Personaggi
Sono Novak Djokovic e mi scuso con voi
Va bene Federer è bello e forte. Va bene Nadal emoziona e non si arrende mai. Io però sono Djokovic e, purtroppo, oggi li batto quando voglio. Purtroppo?

Sono Novak Djokovic e ho passato la vita a scusarmi. Per un nastro a mio favore, per un’imitazione non molto gradita, per aver perso la brocca in campo ai danni di un pubblico che mi ama meno di quanto vorrei.
Mi avete dato del perdente, poi ho iniziato a vincere e mi avete detto che però non gioco bene come Federer né emoziono come Nadal, e che comunque vinco meno di entrambi. Ho iniziato a vincere troppo e mi avete accusato di essere un cannibale, pure noioso. Io che conosco tante lingue questa volta non riesco a capirvi, quindi mi scuso.
Mi scuso ma capitemi, non è colpa mia. Non è colpa mia se sono così testardo. Fin da piccolo volevo diventare il n.1, e quando ho realizzato il primo 15 nel circuito c’era uno che già mi sembrava di un altro pianeta. E in effetti lo era, dunque pensai: questo mi batterà sempre, anche con una mano dietro la schiena. Forse invece se a quello spagnolo le mano gliela lego stretta attorno ai lombi me la posso giocare; la sinistra, però. Voi mi dovete capire perché fin da subito quei due mi hanno tenuto nell’ombra, ed era giusto, e anche se a me il sole non piace mica ero troppo contento. A me piace vincere, altrimenti me la prendo sempre un po’. Con me stesso, mica con voi, e se vi ha infastidito me ne scuso.
Qualcosa anche vinco, ma non mi basta. Quella coppa mi piace, tra i canguri gioco sempre bene ma io voglio lo scettro di quello svizzero, voglio diventare un animale da gara come quell’altro, anche se non ho i suoi bicipiti. No, non sono un visionario, è che mi conosco, sono più di un tennista che chiude esausto al quinto per i crampi allo stomaco. Un giorno vedrete.
Sarà mica colpa della dieta, mi dicono? Chissà, sono scettico. Alla fine, non è colpa mia se forse avevano ragione. Quest’anno vinco tutto, ma che sta succedendo? E quello lì l’ho battuto, una, due, quattro volte di fila, eppure la sinistra l’ha usata eccome. Ma allora vuoi vedere che sono diventato forte davvero? Eccolo, ci mancava solo lo svizzero, a Parigi magari vincevo… o forse no, forse sto esagerando e per questo mi scuso. Tanto prima o poi qui ci arrivo a vincere, pensavo, e invece no, mi sbaglierò per altri quattro lunghi anni, e chissà ancora quanti; perdonatemi se ho pensato di farcela.
Ma quello là che gioca in controbalzo come faceva con tutta questa pressione? Tutti mi osservano e fanno le pulci alle mia partite, ma io dico: pensate un po’ anche agli altri! Scusate se sono stato brusco… è che non mi date tregua. Ecco, contenti? Ho reso felice il Regno Unito, hanno il loro campione dopo 77 anni. Li ho fatti felici due volte, anche a Flushing Meadows, sono generoso io. Cosa dite, dovevo vincere io? Ma se poi dite che vinco troppo.. scusatemi ma davvero non capisco. Anzi, facciamo così: quest’anno vinco tutto. Eh no, neanche, ho scoperto che in Svizzera ce ne sono due, e questo tira anche più forte. A Parigi tanto lo so che non vinco neanche stavolta, ma posso almeno mangiare un po’ d’erba che questa dieta è un massacro? Come, sono diventato forte però vado poco a rete? Mi scuso ma non è colpa mia, sono abituato così. E poi ho preso un tizio ad allenarmi, mi dicono si tuffasse sull’erba e forse mi aiuta.
Ah, ora è colpa mia anche se Cilic ha vinto uno Slam? Allora si fa così, anno di grazia 2015 vi giuro che vinco tutto io. Ecco, contenti? Cosa, manca il Roland? Ma ve l’ho detto, non lo vincerò per almeno 4 anni, saprò anche quel che ho vinto. Cosa dite, domino così tanto perché non ho avversari? Innanzitutto mi scuso ma non è mica colpa mia se quel mancino ha smesso con i ganci e se quell’altro è in giro da troppo tempo e non riesce a starmi dietro per cinque set, cosa faccio gli do un set di vantaggio? Tra l’altro è un vecchietto orgoglioso, rifiuterebbe.
