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Non è uno sport per giovani

Analisi approfondita sui motivi che hanno causato, negli ultimi anni, un notevole innalzamento dell’età media dei tennisti di vertice, facendo anche un raffronto con gli altri sport. Generazione di fenomeni o miglioramento della condizione atletica?

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Alla mia limitata fantasia resta dunque una sola ipotesi da esplorare. La solita vecchia lagna del gioco che è cambiato, e che stavamo meglio quando stavamo peggio e che una volta qui era tutta campagna. Il tennis è cambiato. Tutti gli sport sono migliorati negli anni, si abbattono i record ecc. ecc., ma il tennis, che sia o no migliorato, è anche cambiato. In questa affermazione non c’è giudizio, non c’entrano i gusti o la nostalgia. C’entra l’oggettività di un cambiamento avvenuto ed al quale, la specie, ha dovuto adattarsi. Stefan Edberg (se ne è detto prima): 188 cm per 77 kg. Pete Sampras: 185 cm per 77 kg. Il “gigantesco” Boris Becker: 190 cm per 85 kg. Jimmy Connors: 178 cm e 70 kg di rabbia. Bjorn Borg: 180 cm e 73 kg (capelli e barba inclusi). Sono dati Atp, non li ho certo misurati io. Non so neanche se siano stati presi a fine carriera o approfittando del momento in cui sollevavano un trofeo (nel caso scomputare il suddetto). Ma in un momento della loro carriera agonistica, questi campioni, tanto misuravano e, soprattutto, tanto pesavano.

Sempre a sentire l’Atp, e sperando che nel frattempo non abbiano cambiato bilancia, Federer, Nadal e Murray pesano quanto “Pantagruel” Becker, Djokovic più di Sampras ed Edberg, e se Raonic prendesse in braccio Berdych saremmo prossimi a tre Connors o a tre Borg. Beh, si dirà… li hanno selezionati da giovani, prendendo gente più robusta. Ma non è così. Le dimensioni contano e se la statura di un Isner o di un Lopez o di un Ferrer è più o meno la stessa da quando avevano 16 anni, la loro massa muscolare e quella dei loro colleghi top players da allora ha continuato a crescere. Lo dice anche André Agassi (Open) il giocatore più longevo di quella generazione, non a caso 180 cm per 80 kg (sempre la bilancia dell’Atp). La crescita muscolare sotto le cure di Gil Reyes gli ha consentito di essere competitivo più a lungo. Aggiungo io, in un tennis diverso da quello dei suoi esordi, lui, unico dei grandi di vent’anni fa ad aver scavallato i primi anni 2000, quelli del non ritorno per i materiali.

Del resto, anni fa, quando Agassi imparava a giocare a tennis, c’era un collo di bottiglia attraverso il quale dovevano passare i Watt e i Newton espressi dalla forza dell’atleta. Quell’imbuto si chiamava “racchetta”, e si chiamava “corde”. Incanalare in quella strettoia tanta potenza non serviva a nulla, era inutile e frustrante. Se forzavi, se ci mettevi tutto il muscolo costruito in palestra, la racchetta tremava in mano come un diapason, la palla partiva per il campo della signora accanto (pallaaa…) e se provavi a dare più lift, ti sembrava di fare la lotta con i cuscini. Oggi quel collo di bottiglia è stato notevolmente allargato. Tornando ad Open, Agassi descrive il cambiamento nel corso della sua lunga carriera. Si legge, ad esempio, che con le nuove corde, poteva tirare, tirare sempre più forte, e che la palla accelerava, accelerava e non usciva mai dal campo. Conosciamo questo cambiamento, e possiamo quindi dire che da quel momento, tutta quella carne rossa pompata in palestra ha cominciato a tornare utile, non solo per imprimere più velocità, ma anche per non risentire dopo ore di gioco della fatica muscolare necessaria a brandire l’attrezzo con quella nuova forza. Occorre più muscolo, o almeno è utile più muscolo. Nuova forza, nuovo muscolo. Ci vuole un fisico bestiale.

