La Grande Mela: divinità sexy di giorno e umanità bizzarra di notte

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La Grande Mela: divinità sexy di giorno e umanità bizzarra di notte

Affresco di un pezzetto della Manhattan by night, incontri pittoreschi in un pub dopo aver ammirato il fascino sensuale di Maria Sharapova, Ana Ivanovic e Martina Hingis allo USOpen. Dalle dee della racchetta a due ragazze più umane: una cozza appiccicosa e l’amica bella ma insensibile al fascino del giornalista

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Manca meno di mezz’ora all’una di notte a Manhattan, sulla Lexington Avenue tra la 47° e la 48° Street (in piena Midtown), quando lo shuttle dell’organizzazione spegne il motore dopo averci portato in prossimità del nostro albergo. Stremati, dopo una giornata di tennis sotto il sole e poi in sala stampa coordinati con la redazione in Italia, ma ancora carichi di quell’adrenalina che solo uno Slam nella Grande Mela può trasmetterti. Ecco allora che l’etilista che è in me lancia la proposta: “Perché non ci facciamo una birra della staffa in un pub?” Raccoglie l’idea Luca Baldissera, eccellente tecnico che ogni giorno vi diletta coi suoi (s)punti tecnici (qui le difficoltà e le fucilate del primo big uscito di scena, Kei Nishikori): “Sì, accidenti: dalle 9 alle 24 a Flushing Meadows, voglio avere qualcosa da raccontare anche di Manhattan quando torno a casa!” Di lì a poco lo avrà.

Ci mettiamo in cammino senza una meta precisa, vagando in una notturna e apparentemente calma New York, ma basta entrare nel primo pub per accorgersi che la vita è sempre brulicante nella città che non dorme mai. Musica a palla, gente che riempie il lungo bancone oltre i suoi limiti e schermi che proiettano le partite di baseball: ora sì che siamo a New York! Già, perché Flushing Meadows è Flushing Meadows, ma qui c’è molto altro, diamine! Dopo l’accurata scelta delle birre (una squallida Stella Artois per Luca – contento lui… – e una Amber Ale di sostanza per me), dobbiamo rinunciare al bancone, come detto strapieno, e ci accomodiamo su due sgabelli sul lato opposto del locale (che di fatto si riduce ad un corridoio piuttosto stretto e angusto con a sinistra il bancone con alcolici e birre alla spina e a destra qualche sgabello e una parete con quadri non ben identificati – dopo 15 ore di tennis, sala stampa, interviste, corse per scrivere cronache e impressioni, non si può pretendere che i sensi siano in uno stato accettabile…). Mentre sorseggiamo le nostra bionda e la nostra rossa, mestamente convinti che saranno le uniche tipologie di bionde e rosse che la serata ci concederà, due tizi lasciano i loro posti al bancone. Ci fiondiamo ad occuparli, convinti di capire anche il baseball in tv, noi che già di tennis ne sappiamo molto (tutto giusto, no?).

Ecco, improvviso, il coup de theatre: scatta la pubblicità e Serena Williams appare in tutta la sua generosità fisica: “Ancora Serena, basta!” esclama Luca, quando al nostro fianco una bionda (in carne e ossa, non è una birra!), sente che la nominiamo e si avvicina: “Oh Serenaaaaa, Serenaaaaaa, Ooooohhhh! … Ehy, ma voi siete dell’Open!ha notato i pass della stampa che non ci stacchiamo dal collo nemmeno per dormiresiete dell’Open… Serenaaaaaa, oooohhhh!”. La donnona (perché di questo si tratta), è visibilmente alticcia. E soprattutto cozza. Ma la nostra voglia di socializzare va oltre e intentiamo un dialogo. Del resto, per quanto abbiamo il privilegio d’incrociare di continuo le campionesse WTA, ci rendiamo conto che pretendere di provarci con qualcuna di loro è un po’ troppo, meglio volare più bassi.

