AO, donne: Kerber da urlo batte Azarenka, è in semifinale con Konta

Australian Open

AO, donne: Kerber da urlo batte Azarenka, è in semifinale con Konta

Angelique Kerber fornisce una prestazione da annali, per superare Victoria Azarenka, che nel secondo parziale spreca cinque set point. Primo successo negli scontri diretti e prima semifinale in Australia per Kerber. La tedesca troverà in semi Johanna Konta, che ha battuto la Zhang nello scontro tra outsider. Avremo una nuova finalista slam

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[7] A. Kerber b. [14] V. Azarenka 6-3 7-5 (Raffaello Esposito)

Il teatro è sempre la Rod Laver Arena per il primo quarto femminile del tabellone basso che vede di fronte la testa di serie numero 14 bielorussa Victoria Azarenka opposta ad Angelique Kerber, mancina di Brema e settima favorita del torneo.  Vika è alla sua seconda vita tennistica. È stata n° 1 del mondo, ha vinto qui nel 2012 e 2013 raggiungendo nello stesso periodo due volte la finale allo US Open, sempre sconfitta da Serena. Poi una serie infinita di infortuni al piede e al ginocchio destro le ha fatto perdere di fatto una stagione e mezza e solo quest’anno è veramente tornata competitiva. È una delle dieci giocatrici in attività ad avere almeno 100 incontri Slam vinti e scende in campo da favorita, anche se la classifica mondiale non dice questo, dopo aver perso solo11  games nei quattro turni precedenti. Angelique dal canto suo ha al suo attivo due semifinali Slam allo US Open 2011 e Wimbledon 2012 mentre in Australia non è mai andata oltre i quarti di finale. Ha perso proprio da Vika la finale di Brisbane pochi giorni fa ma è una combattente mai morta anche se ha vinto per WO l’unico dei sette incontri disputati con la sua avversaria odierna.
Si gioca con 28 gradi e rischio pioggia, c’è un vento avvertibile che crea mulinelli fastidiosi soffiando all’interno dello stadio. Azarenka vuole fare gara di testa e serve per prima ma è tesa e molto fallosa in avvio mentre la sua avversaria entra nel match come un treno in corsa, le strappa due volte il servizio tenendo il proprio e va sul 4-0 in una manciata di minuti. La partita inizia solo adesso ed è bella e combattuta. Victoria recupera uno dei due break, rientra fino al 3-4 e nell’ottavo game ha due occasioni consecutive per pareggiare ma le fallisce. I vantaggi si susseguono e due aces in momenti chiave salvano la tedesca che sale 5-3 e approfitta del vantaggio psicologico per brekkare subito dopo in un gioco nel quale l’avversaria annulla inutilmente tre set point consecutivi. Kerber è il solito muro di mattoni, ha aggiunto velocità al servizio e domina lo scambio sulla diagonale di rovescio, approfittando bene del gioco troppo corto e dei numerosi errori della sua avversaria.

Il secondo parziale ha l’andamento di un thriller d’autore con colpo di scena finale. Azarenka schiuma rabbia ed ora è pienamente in partita. Sbaglia poco ed impone la sua maggior potenza, cercando spesso la rete per non farsi asfissiare a fondocampo dalla mostruosa regolarità della tedesca, capace di riprendere tutto e unica nella capacità di girare a proprio favore scambi che  sembrano persi. Vika sfrutta un lieve calo dell’avversaria, brekka al primo e al settimo game e si presenta al servizio sul 5-2 in suo favore per portare l’incontro al terzo. Ed è in questo momento che il tennis mostra la sua unicità. La bielorussa sale facile sul 40-0, tre set point consecutivi. Quando tutto sembra deciso Kerber libera il braccio e annulla alla grande tutte le occasioni, con Azarenka che commette l’errore di insistere troppo sul rovescio, il colpo migliore della tedesca, e pagando cara questa ingenuità. Un ennesimo lungo linea vincente porta Angelique a vantaggio esterno e Vika cede di schianto con un doppio fallo che mostra bene la tensione che la attanaglia. Nulla sarebbe perduto ma nel tennis quando puoi chiudere devi farlo senza pietà perché nulla è più pericoloso di un avversario sopravvissuto. Ed ecco quindi che il match improvvisamente gira come il vento che soffia sul campo. Kerber tiene la battuta facilmente, ormai non sbaglia più nulla e spara vincenti da ogni zona del campo. Un dritto surreale in controbalzo e un tracciante di rovescio incrociato la portano sul 4-5.