Insomma io sono Novak Djokovic e mi scuso con tutti voi, anche per essermi scusato troppe volte. E scusatemi un’ultima volta se vinco anche se non vi entusiasmo, se a volte non tiro troppi vincenti, se sbaglio qualche smash di troppo. La palla sopra la testa mi da fastidio perché mi costringe a guardare il cielo e a me invece piace le terra, un po’ di più il cemento ma anche la terra, e prima o poi ci vinco anche lì. E se non ci riesco mi scuso in anticipo. Prima o poi vi prometto che smetterò, di vincere, e anche di scusarmi. In fin dei conti non è colpa mia, io volevo solo diventare il numero 1.
ATP
L’anno del riscatto di Nico Jarry. Chi lo ferma ora?
Nel 2019 si era già affacciato tra i primi 40 giocatori del mondo. Poi la squalifica per doping e una lenta risalita fino alla svolta di quest’anno con il torneo di casa. Gli ottavi a Parigi (affronterà Ruud, battuto pochi giorni fa) non sono una sorpresa

Non sono pochi i nomi inattesi che hanno raggiunto gli ottavi di finale del tabellone maschile di questo strano Roland Garros 2023. Ofner è indubbiamente quello più sorprendente, seguito da Varillas, Etcheverry e in parte anche Nishioka, che comunque è accreditato della 27esima testa di serie. C’è poi Nico Jarry: unseeded sì, ma forse la sorpresa meno inaspettata di tutte. Si tratta infatti di uno dei giocatori più in forma del momento e, più in generale, di questa prima metà di stagione e siamo certi che i big abbiano tirato un bel sospiro di sollievo quando hanno visto il suo nome posizionato dal sorteggio ben lontano dal loro. Il cileno, però, pian piano si sta avvicinando a tutte le teste di serie più alte e, anzi, una l’ha già raggiunta: dopo aver superato Dellien, Paul e Giron, agli ottavi se la vedrà infatti con il numero 4 e finalista dello scorso anno Casper Ruud in un match dall’esito tutt’altro che scontato.
Nico viene infatti da sette vittorie consecutive e tra queste ce n’è una ottenuta proprio contro il norvegese. Nell’ultimo torneo prima di Parigi, a Ginevra, Jarry ha giocato un tennis di altissimo livello che gli ha permesso di battere per l’appunto Ruud ai quarti di finale (in tre set) e poi anche Zverev in semifinale e Dimitrov – un altro che sta attraversando un ottimo momento di forma – nell’atto conclusivo del 250 svizzero. Con questa cavalcata degna anche di un torneo di categoria superiore, Nicolas ha conquistato il secondo titolo della stagione: la stagione del suo riscatto. Nella prima classifica del 2023 Jarry era infatti in 152esima posizione, mentre ora è virtualmente tra i primi 30 del mondo.
IL BEST RANKING NEL 2019 – Già qualche anno fa, nel 2019, il giocatore di Santiago aveva iniziato a respirare l’aria dell’alta classifica: risultati come i quarti a Barcellona, la finale a Ginevra e il successo a Bastad lo avevano portato al numero 38 del ranking. Alto quasi 2 metri e dotato di un servizio molto pesante, si stava costruendo la fama di specialista della terra ad alta quota, dove l’aria è più rarefatta e la palla va quindi più veloce. Tra i suoi primi risultati più importanti, nel 2018, ci sono infatti le semifinali a San Paolo e Kitzbuhel: oltre 700 metri sul livello del mare in entrambi i casi.
LA SQUALIFICA PER DOPING – Negli ultimi tre anni, però, di Jarry ci eravamo sostanzialmente dimenticati. Il cileno era infatti letteralmente scomparso dai radar, nel senso che dall’ottobre del 2020 al febbraio 2021 il suo nome non figurava più nel ranking. Mentre tutto il circuito era fermo causa pandemia, Nico scontava infatti una squalifica per doping ed era quindi l’unico a perdere punti in classifica. Il nipote d’arte (suo nonno materno è quel Jaime Fillol ex numero 14 del mondo e in campo anche nella finale di Davis del ’76 vinta dall’Italia di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli), in realtà, aveva dimostrato la sua innocenza: gli integratori incriminati non erano vietati ma erano stati cross-contaminati alla fonte, cioè in fase di produzione in laboratorio. Nicolas ricevette comunque una squalifica di 11 mesi dall’ITF e decise di rinunciare al ricorso dal momento che, come detto, in quel periodo non si giocava alcun torneo.
