Crugnola, da giocatore a organizzatore: "Vedo tanti giovani bravi: diamogli tempo"

Interviste

Crugnola, da giocatore a organizzatore: “Vedo tanti giovani bravi: diamogli tempo”

Marco Crugnola, l’ex professionista ritiratosi a fine 2014, ora gestisce tornei Challenger e Futures. Nell’intervista ha parlato delle nuove promesse del tennis ma anche delle speranze italiane. E ha parlato anche di Wimbledon

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È stato numero 169 del ranking mondiale in singolare e 119 in doppio, ha conquistato tre Futures. Nel 2011, dopo una lunga carriera in giro per il mondo, è riuscito a qualificarsi in un tabellone Slam, in Australia. Conosce i campioni del passato e del presente, ma anche quelli del futuro. Marco Crugnola, oggi 35enne ancora in grande forma, ha appeso la racchetta al chiodo alla fine della scorsa stagione per dedicarsi a un’altra attività, ma sempre nello stesso mondo. Con la sua Ace Management, di cui è amministratore, organizza tornei di tennis ed eventi sportivi. Questa settimana, ad esempio, è impegnato al Futures ITF di Napoli, ma nel corso dell’anno gestisce anche numerosi Challenger ATP. Dopo aver tastato con mano il suo lavoro durante l’Italy F11 a Lecco lo scorso maggio, manteniamo la promessa di incontrarlo per un’intervista a tutto tondo sul tennis.

Marco, hai fatto il “grande salto”, da giocatore a direttore dei tornei che con i giocatori deve viverci a stretto contatto, assecondando ogni loro richiesta. Come sei arrivato a questa scelta?
Lo scorso anno, mentre ancora ero in attività agonistica, ebbi modo di collaborare per la riuscita di due Futures a Palermo. Ho fatto esperienza, anche a Sondrio e al Challenger di Cortina. Unendola alla mia lunga militanza nei circuiti internazionali, ho deciso di smettere col tennis giocato per occuparmi, dall’inizio del 2015, solo… del tennis in giacca.

Organizzare un torneo è un bell’impegno. Tante cose cui pensare…
Premetto che, avendo giocato per anni, ho il vantaggio di sapere come ragionano gli atleti e conosco le loro necessità. Ma finché giochi vedi tutto con un occhio diverso, pensi soprattutto a te stesso. Avendo in mano un torneo, le cose da fare sono tante. A me piace e mi piace fare sentire i colleghi a loro agio. Metto dunque la mia esperienza al loro servizio, così come del circolo ospitante. Cerco di fare pesare il meno possibile il torneo ai soci e ai tennisti, c’è da pensare a ospitalità, ristoranti, allenamento e partite. Gestire un evento con 60-70 giocatori per dieci giorni, con i loro entourage, non è semplice. Per fortuna ho uno staff a supportarmi.

A Lecco, per esempio, abbiamo notato come i giocatori trovassero in te un interlocutore privilegiato.
Per ora si sono mostrati tutti splendidi con me, sono contenti e la cosa mi fa ben sperare per il futuro.

Veniamo al tennis giocato. Perché al di là dei tuoi impegni organizzativi, hai sempre un occhio sul campo e sull’aspetto tecnico. Soprattutto a livello Futures si vedono tanti giovani interessanti (a Lecco, ad esempio, la vittoria di Tommy Paul una settimana prima del trionfo al Roland Garros Juniores).
Credo ci siano dei prospetti interessanti, anche se ormai siamo abituati al fatto che ci voglia qualche anno di rodaggio per emergere a buon livello. Soprattutto in Italia, dove per caratteristiche maturiamo un po’ dopo. Penso sia il caso di Camila Giorgi, anche se per lavoro seguo meglio il circuito maschile. In Italia si critica se le vittorie non arrivano subito, ma non è affatto facile, servono pazienza e fiducia, bisogna sapere aspettare. Ci sono tecnici che lavorano bene, e alla lunga il lavoro paga. Del resto non si diventa top 50 dall’oggi al domani ed è dura mantenere quel livello. Gli esempi non mancano. Prendiamo Fognini e Bolelli: non sono certo anziani, ma sono lì da parecchi anni. Simone era già stato nei primi 40 anche sei-sette anni fa, Fabio è top 50 da molto tempo.

