Benoit Paire, l'anticonformista

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Benoit Paire, l’anticonformista

La seconda parte del 2015 ci consegna un Benoit Paire finalmente ritrovato. Un tennis fatto di eleganza, estro e sensibilità. Saprà confermare i progressi, mettere da parte l’indolenza e lasciare libero spazio al suo talento?

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Il Mont Ventoux è strano e unico nel suo genere.
È detto il gigante della Provenza o anche il Gigante Calvo a causa della sommità desertificata dal Mistral che soffia da Nord. Deve il suo nome al termine occitanico ventur che significa “colui che si vede da lontano” e l’Unesco lo ha dichiarato Riserva Mondiale della Biosfera.
Anche Benoit Paire, nato ventisei anni fa ad Avignone all’ombra del Monte, avrebbe i requisiti per richiedere lo status di specie protetta, anche lui è un gigante strano e unico nel suo genere, anche il suo tennis si riconosce da lontano. Non si allena molto, ama hamburgers e bibite gassate e in campo è indolente e litigioso ma nella giornata giusta è tennis-champagne, come ha imparato Nishikori, il suo esatto opposto, steso quest’anno da Benoit sia agli US Open che a Tokyo. Chissà che combinerebbero in doppio lui e Dustin Brown, altro splendido irregolare del gioco, magari sul centrale di Wimbledon…

“La nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo” scriveva Hegel, prima non si può mai dire e quindi non sappiamo ancora se il tennista francese sarà ricordato come famoso o famigerato ma sicuramente sensibilità, stile e creatività sono degni del Gotico Flamboyant o del Barocco che hanno attraversato l’arte della sua città.
Soprannominato “la tige”, lo stelo, per via dei soli 80 kg spalmati su 196 cm d’altezza, il francese certo ne possiede l’eleganza e la fragilità ed è una delle poche eccezioni ad un panorama tennistico spesso avvilente dal punto di vista dell’appiattimento fisico, tecnico e mentale dei protagonisti.

Guardatelo giocare.
Ha imparato i rudimenti in un circolo di mini tennis e forse per questo antepone il fioretto all’alabarda, le traiettorie alla potenza, la varietà alla noia. Gran servizio, movimenti brevi e braccio veloce, il rovescio migliore del dritto al pari di Grandi quali Rosewall, Connors e Edberg, Benoit è in grado di trasformare qualunque incontro in uno spettacolo vero.
Aspetta il servizio avversario completamente eretto, lievemente distratto, come se fosse alla fermata del tram o in coda al cinema ma occhio e riflessi ne compensano la pigrizia. Possiede tocco di palla e la fantasia per usarlo al meglio e questo per i veri amatori del gioco, e non della vittoria, determina sempre il confine fra la semplice stima e l’ammirazione vera..

Certo che il carattere molto francese non lo aiuta.
Nel 2013 a Miami arriva quasi alle mani col connazionale Llodra e al Masters 1000 di Parigi-Bercy definisce
gli spettatori “una massa di idioti incapaci di capire”. Il 2014 non è da meno, a Wimbledon spacca tutte le sue racchette dopo una sconfitta con Rosol mentre a Washington insulta per tutto il match Ivo Karlovic reo a suo dire di non saper giocare a tennis, calmandosi un secondo prima di terminare la carriera in ospedale…
Ma è personalità, non cattiveria.
Quest’anno si è ritirato senza motivo al challenger di San Benedetto mentre era sotto al terzo con Volandri. Due giorni dopo si è presentato ai nastri di partenza dell’Open 250 di Bastad in Svezia e lo ha vinto con uno score di dieci set a zero, annichilendo fra gli altri Goffin e Tommy Robredo in finale.

Nei primi cento dal 2011, oggi è 25 ma come tutti i baciati dal talento fatica a mantenere le promesse, a tradurre la potenza in atto, a realizzarsi compiutamente e ricorda in questo un altro magico giocatore del passato, l’ammazzasvedesi cecoslovacco Miloslav Mecir, meglio noto come “Gattone”.
I meno giovani lo ricorderanno bene. Barbuto e allampanato come Benoit, disputò un’entusiasmante semifinale a Wimbledon 1988 contro Stefan Edberg, che in finale avrebbe poi distrutto Becker, perdendola solo per 6-4 al quinto dopo essere stato due set a zero.

Questo Asterix con la racchetta ama gozzovigliare e teme solo che il cielo gli cada sulla testa. E come l’originale nato dal genio di Goscinny e Uderzo resisteva all’invasore romano, lui farà lo stesso, lottando lancia in testa contro il perbenismo e l’omologazione di un tennis sempre più sport e sempre meno gioco.

Quindi avanti così, Monsieur Paire, le jour de gloire va arriver.

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