LA RIPARTENZA – Ripartire da zero o quasi, però, non è stato affatto semplice: Jarry perse i primi tre match dopo lo stop, a novembre 2020, in un Challenger e in due Futures, cedendo anche a un diciottenne americano numero 980 del mondo. Solo a marzo della stagione successiva Nico ricominciò a ottenere qualche risultato. Lo fece sfruttando l’aria di casa a Santiago: prima onorò al massimo delle sue possibilità in quel momento la wild card concessagli nel torneo del circuito maggiore combattendo per quasi tre ore contro Tiafoe e poi tornò a vincere due partite di fila nel Challenger che si disputava sempre sui campi della sua città.
IL RITORNO AD ALTI LIVELLI – Da lì è iniziata una graduale risalita che ha avuto un’altra tappa fondamentale di nuovo a Santiago, pochi mesi fa. A dire il vero il 2023 di Jarry era già partito con il piede giusto: qualificazione al main draw dell’Australian Open e vittoria al primo turno su Kecmanovic e poi un ottimo percorso nel 500 di Rio de Janeiro interrotto solo da Alcaraz in semifinale (e per giunta dopo tre set). Nella città natìa, però, Nico ha dato la conferma di essere tornato quello del 2019, se non addirittura più forte. Dopo una serie di lotte su tre set ha infatti conquistato il titolo in assoluto più significativo per lui facendo impazzire i suoi connazionali e concittadini sugli spalti.
Nei tornei di Marrakech, Barcellona, Madrid e Roma ha poi attraversato un naturale calo fisiologico, ma a Ginevra il cileno ha ripreso il filo del discorso. Gli ottavi a Parigi, adesso, significano due cose: i geni di nonno Jaime, di cui Nico ha eguagliato il miglior risultato al Roland Garros, hanno funzionato bene e, soprattutto, non si può più dire che Jarry sia solo un giocatore da tornei in altura.
Flash
Per Nadal il compleanno più amaro, lontano da Parigi
Il campionissimo spagnolo, fermo per un infortunio all’ileopsoas che mette a rischio la sua carriera, non è abituato a festeggiare lontano da Parigi

A partire dal 2022 la giornata nazionale del tennis in Spagna si festeggia il 3 giugno, non una data casuale, ma il giorno del compleanno di Rafael Nadal.
A onor del vero Rafa non ha festeggiato molti compleanni in terra spagnolo poiché la data della sua nascita cade proprio a cavallo delle due settimane in cui si gioca il Roland Garros. Destino, forse. La sua prima partecipazione allo slam francese risale al 2005 quando, proprio nel giorno del suo diciannovesimo compleanno, si trovò a giocare e vincere la semifinale contro colui che sarebbe diventato poi il suo più grande rivale, e amico, Roger Federer. Fatalità, forse. Due giorni più tardi Rafa vincerà per la prima volta il Roland Garros, sconfiggendo Mariano Puerta.
Da quel giugno 2005 solamente in tre occasioni Nadal non era a Parigi a festeggiare: nel 2009 quando perse negli ottavi da Soderling, nel 2016 quando dovette ritirarsi per un problema al polso e nel 2020 quando non si giocò il torneo causa pandemia. E da quel giugno 2005 è inutile ricordare che per ben altre 13 volte, pochi giorni dopo il suo compleanno, Rafa ha alzato al cielo il trofeo destinato al vincitore, sbriciolando ogni statistica e ogni record Slam, ante Nadal.
