Benoit Paire, meglio scarpe rotte ma “vincenti” che nuove ma “sconosciute”

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Benoit Paire, meglio scarpe rotte ma “vincenti” che nuove ma “sconosciute”

Benoit Paire si è preso un break nella semifinale di ieri contro Kei Nishikori per richiudere alla meno peggio le sue scarpe, che ha poi riutilizzato nella finale di oggi persa contro Stanislas Wawrinka. Un gesto di scaramanzia e non solo come quelli di molti altri, fra cui Goran Ivanisevic e Rafael Nadal

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Durante la semifinale di ieri dell’ATP di Tokyo contro Kei Nishikori, Benoit Paire ha dovuto fermarsi un momento nel secondo set perché le sue scarpe si stavano rompendo. Le ha sistemate in maniera rudimentale con un nastro adesivo e ha continuato a giocare, vincendo la partita contro il giapponese. Il francese ha poi dichiarato che era consapevole dello stato delle scarpe, così si è allenato con un paio prestategli da Marcos Baghdatis, non trovandosi però a suo agio.

A quel punto aveva pensato di comprarsene un nuovo paio, ma ha poi cambiato idea: “Sono molto legato a queste scarpe, ho vinto un sacco di match con queste e le userò anche in finale (la finale di questa mattina, poi persa contro Stan Wawrinka). L’uso del nastro adesivo è stato efficace, spero che lo sia anche in finale perché queste scarpe mi danno fiducia. Vedremo se terranno o meno…“. L’esito della finale gli ha dato torto, ma si è trattato di avarizia o superstizione? La domanda è legittima trattandosi di uno dei giocatori più bizzarri del circuito, ma ci sentiamo di escludere il fastidio per l’eventuale spesa (Benoit se la può ampiamente permettere…), riconducendo così il tutto a un gesto scaramantico.

Un po’ come Goran Ivanisevic che quando vinceva un punto in una fase delicata di un match, sotto pressione, richiedeva al raccattapalle la stessa pallina per il punto successivo. Tra i tennisti si annidano le menti più perverse, qualunque sciocchezza diventa sacro gesto rituale pur di esorcizzare la pressione e aumentare la fiducia in se stessi. Facile pensare, a tal proposito, alle bottigliette d’acqua di Rafa Nadal, ossessivamente sistemate sulla stessa linea, con l’etichetta dalla stessa parte. Tutti modi alquanto bizzarri per tenere a freno la tensione e la fatica per concentrarsi. Del resto, se non riscontrassimo un frammento di umanità in questi mostri della racchetta, il tennis si ridurrebbe a un esercizio robotico, tanto bello nella sua perfezione quanto monotono e lontano dalle debolezze che caratterizzano tutti noi.

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