Ora che ci penso in effetti c’è una disciplina sportiva che ci dimostra che è attorno ai trent’anni che di muscolo se ne ha in abbondanza, e che vede tutti i suoi migliori “atleti” collocarsi in quella fascia d’età. Andate su google, digitate Mister Olympia e parliamo un po’ di body-building. Negli ultimi vent’anni c’è stato un solo Mr. Olympia infratrentenne, Ronnie Coleman da Arlington, Texas. Premesso che il signor Coleman in questione ha comunque vinto il titolo di miglior bodybuilder sino ai 34 anni, tutti gli altri pinguini mannari unti come ali di pollo, che esibiscono la loro massa muscolare in slippino, avevano almeno 30 anni il dì del trionfo (un tale Dexter Jackson ha vinto una volta sola a 38 anni e poi deve essere esploso altrove). Approdati ai trenta, dopo anni di disciplina e sacrifici, ed una buona dose di aiuto farmacologico, i bodybuilder raggiungono il loro massimo “splendore”. Come nel tennis. Concordo sul fatto che non mi esalta trovare affinità nel nuovo “power tennis” (lo chiamano così) solo con il ciclismo e il body-building. Anzi, credo che la cosa inquieti. Ma prima di pensar male e dire che a trent’anni il nandrolone o l’epo abbiano più efficacia che a venti (falso) resta il dato che il corpo umano cambia negli anni, seppur a regimi differenti: si perde prima l’agilità (vedi l’età media dei ginnasti) poi il recupero (vedi i ciclisti “corse da un giorno” più anziani di quelli “corse a tappe”) mentre forza esplosiva e resistenza ci fanno compagnia ancora un po’ illudendo noi maschietti di essere ancora delle bestie.

Per questo il tennis è stato uno sport che ha sempre fatto pagare gli anni in eccesso. Per quella scioltezza articolare una volta unica dote richiesta per colpire bene la pallina, per quei riflessi necessari quando si aveva il naso sopra al “net”, per quei movimenti del chinarsi, colpire e rialzarsi, non richiedenti particolare forza, e che oggi con i rimbalzi alti sono sempre meno richiesti. Basta, infine, vedere le donne che oggi scendono in campo, le quali, (senza alcun maschilismo estetico) sembrano molto più distanti delle loro antenate da canoni di bellezza pura. Sono ragazze (molte, non tutte) che incontrate dal vivo sembrano sovrappeso, allenatissime e velocissime quanto volete, ma che devono portarsi appresso una zavorra di ineluttabile grasso sui nuovi muscoli per essere competitive. E le “paffute competitive”, negli altri sport, spiacente, davvero non le vedo. L’unica tesi difendibile è, allora, mia umilissima opinione, questa. Senza alcuna pretesa di essere scientifico ma sulla base della necessità di formulare un parere basato sull’osservazione.

Riassumendola: il tennis moderno richiede più forza fisica e meno agilità. O meglio, richiede entrambe ma la bilancia inizia a pendere più dalla prima parte. Richiede più muscolatura per la forza con cui si colpisce, ma anche per proteggere le articolazioni sollecitate dall’intensità degli allenamenti e dai campi duri. L’età a cui gli atleti arrivano a maturare la migliore struttura muscolare si aggira attorno ai 30, come la disciplina che fa solo quello, costruire i muscoli, sembra dimostrare. L’eccezione stavolta conferma la regola. Rafa Nadal a 19 anni già era carenato come una terza linea degli All Blacks. Juan Martin Del Potro, a 20 anni, già pesava 90 chili mentre schiaffeggiava il testé citato e Federer a New York.

Ci hanno un po’ sviato, secondo me. Ci hanno spesso parlato degli scambi estenuanti e dell’ossigeno che serve a sostenerli. Delle camere ipobariche che aumentano la resistenza e delle sacche del Dott. Fuentes arricchite di emoglobina. Ci hanno indicato la luna con un dito ingioiellato, e siamo rimasti lì a guardare gli anelli. Tennis, ciclismo e bodybuilding. Mi fa un po’ ribrezzo. Ritorno indietro, rileggo quel che ho scritto, ma non trovo particolari pecche di coerenza che mi consentano di smontare il trio. Per questo, credo, ci si debba soffermare a valutare quanto i cambiamenti degli ultimi vent’anni abbiano modificato le richieste atletiche fatte ai giocatori e alle giocatrici. E se da questa premessa volessimo poi deviare e approfondire le infinite e possibili scorciatoie praticabili per arrivare a costruire il prima possibile l’atleta ideale, beh, che questo tennis vi piaccia o meno, solo allora potremo capire a che punto è la notte.

Agostino Nigro, vive a Napoli Nord. Ha costruito le sue scarse fortune tennistiche con il proprio rovescio a una mano, eppure vive di diritto.

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