 

Azarenka serve la seconda volta per il set, la paura ha accorciato visibilmente la traiettoria dei suoi colpi ma lei in un sussulto di orgoglio si issa comunque sul 40-15, altri due set point consecutivi. E qui la storia si ripete, il meraviglioso rovescio mancino di Angelique continua a far danni e la tedesca annulla ancora. Vika è incredula, sbaglia la direzione di un facile attacco dopo un nastro che le aveva ben aggiustato la palla, viene passata a rete e cede ancora la battuta. Kerber vola sull’entusiasmo dello scampato pericolo e si porta facilmente sul 6-5, è il suo primo vantaggio del secondo set ma basta e avanza perché Azarenka è in confusione totale e sbaglia ogni scelta possibile. Si arriva al 30-40 e alla tedesca basta questo per chiudere con un cross stretto passante un incontro incredibile.

Va avanti con merito Angelique, che aspetta in semifinale Johanna Konta.

J. Konta b. [Q] S. Zhang 6-4 6-1 (Tommaso Vot0)

Le mani alzate al cielo, un sorriso smagliante degno di un Carosello degli anni ’70 e una gioia mista ad incredulità: questa è la fotosequenza della britannica Konta dopo aver realizzato il punto della vittoria contro la cinese Zhang. Il match point ha anche una dinamica rocambolesca perché è il nastro a rendere mortifero un diritto destinato a finire la sua corsa in rete. Con questo risultato la tennista inglese, ma di nascita australiana, raggiunge in un colpo solo la semifinale agli Australian Open (evento che per una tennista di Sua Maestà Elisabetta II non capitava dagli US Open del 1983 con Jo Durie) e irrompe nella top 30, ma la 24enne Konta sembra destinata a scalare la classifica mondiale, in quanto ha un tennis moderno e potente, che, soprattutto su erba e cemento, potrà fare la differenza.
Dal torneo di Eastbourne di giugno, in cui arrivò ai quarti di finale dopo aver eliminato Muguruza e Makarova, ha vinto 31 dei 39 match disputati, uno score decisamente impressionate per una tennista che fino a quel momento era lontana dal tennis che conta.
Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro dell’incontro e proviamo a raccontare in che modo la tennista inglese ha sconfitto la qualificata Zhang, che, se si esclude qualche momento estemporaneo, non è stata mai in grado di tenere testa alla sua avversaria. Johanna ha un inizio folgorante, perché ottiene il break nel terzo gioco e in poco più di mezz’ora si porta sul 5-2. La tennista inglese perde appena due punti al servizio (85% dei punti quando mette la prima in campo) e tiene in mano lo scambio con autorità. Poi, come spesso capita a livello femminile, Johanna sente la pressione, commette qualche errore di troppo e subisce il break dopo aver fallito 3 set point. La cinese ritrova vigore e convinzione, ha anche la possibilità di operare il 5-5, ma Konta si dimostra una campionessa, infatti resiste e con l’ausilio del suo colpo migliore, ovvero il servizio, chiude, al sesto set point, sul definitivo 6-4.
Marathon Woman, così è definita Johanna per il il 7-6 (4) 6-7 (4) 6-2 in 3 ore e 23 minuti – che rappresenta il record di durata di un match di singolare femminile agli US Open (7 minuti in più di Stosur-Petrova del 2011), ha saputo soffrire nel momento conclusivo del primo parziale, che avrebbe potuto in un certo senso rendere la sua vittoria più difficile e complicata. Ma i due servizi vincenti con cui ha chiuso la pratica dimostrano che la tennista inglese ha raggiunto, ormai, un grado di consapevolezza dei propri mezzi invidiabile.

Anche nel secondo parziale Johanna parte in testa, conquista un break immediato, ma Zhang ha un sussulto adrenalinico e ottiene immediatamente la parità. Tuttavia la differenza tra le due é evidente in tutti i settori, perché i colpi della britannica sono più violenti e filanti. I vincenti arrivano copiosi ed il punteggio premia Johanna che va sul 5-1. Stavolta il “film” del primo set non si ripete, anche perché Zhang é più scoraggiata e non capitalizza qualche aiuto della sua avversaria. Il 6-4 6-1 finale descrive plasticamente la prestazione della tennista britannica che ha meritato questo risultato, giocando un tennis esplosivo e convincente, anche se la sua prossima avversaria, ovvero la tedesca Kerber, sarà un banco di prova forse decisivo per testare la sua maturità. Dal canto suo la cinese Zhang ha poco da recriminare, perché il suo torneo resta decisamente positivo, considerando che nelle precedenti 14 apparizioni in una prova del Grande Slam aveva sempre perso al primo turno. Ora con i quarti di finale conquistati diventerà da lunedì n.63 delle classifiche mondiali, ma per lei questi Australian Open possono rappresentare un punto di svolta.

