US Open, (s)punti tecnici: le difficoltà e le fucilate di Kei Nishikori

(S)punti Tecnici

US Open, (s)punti tecnici: le difficoltà e le fucilate di Kei Nishikori

Kei Nishikori è stato sconfitto all’esordio da Benoit Paire: allenarsi a tirare il dritto al massimo non è bastato, ma è stato divertente da vedere

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Dopo aver osservato il campione in carica Marin Cilic, mi era sembrato coerente e logico andare a vedere l’allenamento del finalista 2014, il giapponese Kei Nishikori, soprattutto per cercare di capire le condizioni atletiche del nipponico, splendido giocatore a livello tecnico ma purtroppo limitato da quello che comunemente si definisce un “fisico di cristallo”. Fisico che in uno slam giocato in queste condizioni ha un peso davvero notevole, il caldo afoso e soprattutto l’umidità in questi giorni non danno tregua a giocatori, spettatori e giornalisti. Esci dall’albergo, dove la passione tipicamente USA per l’aria condizionata non conosce limiti e porta le temperature ad assestarsi più o meno tra il frigorifero e la ghiacciaia, e ti arriva in faccia un muro di aria soffocante tipo sauna sovietica: sono le sette e mezza di mattina, il pensiero delle condizioni di gioco a mezzogiorno fa paura.

Sul campo del Louis Armstrong stadium Nishikori stava palleggiando con uno sparring e con il suo coach Michael Chang, e devo confessare che all’inizio mi sono ritrovato a guardare molto di più il mitico Michelino, con il suo dritto supercarico, e il suo caratteristico “rovescino” a finale trattenuto, quasi contratto, movimento di rapidità e compostezza notevolissime ancora adesso. Dopo qualche scambio, però, mi sono accorto che dalla parte di Kei non stavano arrivando palle da manovra standard, ma una fucilata semipiatta dietro l’altra. Altro che palleggio in pressione: l’allenamento era semplicemente “tiro tutto a trecento all’ora”, in particolare con il dritto.

Preparazione, caricamento, impatto: rovescio da manuale

Preparazione, caricamento, impatto: rovescio da manuale

Michael metteva palle cariche a tre quarti campo, e Kei si esercitava a salirci sopra con il dritto in salto, colpo che in casi sporadici viene utilizzato da lui come da tutti gli altri, ed è rischioso, spettacolare e definitivo quando entra, ma non è certo un tipo di esecuzione da proporre con continuità. Di rovescio Nishikori si è allenato poco, d’altronde è il suo colpo migliore, ne vediamo degli esempi qui sopra. Ma se osserviamo le immagini in testa al pezzo, è difficile credere che si tratti proprio di Kei a tirare bombe a rischio totale in serie, in modo sistematico, sono sequenze di colpi che ci si aspetterebbero da Janowicz o Dolgopolov, non certo da un giocatore pulito, preciso e solido come “Nishi”.

L’unica spiegazione di un “training” così fuori dall’ordinario, ipotesi che mi è stata poi confermata dal nostro Michele Gasperini che ha seguito il match perso da Kei poche ore dopo contro il “fenomeno del rovescio anomalo” Benoit Paire, è che Nishikori, consapevole delle sue precarie condizioni atletiche, stesse allenandosi ad abbreviare gli scambi ad ogni costo, cosa che in partita lo ha poi portato ad esagerare nella ricerca del vincente il prima possibile, invece di costruire con calma sulla diagonale del dritto dove rispetto al brillante francese avrebbe un margine di vantaggio enorme.

Troppa fretta, troppo rischio, e sconfitta pesante alla fine per il “runner up” dell’anno scorso: ma il mio caffè mattutino, con Chang da un lato del campo che tirava le sue celebri e velenose pallette in top di dritto diagonali, e dall’altro un colpitore straordinario, quale Nishikori comunque è, intento a spaccare in due una palla dopo l’altra a tutto braccio e in anticipo totale, è stato per me – e per la ventina di giornalisti giapponesi religiosamente presenti credo fin dall’alba – uno spettacolo davvero divertente per inaugurare il “day 1” di questo US Open. In bocca al lupo Kei, ti meriti davvero maggiore fortuna.

Gli spunti tecnici precedenti:

– A che punto è Marin Cilic?

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