Gli articoli più letti dell'anno. Gennaio: l'imbarazzante... Millennium di Roger Federer

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Gli articoli più letti dell’anno. Gennaio: l’imbarazzante… Millennium di Roger Federer

Vi riproponiamo gli articoli di maggior successo del 2015 di Ubitennis, quelli più apprezzati da voi lettori. A gennaio si parte con due fuoriclasse: il direttore Ubaldo Scanagatta e Roger Federer

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Perché il campione svizzero sta mettendo in imbarazzo il tennis italiano, i suoi avversari, i teenagers, i giornalisti, due Beatles su tre. Che storia se vincesse l’Australian Open

Qui l’articolo originale.

Già, proprio imbarazzante. Pensateci bene. La conquista del torneo n.83 in questo 2015, anno in cui l’8 agosto Roger Federer compirà 34 anni, nonché le sue mille certificate vittorie nel massimo circuito dei professionisti, a ben vedere rappresentano momenti storici – per il nostro tennis – e leggendari per tutto lo sport in senso lato – che dovrebbero indurre a riflessioni un tantino più profonde di una registrazione passiva di un altro record, l’ennesimo, ancorché, per via di Jimbo Connors e Ivan Lendl, non si tratti di un record assoluto.

Riflessioni che, appunto, dovrebbero andare al di là dell’universale ammirazione che inevitabilmente suscitano per il fenomeno che lo svizzero certamente è ed ha mostrato di essere per almeno 17 anni dal giorno del suo esordio fra i “pro” nel 1998 a oggi.

Trascurando quindi la sua storia da junior che pure era stata tutt’altro che banale. Chi scrive ne rimase a dir poco impressionato quando in quello stesso anno 1998, ma a primavera, lo vide imporsi non ancora diciassettenne nel torneo internazionale under 18 di Pasqua alle Cascine, per l’appunto dieci anni dopo un altro svizzero, Marc Rosset.

Ma c’è anche la straordinaria fenomenalità della sua vicenda di cui andrebbe tenuto debito conto.

17 anni di carriera “Pro” e, ancora per l’appunto, 17 trionfi in altrettanti Slam. Con almeno un torneo vinto negli ultimi 15 anni. Non starò qui a snocciolare, per la centesima volta, tutti i suoi record, anche se per me quello più straordinario fin qui è stato certamente quello delle 23 semifinali consecutive raggiunte negli Slam. Pazzesco.

Imbarazzante, questo record, soprattutto per il vostro cronista che, illusosi a metà anni Settanta sull’avvenire del tennis italiano – tutta “colpa” di Nicola Pietrangeli, Beppe Merlo, Adriano Panatta e Corrado Barazzuttiche mi avevano “viziato” – ha dovuto registrare zero semifinali negli Slam dal Roland Garros 1980 (Barazzutti) a oggi.

34 anni e 134 Slam senza che un solo giocatore nato nei patri confini – di tanti che pure si sono impegnati al limite delle loro forze per diventare bravi giocatori – riuscisse a raggiungere una sola volta quel traguardo tagliato da un solo tennista, Roger Federer, 23 volte di fila (più tutte le altre… e lasciamo pure perdere).

Insomma, non è imbarazzante per tutto un Paese di 65 milioni di abitanti che da anni ne ha circa un paio (di milioni) che giocano a tennis?

In questo arco di tempo, 34 anni, e ripeto 34, troppi altri Paesi, che pure non hanno avuto un fenomeno come Roger Federer – ma, suvvia, chi l’ha avuto? Forse l’Australia dei grandi aussies, Laver, Rosewall, Hoad, gli Stati Uniti dei Tilden, Sampras, Agassi, McEnroe… ehi non ricominciate a parlare di GOAT adesso, per favore! – hanno però festeggiato giocatori capaci di vincere uno Slam e quantomeno di arrivare in finale, e sennò almeno in semifinale. L’Italia no!

Chi dei lettori di Ubitennis ha voglia di cimentarsi in una ricerca statistica abbastanza elementare, per stabilire quante nazioni abbiano avuto almeno un semifinalista negli ultimi 134 Slam? Ogni contributo in tal senso è bene accetto.