 

 

 

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Wozniacki, Raducanu, Osaka, Kerber… Quali wild card all’Australian Open 2024?

Decisione difficile per Tennis Australia: tante giocatrici di grande richiamo non avranno la classifica per entrare in main draw

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Caroline Wozniacki - US Open 2023 (Twitter @usopen)
Caroline Wozniacki - US Open 2023 (Twitter @usopen)

L’Australian Open 2024 si preannuncia essere uno Slam di grandi rientri per il tennis femminile: diverse giocatrici sono state fuori per tempo dal circuito e sono “nobili decadute” della classifica, di conseguenza non hanno il ranking per partecipare al primo Slam della stagione. Su tutte c’è Caroline Wozniacki, che ha già annunciato di aver terminato la stagione 2023 dopo l’ottavo raggiunto allo US Open perdendo in tre set contro Coco Gauff. La danese è rientrata alla grande dopo la doppia maternità ed è risalita al numero 242 del ranking. In conferenza stampa ha annunciato che Melbourne sarà un grande obiettivo all’inizio del prossimo anno: verosimilmente un invito andrà alla campionessa dell’edizione 2018.

Non solo la 33enne di Odense: proverà a rientrare anche un’altra neo-mamma come Naomi Osaka. La giapponese, due volte campionessa in Australia, aveva dichiarato ancora prima di Wozniacki di voler tornare in campo appena dopo aver concluso la prima maternità.

Stesso discorso per Angelique Kerber, vincitrice del primo Major dell’anno nel 2016: la tedesca ha espresso più volte la volontà di rientrare. La tedesca potrebbe usufruire però del ranking protetto. Chi non si vuole arrendere è Venus Williams che ha ottenuto qualche buon risultato in questo 2023 e cerca di continuare per togliersi qualche altra soddisfazione.

 

La prossima stagione vedrà anche il rientro di Emma Raducanu dopo tre interventi chirurgici, a entrambi i polsi e alla caviglia: anche la britannica può utilizzare il ranking protetto.

Capitolo a parte riguarda invece Garbine Muguruza e Simona Halep. La spagnola si è presa quest’anno una pausa di riflessione dal tennis, ma nel 2024 vuole tornare a competere. L’iberica è stata finalista degli Open d’Australia nel 2020. Finalista nel 2018 in Australia la rumena, che vedrà scadere la sua sospensione per doping. Tantissime giocatrici in lizza per le sei wild card disponibili: vedremo quali saranno le scelte di Tennis Australia.

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Wimbledon: Sonego-Berrettini il ventunesimo derby azzurro negli Slam, Fognini l’italiano ad averne disputati di più

11 Roland Garros, 5 Wimbledon, 3 US Open, un solta volta a Melbourne: così suddivisi i derby italiani nei Majors

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Berrettini Sonego Stoccarda 2023

A distanza di poco più di tre settimane dal loro incrocio sull’erba di Stoccarda, Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini daranno vita, nel primo turno dell’edizione 2023 di Wimbledon, al ventunesimo derby italico che si consumerà nella prestigiosa cornice dei tornei del Grande Slam.

I derby di Wimbledon

Se poi si vuole limitare il campo di analisi al “solo” Church Road, quello tra il torinese ed il romano, sarà il sesto incontro con protagonisti due tennisti azzurri ad affrontarsi nella storia dello Slam londinese che va in scena sul suolo di Sua Maestà. Il capostipite, in tal senso, dei Championships è stato il match di 43 anni fa, correva quindi il 1980, fra Adriano Panatta e Corrado Barazzutti: una partita di secondo turno che vide l’Adriano Nazionale aggiudicarsi la sfida con Barazza, compagno di squadra in Davis, solamente al quinto set per 1-6 6-3 6-4 3-6 6-1. Piccola curiosità relativa al contorno, o se preferite all’antipasto, di quello scontro “nostrano” è rappresentata dal fatto che Corrado al round precedente superando lo statunitense Scott Davis ottenne il primo ed unico successo della carriera sui sacri prati.

Da quella partita fratricida in salsa tricolore sul perfetto manto erboso di SW19, trascorrono 11 lunghi anni prima di poter riammirare – con annesso plotone emotivo che ne consegue – un altro derby italiano nella medesima prova Major: il teatro che ospita lo spettacolo infatti è sempre lo stesso, ancora Wimbledon, ma nel 1991 i “nuovi” volti sono quelli di Omar Camporese e Claudio Pistolesi. Da annotare anche una piccola differenza a livello di momento nel tabellone in cui il duello prende vita, non i trentaduesimi bensì i sessantaquattresimi: alla fine della fiera, però, cambia poco. Vince il bolognese con lo score di 6-1 6-3 2-6 6-3.

