Intervista esclusiva ad Alice Matteucci: "Il mio sogno è vincere uno Slam"

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Intervista esclusiva ad Alice Matteucci: “Il mio sogno è vincere uno Slam”

Abbiamo intervistato a Pescara Alice Matteucci. La giovane tennista azzurra racconta la sua esperienza in Fed Cup, le sue aspirazioni e i suoi sogni. “Essere convocata in nazionale è stata un’esperienza straordinaria. Non è una cosa che capita tutti i giorni”

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Alice Matteucci, giovane promessa del tennis italiano, ha cominciato a praticare questo sport all’età di sette anni presso il Circolo tennis Pescaradue a Pescara con il maestro Cesare Petrecca, il quale l’allenerà fino all’età di 14 anni. Successivamente approda in Belgio all’Accademia di Justin Henin, dove resterà per due anni. Nel 2011 decide di trasferirsi nuovamente per tornare in patria, precisamente a Tirrenia, nel centro Coni, dove tuttora si allena, sotto la tutela di Tathiana Garbin. Vincitrice di 4 titoli ITF da 10000 dollari in singolare e 10 in doppio. Ha partecipato alla European Summer Cup under 18 nel 2013, vincendo il titolo in finale contro la Romania. Nel 2014 la giocatrice, classe 1995, viene convocata in Fed Cup per la prima volta in carriera, per disputare il match di primo turno contro gli Stati Uniti. Attualmente la tennista abruzzese è numero 323 del ranking in singolare e 165 nella classifica di doppio.

Valutando le priorità nella tua vita, quale posto assegni alla tua attività sportiva nella vita quotidiana?
Ha la priorità assoluta, viene prima di tutto. Ovviamente cerco di conciliare anche lo studio, perché penso che sia ugualmente importante, infatti mi voglio iscrivere all’università, però il tennis è al primo posto e dedico il 90% del tempo all’attività sportiva.

Considerando che nella vita tutto ha un prezzo, anche le cose più gratificanti, a cosa hai rinunciato per intraprendere questa carriera? Pensi che ne sia valsa la pena?
Le rinunce sono state tante, ad esempio l’avere molto meno tempo per uscire, per avere una vita “normale”, però penso che ne sia valsa la pena. La vita che facciamo noi tenniste, anche se è difficile, perché viaggiamo tanto, siamo sole, affrontiamo momenti davvero duri, è molto gratificante: il prezzo di una vittoria vale più di tutti sacrifici fatti. Senza dubbio, se potessi tornare indietro, rifarei tutto.

Come ti trovi con la tua attuale allenatrice, Tathiana Garbin? Secondo te è importante avere un coach che ha fatto il tuo stesso percorso, che è stato un tennista e quindi può capirti sotto tutti i punti di vista oppure può essere ugualmente utile avere un allenatore che non è stato un giocatore?
È un discorso molto personale. Per quanto mi riguarda, io mi trovo molto bene con Tathiana perchè, essendo stata una giocatrice, riesce a cogliere ogni minimo dettaglio, tutto quello che noi tennisti proviamo durante la partita e nella vita di tutti i giorni. Anche lei ha vissuto quest’esperienze in prima persona e quindi chi meglio di lei può aiutarci.

Nel 2014 sei stata convocata in Fed Cup, hai giocato in doppio con la Burnett contro il duo americano Davis-Keys. Alla fine avete passato il turno. Cosa hai provato nello scendere in campo con la maglia azzurra e lottare per la tua nazionale? Cosa vuol dire giocare al fianco di giocatrici già affermate come la Knapp e la Giorgi?
È stata un’esperienza straordinaria, diversa dalle altre. Non era una competizione di singolare ed è stata una prova che mi ha dato molta fiducia, perché essere convocata in nazionale così giovane non è una cosa che ti capita tutti i giorni. Naturalmente, stare a stretto contatto con giocatrici già affermate è utilissimo, mi ha arricchito tanto. Ero molto emozionata ed è stata un’esperienza utile anche per imparare a gestire meglio le emozioni in quel momento, al di là del risultato. Infatti abbiamo perso il doppio, ma abbiamo comunque passato il turno. Io ho cercato di captare ogni piccola cosa dalle mie compagne di squadra più esperte, cercavo di vedere come si comportavano, di assimilare il più possibile, dal momento che noi tenniste emergenti stiamo cercando di arrivare ai loro livelli.

Quest’anno Flavia Pennetta e Roberta Vinci ci hanno regalato molte emozioni, mostrandoci un grande tennis e dimostrandoci che i sogni si realizzano, anche quando sembrano impossibili. Quale morale trai dalla loro esperienza? Sono validi esempi da seguire anche al di fuori della carriera tennistica?
Sono due ragazze che hanno fatto tantissimi sacrifici per arrivare dove sono arrivate e hanno raggiunto un grande risultato in un’età  avanzata. Questo, per me, è una testimonianza ricca di significato, perchè sono due giocatrici che non hanno mai mollato, nonostante varie delusioni, che ovviamente hanno tutte le tenniste. Secondo me sono un punto di riferimento da seguire anche al di fuori dell’ambito tennistico. Infatti la finale US Open è stata l’emblema della loro amicizia, della lealtà che le contraddistingue e quindi le stimo anche perché sono riuscite a portare avanti un’amicizia, coltivata fin da ragazzine, all’interno della loro carriera.

Qual è il tuo sogno nel cassetto? E cosa puoi fare per realizzarlo?
Il mio sogno è vincere uno Slam. È un sogno appunto, ma ogni giorno cerco di realizzarlo, mi sveglio con quest’obiettivo. Purtroppo per raggiungere questo traguardo non ci sono scorciatoie, bisogna solo lavorare quotidianamente e credere in ciò che ti dicono le persone di cui ti fidi, è importante avere dei punti di riferimento.

Quanto conta la tenuta mentale in campo? Vale più o meno della tecnica e della fisicità?
Secondo me la tenuta mentale vale al 90% rispetto a tutto il resto, perché per arrivare a diventare una giocatrice forte non è sufficiente la tecnica, la tattica o le qualità fisiche, che comunque contano molto, ma l’aspetto mentale è di fondamentale importanza. Sono tante cose che creano un campione, non solo il dritto e il rovescio, ma anche come si gestiscono i momenti difficili, i comportamenti da tenere in campo e fuori dal campo.

Nel nuovo panorama tennistico pensi che ci siano stelle emergenti in Italia? Tu ti senti tra queste?
In Italia ci sono diversi giovani, che hanno buoni margini di miglioramento. Io non mi sento di dire di appartenere a questa categoria. Sto facendo il mio percorso e penso prima di tutto a cercare di realizzare questo sogno, al di là di quello che le persone possono dire. Infatti si dice che in Italia non ci sia un ricambio generazionale, ma io seguo la mia strada, sto ottenendo buoni risultati e spero di continuare e migliorarmi.

L’avversaria che temi di più e la giocatrice a cui ti ispiri di più. Perché?
A me piacciono tanto sia la Vinci che la Pennetta. Inoltre sono molto fortunata, perché la mia allenatrice ha uno stile di gioco che somiglia al mio, abbiamo caratteristiche simili, variazioni di gioco, slice… Certo io sono la sua brutta copia. Quindi mi ispiro anche a lei. Non ho un’avversaria che temo particolarmente. Ho perso delle partite che sono dipese più dalla mia tenuta mentale che non dalle mie avversarie, quindi non ce n’è una che mi dia fastidio più di altre, piuttosto cerco di pensare a me e al mio gioco, senza pensare troppo a chi mi trovo di fronte.

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