A pochi giorni dall’inizio del Roland Garros 2023 Rafa ha annunciato che questa edizione non l’avrebbe visto scendere in campo e ha aggiunto che il prossimo anno sarà il suo ultimo anno nel circuito. Ciò significa che il prossimo 3 giugno, infortuni e avversari permettendo, sarà l’ultima volta in cui, nel giorno del suo compleanno, Nadal potrà scendere sulla terra rossa del Philippe Chatrier, mentre tutto il pubblico intonerà per lui “Joyeux Anniversaire”. I francesi, evento raro, l’hanno adottato come fosse un eroe di casa. Una statua campeggia sotto il centrale di Parigi e lì resterà a memoria dell’incredibile impresa sportiva compiuta da Rafa negli anni. Egli ha conquistato l’amore del pubblico non solamente a suon di vittorie, ma anche dimostrando una sportività e un’umiltà fuori dal comune. Il famoso “merci” ai ragazzi che gli passano l’asciugamano o ai raccattapalle, la classe nel non avere mai, nemmeno nei momenti più difficili, distrutto una racchetta, il suo sorriso e la sua disponibilità hanno conquistato il cuore di tutti gli appassionati, anche di coloro che per ragioni sportive hanno poi tifato per un suo rivale. L’immagine di Rafa e Roger che piangono tenendosi per mano nel giorno dell’addio di Federer rimarrà a suggello della fine di un’epoca, scritta da due campioni immensi in campo, e fuori. Ed essere campioni fuori dal campo resta sicuramente la sfida più difficile. Si dice che i grandi sportivi non si ritirano mai davvero. Per questo oggi, mentre Rafa festeggia a Maiorca con la sua splendida famiglia, a Parigi lui c’è e ci sarà finché si giocherà il Roland Garros. Le sue imprese verranno raccontate ai nuovi appassionati da coloro che le hanno vissute e saranno tramandate come una leggenda negli anni. Perché è così che accade ai campioni.
Chi entrando nello stadio del Santos può non pensare a Pelè? Chi sedendosi sugli spalti di quello che era il San Paolo non si lascia sopraffare dalla nostalgia per le magie di Maradona (ora lo stadio, peraltro, si chiama come lui)? Chi varcando la soglia di Wimbledon non vede Roger danzare sull’erba? Chi nello United Center di Chicago non immagina Michael Jordan volare a canestro? Chi a Misano o al Mugello non si aspetta di vedere un sorpasso impossibile di Valentino Rossi? E così chiunque entri sul Philippe Chatrier avrà sempre l’impressione di poter vedere da un momento all’altro, Nadal correre e combattere per chiudere con un lungo linea impensabile uno scambio che sembrava perso.
Buon trentasettesimo compleanno, Rafa. Parigi ti aspetta per festeggiare con te il prossimo anno.
evidenza
Il Roland Garros indifeso: Nadal e gli altri campioni in carica che hanno lasciato orfano il torneo
Rafa Nadal è l’ultimo di una (breve) lista di vincitori dell’Open di Francia che non hanno giocato a Parigi l’anno successivo. Chi sono gli altri e perché non c’erano?

“Dipende se Rafa giocherà” aveva detto a Roma fa Novak Djokovic, una risposta che molto probabilmente valeva per tutti i tennisti alla domanda su chi sarebbe stato il favorito a Parigi. Quel “se giocherà” si è rivelato infaustamente premonitore: non sarà Rafael Nadal ad alzare la Coppa dei Moschettieri nel 2023. Nella conferenza stampa di giovedì 18 maggio, un tennista di trentasei anni, quasi trentasette, e dall’aspetto sereno ha affranto gran parte del mondo tennistico spiegando che il proprio corpo reclama una lunga pausa. La più immediata conseguenza sportiva di ciò è l’impossibilità di difendere il titolo del Roland Garros – il quattordicesimo messo in bacheca.
Nadal non aveva mai mancato l’appuntamento parigino dal suo esordio (con successo finale) nel 2005, ma aveva dovuto rinunciarvi l’anno precedente a causa di una frattura da stress alla caviglia sinistra. Quella del 2023 è dunque la sua prima assenza come campione in carica. Ci è allora venuta la curiosità di sapere chi altri non si fosse presentato l’anno successivo al trionfo. Curiosità che evidentemente è venuta anche a qualcun altro che ringraziamo per la rivelazione. Vediamo quindi chi sono i tennisti (maschi) dell’Era Open a non essersi presentati per la difesa del titolo, con l’auspicio (ormai la certezza, assicura lei) di non doverne farne uno anche per le ragazze.