Con quale faccia tosta si possa arrivare a sostenere che il tennis italiano è in salute, lo sa solo il politico di turno, il dirigente che bluffa. Cioè un presidente federale dopo l’altro, nessuno escluso. Imbarazzante.

Per carità, gli slam non sono tutto ciò che esprime un movimento tennistico, sono semmai soltanto la proiezione del ritratto del suo vertice, ma lo sono certo di più della Fed Cup, credetemi (sebbene vincerla per quattro volte non debba essere considerato exploit da poco. Guai a fraintendere). E anche della Coppa Davis.

Gli Slam sono la vera cartina di tornasole del tennis ad alto livello, al massimo livello. Un Paese che non riesce mai ad esprimere un giocatore in grado di arrivare fra i primi 4 in quattro opportunità che si verificano puntualmente ogni anno, è un Paese che ha fallito in modo imbarazzante la sua missione tecnica. Il resto sono balle, anche perchè arrivare una volta fra i primi quattro non vuole dire essere un campione. Tanti ci sono arrivati senza esserlo. Possibile mai un italiano? Solo sfortuna? Imbarazzante.

E perciò invece più che sacrosanto essere “patriotticamente” assai orgogliosi degli exploit negli Slam della Schiavone, della Errani, della Pennetta (senza stare qui a sottilizzare se siano stati “prodotti tecnici” di una federazione oppure no). Sono state straordinarie, bravissime proprio anche perchè sono riuscite ad uscire da un humus non proprio fertile, non stimolante, a prezzo di scelte coraggiose, sacrifici importanti (loro e delle loro famiglie). In questo ambito devono essere applaudite vigorosamente anche Farina e Vinci, oltre alla più “anziana” Reggi.

Ma torniamo agli altri imbarazzi che suscita, inevitabilmente, Roger Federer.

Un giocatore di quasi 34 anni che ancora oggi riesce a battere quasi tutti (tutti?) i suoi rivali, e proprio quando non si fa che sottolineare come il tennis sia cambiato, come sia impossibile per un teenager affermarsi come negli anni Ottanta quando la forza fisica, i muscoli non erano così suppostamente fondamentali, è imbarazzante per tutti i suoi competitors. Competitors che hanno clamorosi alti e bassi, che si fermano per lunghi periodi e fanno fatica a tornare su. Quali che siano i motivi. Federer sta dimostrando che se c’è la classe, il talento, non è vero che un ragazzo di 18/20 non potrebbe imporsi, non potrebbe emergere, anche in tempi in cui fra i primi 100 oggi c’è forse solo Coric, mentre Kyrgios è già quasi un over 20. Il fatto è che di Federer non sembrano nascerne più dai primi tempi di Nadal e Djokovic che, con caratteristiche tecniche diverse, sono riusciti ad emergere prima dei 20 anni. Perchè anche loro, evidentemente, avevano numeri straordinari.

Federer e il suo… “Millennium” è imbarazzante anche per molti addetti ai lavori, giornalisti e anche semplici appassionati convinti di saperne una più del diavolo. Da quanti è stato dato per finito e in parabola drammaticamente discendente già anni fa? Scagli la prima pietra… e non sarò certo io a scagliarla. Il confronto con gli anni in cui sembrava davvero imbattibile, quando perdeva 4 o 5 partite l’anno (e principalmente poi sulla terra rossa con l’avvento prorompente di Rafa Nadal, 5 anni più giovane e più “terraiolo”), suggeriva sentenze superficialmente premature un po’ a tutti e soprattutto a chi ambiva ad essere il primo a stupire, a dirlo e a scriverlo.

Ricordo – 6 anni fa? – un articolo del Corriere della Sera – lo citai anche sul blog Servizi Vincenti conquistandomi antipatia perenne – che parlava di Roger Federer come del “caro estinto”. Imbarazzante, a rileggerlo oggi.

È vero peraltro che lo svizzero, conscio del suo superiore talento ogni oltre dire – di presunzione non ha mai fatto difetto, ma d’altronde poteva permettersela – ha creduto anche superati i 30 anni di potersi permettere allenamenti rarefatti, quasi snobbando le “fatiche di Ercole” cui invece si sottoponevano indefessamente per scalzarlo i suoi giovani ed ambiziosi avversari, assistiti da coach e da vere e proprie equipe di specialisti (ciascuno nel proprio campo specifico). Federer quasi sempre da solo, spesso senza coach, talvolta solo con la fedelissima Mirka.

