tredici anni; è ovviamente grazie a lui se Seppi, pur poco pubblicizzato e a volte additato come monotono e senza brio, è in realtà uno dei migliori interpreti di un tennis piatto e di grande tempismo. Anche qui si evince come Andreas cerchi un ambiente quasi familiare, intimo, lontano da grandi allenatori o squadre di esperti, preferendo concentrarsi in discussioni faccia a faccia con chi davvero conosce al meglio i suoi lati tennistici e non. E a proposito, la maturità e la professionalità di Seppi emergono anche dalla sua vita privata: da circa un paio d’anni, senza che nessun rotocalco ne abbia fatto menzione o sparato addosso i propri flash, l’altoatesino si accompagna alla bellissima Michela Bernardi, nativa della Val Gardena e ex frequentatrice della New York Film Academy. Le riprese televisive la inquadravano con un sorriso chilometrico accanto allo staff del proprio cavaliere, quando a Melbourne Seppi infilava il miracoloso passante che marchiava il primo successo in carriera contro Roger Federer, dopo dieci sconfitte di fila. “Prima di conoscerla stavo sempre in albergo, ora mi porta a visitare i posti in cui siamo”; la naturalezza di un ragazzino che scopre il mondo, alla ricerca della propria serietà, piuttosto che della ribalta mediatica.

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