Il viaggio parte dal maggio 1970, due anni dopo l’inizio dell’Era Open, il momento di svolta in cui i tennisti professionisti furono ammessi a giocare i tornei del Grande Slam e gli altri eventi organizzati o riconosciuti dal’ILTF fino ad allora riservati agli amatori. L’ILFT era la federazione internazionale che ancora si beava di Lawn nel nome e il Roland Garros del 1968 fu il primo Slam “aperto”. Il vincitore a Parigi nel 1969 e dunque primo della lista dei campioni uscenti-assenti è Rod Laver, il mancino australiano che nell’occasione si prese la rivincita della finale dell’anno precedente sul connazionale Ken Rosewall.
Laver, che in quella stagione vinse il Grande Slam, era sotto contratto con la NTL (National Tennis Leagues), un tour professionistico maschile fondato due anni prima. Esisteva anche un altro tour pro, il World Championship Tennis, che insieme al Grand Prix è stato il predecessore dell’ATP. Nel 1970, il WCT acquisì la NTL e con essa i contratti dei suoi giocatori. Pare quindi che, almeno in parte, proprio per via del proprio contratto Rod non partecipò a quel Roland Garros, sebbene giocò poi a Wimbledon e a Forest Hills (US Open), due degli altri eventi sotto l’egida dell’ILTF. Nel dicembre di quello stesso anno, WCT e ILTF raggiunsero un accordo, mentre quello del 1969 rimase l’ultimo Open di Francia disputato da Laver. Il suo successore a Parigi fu così il ceco Jan Kodeš, vincitore in finale su quello Željko Franulović che avrebbe diretto il torneo di Monte Carlo per quasi due decadi.
Rimaniamo nel Principato volando però al 1982 e al secondo nome della lista, probabilmente quello facile da indovinare. Nel torneo monegasco, Bjorn Borg, numero 4 del seeding, si arrende a Yannick Noah, dopo aver battuto in tre set Adriano Panatta al secondo turno. Fin qua, nulla di strano. Guardando con attenzione, tuttavia, di fianco a quel “4” che precede il nome del sei volte campione a Parigi c’è la Q di qualificato. Perché Borg rientrava da un’assenza dal circuito di cinque mesi, la più lunga fino a quel momento, ma soprattutto aveva deciso di disputare solo sette eventi del Grand Prix invece dei dieci richiesti. Sul New York Times dell’epoca, il suo coach Lennart Bergelin spiega che Borg ha deciso di non giocare il Roland Garros a causa della regola che lo obbligherebbe a passare per le qualificazioni. “Non abbiamo ancora preso una decisione riguardo a Wimbledon” aveva aggiunto. Quello di Monte Carlo era il primo torneo a cui partecipava in stagione. Sarebbe rimasto l’unico. Senza Bjorn a difendere il titolo (il quarto consecutivo), la coppa restò comunque in mani svedesi, raccolta da un diciassettenne Mats Wilander che batté Guillermo Vilas in quattro set.
Nel 1990 non era più un fattore, Wilander, mentre il numero 1 del mondo Ivan Lendl si chiamò fuori dai giochi per prepararsi sull’erba con obiettivo Wimbledon. Fuori subito le prime due teste di serie Edberg e Becker per mano di due teenager, rispettivamente Sergi Bruguera e Goran Ivanisevic, in finale – la prima slam per entrambi – arrivarono i secondi favoriti del seeding: ebbe la meglio l’underdog, il trentenne Andres Gomez sul ventenne Andre Agassi. Il mancino ecuadoriano perse però il suo feeling con la palla nei mesi successivi, chiudendo l’anno con 12 sconfitte consecutive. Nel 1991, a Madrid, vinse il suo terzo match in stagione, ma si infortunò alla coscia al turno successivo e fu quella la motivazione per cui rinunciò al Roland Garros. Tuttavia, secondo il suo ex coach Colon Nuñez fu il mediocre stato di forma di Andres la ragione principale che portò alla decisione del forfait. “L’infortunio è stata l’ultima goccia” le parole di Nuñez riportate dal Tampa Bay Times. “Non ha retto alla pressione come avrebbe potuto. Ora sta lavorando con un preparatore atletico, cercando di tornare in forma. Di sicuro possiede ancora il talento”. Agassi tornò in finale, ma fu nuovamente sconfitto, quella volta da Jim Courier.
1970, 1982 e 1991. Non succedeva da trentadue anni che il campione in carica del Roland Garros non tornasse a difendere il titolo. Allora, magari non da così tanto ma certo dopo parecchio tempo, l’imminente Open di Francia 2023 sarà un torneo… aperto.
E quello del 2024? “Dipende…”.