Le supersfide di Ubitennis, "One man one country": Goffin vs Dimitrov

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Le supersfide di Ubitennis, “One man one country”: Goffin vs Dimitrov

Per la supersfida di oggi spazio a due giocatori che rappresentano il meglio del loro paese, stelle assolute del movimento nazionale: due tennisti dal 2015 decisamente differente, il recente finalista di Davis con il Belgio David Goffin e il bulgaro Grigor Dimitrov

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Ci sono paesi che aspettano anni prima di avere un campione, un giocatore capace di entrare nei top10 e di regalare alla nazione vittorie di prestigio. Di fronte in questa puntata le punte del movimento belga e bulgaro, due nazioni che hanno storicamente prodotto tanto a livello femminile ma che non hanno mai avuto dei protagonisti nel circuito ATP. Mettiamo a confronto David Goffin e Grigor Dimitrov.

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Goffin-Dimitrov


David Goffin
(di Diego Serra)

Troppo facile dimostrare oggi che sarà David Goffin a primeggiare nel confronto one man one country contro Dimitrov. Palese proprio quando Goffin ha trascinato il Belgio in questa finale avvincente di Coppa Davis, contro Murray e compagni. Ha perso è vero, battuto da Murray, ma la storica impresa rimane.

Non ha perso Goffin, ha vinto Murray.

I confronti diretti sono tutti per Dimitrov, sconfitta per Goffin sulla terra rossa a Treviri nel 2000, sconfitta 4 anni dopo a Ney York, è giunta l’ora di invertire la tendenza.  Il Goffin visto contro Edmund è un cagnaccio maledetto. Solo dal terzo set in avanti è vero. Ma qui sta la sua caratura, conscio dei suoi limiti, ha saputo resistere al tornado Edmund, non facile davanti al proprio pubblico per la prima volta in finale di Coppa Davis. Finito sotto un camion, l’ha definito in cronaca Ubaldo Scanagatta, vero ma tornato subito in piedi. E se l’avversario si bea, si crede in paradiso, quante volte è capitato a Dimitrov?, David torna sotto.

E poi diciamolo David rappresenta il suo popolo, la sua terra, pure fisicamente, elegante nei modi, poco appariscente, silenzioso ma determinato. Buon dritto, discreto servizio, fisico non appariscente, niente colpi di testa o bulgare canotte, sarebbe piaciuto pure a Hercule Poirot. La vita anche quella del tennis non è solo esplosioni di potenza e accecanti folgori di classe, ma anche prudenza.

E se spesso si dice che Murray è tutta la Gran Bretagna, o Dimitrov la Bulgaria, ricordo che il tennis normale di Goffin ha battuto praticamente da solo l’Argentina, in semifinale di Davis, rimediando al tennis troppo normale di Darcis. Sarà dura tecnicamente è vero, ho già detto dei precedenti. Ma qui si tratta di rappresentare il proprio Paese, e allora magari allenteremo un po’ la terra rossa, non è bastato ad arrestare Murray, ma servirà per opporsi a Dimitrov.

Concedete una chance all’arruffona speranza di uomini normali, capaci di dare un volto umano a uno sport che non può essere solo bordate e scontate vittorie di Dei inarrivabili. E se proprio ancora non vi ho convinto, vi faccio presente che il cuore di Goffin batte costante per il suo Paese mentre quello di Dimitrov va a singhiozzo ferito dalle pene di Maria Sharapova.


Grigor Dimitrov
(di Milena Ferrante)

Dimitrov: il predestinato. Suo padre, allenatore di tennis. Sua madre, ex pallavolista. Imberbe quando vince due Grand Slam junior. Ancora baby quando Peter Lundgren dichiara che è migliore di Federer alla sua età. Sbarbatello quando, dopo una serie di batoste e aver lasciato il coach McNamara, finisce sotto le ali del guru Patrick Muratoglu, santone tenuto a trasformare il principino in re consacrato.

Un talento che spinge Nadal a battezzarlo “il migliore della sua generazione”. A suo parere il ricambio naturale dei fab four.

A metà dell’anno scorso, a 23 anni, Grigor era il più giovane giocatore presente tra i top 20. Eppure, a oggi, il suo potenziale rimane virtualmente inespresso.

Il bulgaro dal cuore oscuro (lo disse un’illustre collega) forse sa quello che vuole solo al di fuori dal campo da gioco, dove sfrutta il suo look per imbastire una fama di conquistatore alla James Bond. Del resto, a 15 anni, all’accademia Sanchez Casal, già faceva il diavolo a quattro. Come quasi tutti i giocatori dell’est europeo, si porta dietro una certa spavalderia, strettamente confinante con l’arroganza. E quest’ultima non sempre è sublimata in quella un po’ tronfia spocchiosità utilissima a infliggere batoste sui campi di gioco. O forse è sublimata troppo e come tale tracima.

Teoricamente, Grigor potrebbe anche sapere il fatto suo. Solo che non ha ancora fatto pace col mondo reale dall’altra parte della rete, fatto di gioco percentuale e di prudenza tattica. Di calcoli. Il che può essere un bene, per ora. Perché se è vero che gli avversari possono sempre sperare che il cavallo dia di matto sul più bello, è anche vero che non sai mai se quel giorno lì capiterà.

Perché Dimitrov dispone di un groviglio di varianti che può, è vero, mandarlo in confusione, ma che può fare anche il bel tempo nelle giornate giuste.

 Menu della casa:

1. Il rovescio: uno dei pochi rovesci a una mano del circuito. Colpito a braccio teso, lo ha fatto soprannominare “baby Federer”. Lo gioca restando laterale fino a chiudere il colpo. Esteticamente bello. Ma anche una saetta. Tranciante.

2. Il servizio: da 1,90 m, e sulle punte dei piedi. Un metronomo di fluidità.

3. La volée: il gioco al volo è frizzante anche se non sempre definitivo. Grigor fa faville nella terra di nessuno o quando la palla è sottoterra e deve tirarla fuori come col cavatappi. Un po’ McEnroe, ma più glaciale.

4. Il dritto: in lista per ultimo. Di fatto Dimitrov sta lontano dal dritto slice come un vampiro dall’aglio. Tende a giocarlo in topspin e a mantenere il controllo del gioco.

Sufficiente? Forse. Quando decide di non stare troppo ad aspettare e non va insieme da solo. E quando ci mette la stessa intensità che profonde nelle sue imprese al di fuori del campo da tennis.

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