Il risultato è stato un 2013 imbarazzante, stavolta per Federer. Talmente imbarazzante che perfino lui si è convinto che se voleva ritornare ai livelli abituali non c’era che una strada: cambiare registro nell’approccio ad un 2014 di riscatto. Lavorare di più, studiare nuove strategie e soluzioni. Stefan Edberg è stata una di queste. E Roger Federer che una volta, a detta di uno dei suoi primi allenatori, il simpatico grassone svedese Peter Lundgren, “quando viene a rete ha paura e si preoccupa come un nuotatore circondato dagli squali anche se la tecnica che possiede gli consentirebbe di sfuggirli”, nel 2014 ha riscoperto la via della rete come quando era un ragazzino più incosciente… anche perché allora non aveva di fronte mostri sacri del passing-shot come Nadal, Djokovic e Murray, i Beatles della racchetta.

Così nel 2014 un Federer orgogliosamente motivato, atleticamente preparato, tecnicamente evoluto e strategicamente impostato, è tornato a imbarazzare i critici che lo avevano dato al tramonto, e soprattutto gli avversari (Stakhovski, Del Bonis) che sembravano aver smesso di preoccuparsene.

Imbarazzo generale, sia pur osannato dai suoi miliardi di estimatori, quando Roger è quasi incredibilmente risalito a n.2 del mondo, e quando ad un paio di settimane dalla finali ATP di Londra si è perfino palesata la possibilità che potesse addirittura scalzare Djokovic e riconquistare il trono del tennis.

Prima di conquistare quella Coppa Davis, la ciliegina sulla torta di una carriera unica, che lo ha reso in patria ancora più eroe leggendario di quanto già non lo fosse.

Ed imbarazzo, forte imbarazzo, adesso, alla vigilia dell’Australian Open, quando Roger Federer, dopo aver vinto Brisbane e ricevuto le dovute onorificenze nientemeno che da Rod Laver e Roy Emerson (20 Slam in due contando soltanto i singolari), gode oggi di maggior credito e di pronostici favorevoli che non Rafa Nadal, che non il campione di un anno fa e suo connazionale, Stan Wawrinka, che non Andy Murray, insomma di due… Beatles sui tre residui. E Djokovic? Beh, le prime apparizioni del neopapà nel 2015 sono state tutt’altro che esaltanti, anche se in parte dovuti a motivi fisici.

Anche sotto questo aspetto – la salute, e Roger e i suoi tifosi tocchino pure legno – Federer è stato un fenomeno. La serie continua degli Slam cui ha preso parte, 61, altro record è impressionante, anche per la sua solidità fisica. Perchè poi non è che li giochi tanto per giocare ed aggiungere una tacca. Li gioca tutti per vincere. “La prima volta che sentissi di non poter vincere il torneo non mi iscriverei più” ha detto una volta. Una mononucleosi, abbastanza leggera per fortuna – pensate a Ancic, a Soderling… – un ricorrente ma sopportabile mal di schiena di tanto in tanto e stop. Ma scende sempre in campo, sempre competitivo. Dopo quasi 30 anni di tennis, di sollecitazioni spaventose a tutte le articolazioni, maratone pazzesche, viaggi continui, tornei (300?), 1000 partite vinte.

Sarebbe una bella storia di vita e di tennis se, dopo la resurrezione del 2014 in cui però non ha conquistato nessuno Slam e quel n.17 pare quasi gli porti sfortuna, Roger trionfasse in questo Ausralian Open 2015 che lo vede fra i primi due favoriti nonostante i tre set su cinque siano un ostacolo non indifferente per un quasi trentaquattrenne. E le belle storie sono il succo e il godimento di chi per professione fa il cronista di – appunto – storie di tennis. Bella da scrivere, insomma. Anche se sarebbe imbarazzante per tutti i suoi più giovani avversari. E lasciamo perdere i tennisti italiani che una semifinale di Slam, ad oggi, sembrano ancora vederla con il lumicino. Perchè nessuno pare avere nemmeno le qualità del semifinalista. Che tristezza. Meno male che ci sono i Federer, i Nadal, i Djokovic, i Murray, i del Potro. Si può sempre tifare per loro. Senza cadere in depressione.

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