"Ana Ivanovic, una stagione paradossale" cap. II

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“Ana Ivanovic, una stagione paradossale” cap. II

Continua la “paradossalità” del fenomeno Ivanovic: l’anno scorso quattro titoli e nessun risultato negli Slam, quest’anno una semifinale al Roland Garros e nessun risultato di rilievo nel resto della stagione. Quale delle due stagioni è la migliore?

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L’anno scorso abbiamo scritto un articolo simile a questo, dal titolo pressappoco identico. Aprivamo il pezzo chiedendoci: cosa è che rende ‘buona’ la stagione di un tennista? I tornei vinti, il ranking raggiunto, o i risultati nei tornei che contano? 
Parlavamo di Ana Ivanovic, parliamo di Ana Ivanovic un anno dopo. Un anno dopo, ma stesse conclusioni, stesse considerazioni. Stesso risultato, ma con premesse diverse.

Ana Ivanovic incarna un paradosso, e non ci riferiamo soltanto al fatto di riuscire a servire pur con il suo famoso lancio di palla sbilenco. Ma al fatto che cambiando l’ordine degli addendi della sua stagione, il risultato non cambia: chi più chi meno non sa giudicarla, se positiva o negativa.

Ok, forse questo lancio di palla era veramente troppo brutto…

Ma facciamo un passo indietro, torniamo al 2014: Ana Ivanovic ha concluso la stagione alla posizione numero 5 del ranking mondiale, ed è stata la prima stagione conclusa in top10 dal biennio magico 2007-2008, quello in cui vinse un titolo dello Slam (Roland Garros ’08) e giocò altre due finali (Roland Garros ’07 e Australian Open ’08) e poi una semifinale (Wimbledon ’07). Prima tra tutte le giocatrici per numero di partite vinte in stagione: 58 vittorie, seguita poi da Serena Williams con 52. È tornata alle WTA Finals dopo 6 anni di assenza (allora era il 2008). Ha vinto quattro titoli WTA, due Premier e due International. Ha perso soltanto una volta al primo turno di un torneo durante tutto l’anno. Ma se da una parte questi sono gli aspetti positivi, l’anno scorso abbiamo sottolineato come negli Slam la serba abbia ottenuto poco e nulla: un solo quarto di finale Slam a Melbourne e poi nient’altro. Bastavano dunque qualche titolo e un buon ranking a definire positiva la stagione?

La domanda era rimasta irrisolta, lasciando ai risultati del 2015 eventuali valutazioni ulteriori per vedere appunto se le prestazioni di Ivanovic avrebbero avuto un seguito l’anno successivo. E così è stato… per un certo verso. 
Ana Ivanovic è tornata per la prima volta in una semifinale Slam, l’ultima volta che ci era riuscita aveva vinto il titolo: era il famoso Roland Garros del 2008. E sempre Parigi è stato il palcoscenico di questa rinascita: è stata ad un passo dalla eliminazione contro Shvedova al primo turno e contro Doi al secondo turno, ma poi ha proseguito con convincenti prestazioni contro Vekic, Makarova e poi Svitolina fino ad arrivare in semifinale. Questo traguardo è rappresentato per lei, ma anche per chi la segue, una sorta di liberazione dai fantasmi del passato. La ragazza prodigio che si era bruciata in anticipo e ora non sapeva ripetersi. Allenatori su allenatori sacrificati sull’altare dei risultati e una giocatrice comunemente giudicata una sicura contendente al titolo di qualsiasi Slam che poi immancabilmente si scioglieva in campo con la stessa facilità con la quale sfoderava il suo dritto a sventaglio.

Pareva, e pare, finito questo calvario. Ogni tassello ora è a proprio posto, come ha detto poi la stessa Ivanovic. Eppure… qualcosa che non va c’è. Quel retrogusto amaro che lascia insoddisfatti, che fa cercare il pelo nell’uovo anche quest’anno, l’anno della rinascita.
Ana Ivanovic avrà sì raggiunto una semifinale Slam, ma poi? Poi si scopre per esempio che non ha mai vinto un titolo WTA, cosa che le è capitata anche nel 2013, nel 2012 e nel 2009. Addirittura ha giocato soltanto una finale, per giunta all’inizio dell’anno, a Brisbane, e una sola semifinale, a Monterrey. Insomma non i tornei più importanti sulla piazza.
Ha chiuso la sua stagione con la sconfitta a Lussemburgo agli ottavi contro Alyson Van Uytvanck. Il ranking è sceso di dieci posizioni, la serba è scesa al numero 16 della classifica WTA. Non parteciperà alle WTA Finals, esclusa anzitempo dalla corsa a Singapore, ma parteciperà all’Elite Trophy di Zhuhai.
Ha raggiunto una semifinale Slam, ma poi ha perso al secondo turno a Wimbledon (contro Mattek-Sands) e al primo turno sia all’Australian Open (contro Hradecka) che allo US Open (contro Cibulkova).

In casa Ivanovic sono tutti sereni: la serba è tornata a collaborare con Nigel Sears, con il quale aveva lavorato dal 2011 al 2013; ha assunto un nuovo preparatore atletico, Howard Green, del quale si dichiara molto soddisfatta; ha trovato anche stabilità a livello sentimentale, grazie alla relazione con Bastian Schweinsteigger. Trovasse una soluzione anche al suo lancio di palla e allo slice di rovescio (che purtroppo per lei non funziona, c’è poco da fare) sarebbe un mondo perfetto.

Il vero problema infatti è nostro, di chi giudica. Perché anche quest’anno non abbiamo capito cosa dobbiamo pensare della sua stagione. Anche quest’anno non abbiamo compreso se la stagione di Ivanovic sia positiva o da considerarsi negativa. Anche quest’anno aspettavamo il ritorno al top, e poi effettivamente siamo stati delusi. Ranking, risultati negli Slam, tornei vinti: cosa rende “buona” una stagione? State pur certi che non sarà Ana Ivanovic a darvi la risposta.

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