Guardando le classifiche Atp, si capisce come anche le altre Nazioni facciano fatica a portare in alto i prospetti più giovani.
Sì, il tennis professionistico è cambiato, ora chiede di più a livello fisico e mentale, e come ho detto ci si arriva un po’ più tardi. A noi manca il campione ma alla fine non ce l’hanno tutti…

C’è qualcuno in Italia su cui sentiresti di scommettere?
Non voglio fare nomi, il materiale c’è, ve lo assicuro, serve solo non mettere fretta e non bruciare le tappe.

A proposito. Questa settimana sei a Napoli. Gianluigi Quinzi è arrivato in semifinale.
Se lo merita, vedo che sta lavorando duro anche in allenamento per emergere e un 15mila dollari gli frutterà punti pesanti per migliorare la classifica. Deve giocare partite e prendere fiducia. Nei quarti ha battuto la testa di serie n. 1, il francese Lestienne, lottando un’ora e quaranta. Ha fatto bene a venire a Napoli.

Come vedi il circuito Atp? I “Fab four” iniziano a lasciare qualcosina agli altri… Chi c’è dietro?
Sono ancora inarrivabili. Tolto Wawrinka, vincono sempre gli stessi e un motivo c’è. Federer, molto ma molto lentamente, sta lasciando spazio. Djokovic ha qualcosa in più degli altri, lo puoi battere soltanto col match della vita. Un cambio generazionale è comunque in atto: Nishikori, Cilic, Dimitrov e Raonic possono vincere titoli Slam se i primissimi mollano un po’.

Tra le nuove leve, invece, chi ritieni abbia più futuro?
Mi impressionano Kyrgios e Kokkinakis. Tra chi ancora non si è affermato direi l’americano Paul, soprattutto per la mentalità e la maturità che dimostra a soli 18 anni. Non molla un quindici, sempre concentrato.

Siamo nel pieno della stagione su erba, tra pochi giorni si apriranno i cancelli a Church Road. Chi vedi favorito a Wimbledon?
Quest’anno sul verde Djokovic non s’è ancora mostrato, ma se è lo stesso visto fino Parigi ha qualcosa in più. Poi c’è Murray: non deve vincere e non deve riconfermarsi, magari quest’anno sente meno tensione, perché è una cosa che lo infastidisce. Naturalmente tutti noi ci aspettiamo da Roger un altro exploit. E poi c’è da verificare la velocità dell’erba, che potrebbe agevolare i grandi battitori, penso magari a Raonic.

Tra le donne?
Serena Williams è due gradini sopra le altre, dipende soprattutto da lei. Ha una pressione, ma anche una motivazione, pazzesca data dall’opportunità di completare il Grande Slam. Credo che Sharapova e Azarenka andranno lontano, così come Safarova che negli Slam riesce a esaltarsi. Personalmente sono curioso di vedere dove arriva Lisicki.

Tra l’altro, avremo il piacere di ascoltarti in tv…
Commenterò i match per Sky, è una cosa molto divertente che in parte avevo saggiato nel 2014.

Tuffo all’indietro: qual è stato il momento più emozionante della tua carriera da giocatore?
Ricordo con piacere quando mi sono qualificato al Master 1000 di Madrid e all’Australian Open. Non tanto per il prestigio, quanto per la qualificazione in sé, con match lottati e durissimi. Poi, in tabellone, non pescai un granché bene: Wawrinka e Berdych…

Scrivania, telefonate, contratti e tutto il resto. Ma ti manca giocare?
Ogni tanto mi ritrovo con i coetanei con cui giocavo prima. Certo, a volte sento la mancanza della competizione in sé. Ma ci sono mille problematiche, tra preparazione atletica e viaggi continui: dopo tanti infortuni, ci ho messo una pietra sopra.

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