Per inciso, alcune giocatrici, non poche, da mezzo metro di distanza appaiono come delle divinità omeriche, giunoniche e atletiche, con i loro corpi imponenti e dalla fisicità marcata e sensuale: giri loro attorno come farebbe un misero mortale in adorazione, affamato ma ancora abbastanza lucido per capire quanto siano irraggiungibili al di là di un’intervista di pochi minuti. Domenica scorsa, il giorno prima dell’inizio del torneo, ho visto allenarsi la tedesca Julia Goerges, con quel viso angelico e quelle gambe lunghe e potenti, che richiamerebbero le peggiori fantasie erotiche di questo mondo, e mi sono reso conto che il soprannome Julia Gorgeous, affibbiatole da qualche utente di Ubitennis, è semplicemente perfetto. Sempre quella Domenica lo Zeus del tennis (il padre di tutti gli dei della racchetta, a voi la scelta su chi possa essere) mi ha concesso di vedere Maria Sharapova uscire nel Players Garden (un angolo di verde all’aperto appena fuori dall’Arthur Ashe Stadium in cui giocatori e giornalisti possono intrattenersi e rilassarsi, un’autentica miniera d’oro per raccogliere interviste e umori dei tennisti) e lasciare l’impianto, bellissima con i capelli di grano ancora bagnati dalla doccia, con lo sguardo corrucciato – avrebbe annunciato il suo ritiro di lì a poco, che disgrazia non poterla più ammirare! – che sapeva d’insofferenza verso il mondo di noi miseri mortali, come chi scrive, che è alto 1,74 e le arriva alle caviglie (mamma che caviglie!). Poi succede che l’umanissima Cibulkova sbatte fuori subito dal torneo l’altra meraviglia della natura, quell’Ana Ivanovic che ti toglie il fiato e che non sono riuscito ad incrociare né da vicino né da lontano (perché o Grande Zeus, perché?). La mia fantasia assatanata si era comunque arricchita della vista da vicino di Martina Hingis, che ha un’altezza più a misura d’inviato ma degli occhi penetranti e un fisico ancora tonicissimo, ed è davvero dura trattenere i freni inibitori che finora mi hanno permesso di conservare il pass e un processo per direttissima per aggressione. Questo per darvi un’idea di massima di cosa significhi fare l’inviato che da tempo pratica una vita ascetica (non per scelta…) e si ritrova faccia a faccia tra le migliori tenniste WTA…

Torniamo al pub di ieri sera e alla cozza alticcia e urlatrice. Il dialogo è breve e privo di significati profondi, la tipa dice di essere dell’Arizona e parla con Luca (io sono più defilato, fortunatamente) di quanto Serena sia favorita: “Non ci sono dubbi, vince lei!”. Poi in TV passa l’immagine di Nadal e lei fa un’espressione infastidita:
Non mi piace lui!
Perché?
Non lo so, ma non mi piace”.
Andiamo bene, la ragazza, che già non è proprio bellissima, non mastica nemmeno di tennis, “Serenaaaaaa” a parte…
Il dramma è che mentre continua a tormentare il povero Baldi, dietro di lei si materializza la sua più pacata e sobria amica, che, visibilmente imbarazzata per la sua compare, le chiede di non essere così molesta. Sì, è un dramma perché se la cozza è lanciatissima e volendo si potrebbe approfondire il rapporto (a patto di avere uno stomaco molto forte), l’amica è la classica ragazza americana un po’ in carne ma tutt’altro che da buttare, dai lineamenti del viso molto affascinanti… ma è stanca e soprattutto sobria. Proviamo a coinvolgerla nello scambio – ehm scusate… nel dialogo – ma non c’è verso: si limita ad annuire, ma è completamente assente, insensibile allo USOpen e al (presunto) fascino del giornalista. Nel compenso la cozza continua col suo mantra alcolista: “Serenaaaaaa!”. Sono nel frattempo arrivate le 2 di notte, capiamo che l’unica soluzione è fuggire a letto, salutiamo le due americane antipodiche e usciamo mestamente dal locale. “Però hai visto che bello, in qualunque anfratto della città la gente respira tennis!”, afferma il Baldi. Ma sì, dopo tutto l’obiettivo era percepire la passione per il tennis in tutta New York ed è stato completamente centrato: siamo soddisfatti, noi non avevamo nessun’altro intento nella notte di Manhattan…

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