 

Il terzo derby azzurro consumatosi nel torneo più famoso del Pianeta è decisamente più recente, rintracciabile nel primo quinquennio del ventunesimo secolo: era il 2005, e tra un giovane Andreas Seppi ed un esperto Davide Sanguinetti – i 21 anni del bolzanino contro le 33 candeline del viareggino – ad avere la meglio fu il maggiore chilometraggio del tennista toscano che si impose nettamente in scala discendente 6-3 6-2 6-1. Esattamente un anno dopo, dunque con il ritmo dei sorteggi malandrini che accoppia uno contro l’altro esponenti della racchetta del Bel Paese in considerevole aumento rispetto al passato, al 2°T e nel quarto derby verde-bianco-rosso di sempre sull’erba più sublime che esista Daniele Bracciali trionfava in quatto parziali sul padovano Stefano Galvani.

L’ultimo, prima di Sonny-Berretto, è datato 2018 con gli amici “Chicchi” di mille avventure in doppio Simone Bolelli e Fabio Fognini a doversi misurare con le ripercussioni psicologiche che un tale faccia a faccia poteva portare in dote: a spuntarla fu il più forte in quel preciso frame storico delle loro carriere sulle superfici rapide, il ligure staccò il pass per i sedicesimi in virtù del 6-3 6-4 6-1 finale.

Negli altri tre appuntamenti Slam del calendario, l’Italia tennistica nella storia di questo sport ha così distribuito i suoi 20 derby: 11 al Roland Garros, 5 a Wimbledon, 3 allo US Open, 1 all’Australian Open.

Fognini il tennista azzurro ad aver giocato, e vinto, più derby tricolore

Il tennista azzurro che in assoluto ha disputato più volte un derby Slam è il taggiasco Fabio Fognini, la bellezza di 5 scontri con connazionali a tentare di contrastarlo dall’altra parte delle rete sulla lunga distanza: a Melbourne ha sconfitto Salvatore Caruso nel 2021, nella Parigi terrosa ha superato sempre Andy Seppi sia nel 2017 che nel 2019, cinque stagioni orsono all’All England Club la già menzionata vittoria di Fogna si è materializzata a discapito del fido Bolelli. Infine, a completamento del proprio personale Career Grand Slam a livello di derby giocati c’è l’unico KO con Stefano Travaglia a New York nel 2017.

A quota tre derby nei Majors ci sono invece Barazzutti e Seppi; a 2 Bolelli, Bracciali e Sanguinetti.

Vale la pena anche ricordare come nessun derby azzurro Slam sia andato in scena oltre il 3°T, non abbiamo mai assistito ad un ottavo di finale tutto italiano per capirsi. I sedicesimi nella storia – in assoluto, non soltanto nell’Era Open – Majors sono stati 3: De Morpurgo-Bonzi all’Open di Francia del lontanissimo 1929, Paolo Lorenzi – Thomas Fabbiano nel 2017 a Flushing Meadows e dulcis in fundo Lorenzo Musetti contro Marco Cecchinato al RG del 2021, l’ultimo tutt’ora.

Ma adesso siamo pronti per scrivere un altro capitolo, il ventunesimo: Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini fateci divertire.

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Numeri: il dominio di Djokovic nel tennis maschile dal 2011 ad oggi

Dalle settimane trascorse al numero uno al confronto contro gli altri grandi: Ferruccio Roberti raccoglie alcuni dati che testimoniano chi sia stato il più grande di quest’era tennistica

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Novak Djokovic - Australian Open 2023 (foto: twitter @AustralianOpen)

62 – Il numero percentuale delle settimane trascorse come 1 ATP da Novak Djokovic dal 4 luglio 2011 -giorno successivo alla prima vittoria di Wimbledon che lo proiettò sulla cima del ranking – a oggi. Una cifra di per sé impressionante che probabilmente sarebbe potuta essere ancora più significativa se il serbo non avesse saltato la seconda parte del 2017 e se l’anno scorso non avesse scelto di mettersi nelle condizioni di non poter partecipare a due Slam e quattro Masters 1000 (e a Wimbledon i punti fossero stati assegnati).

Altri numeri aiutano a comprendere meglio quanto fatto dal serbo dalla seconda metà del 2011 ad oggi: dal luglio di dodici anni fa ha vinto 19 dei 42 Slam (il 45,2%) e 29 dei 75 (38,6%) Masters 1000 a cui ha preso parte. In questo stesso periodo ha vinto 190 dei 245 (77.6%) match disputati contro colleghi nella top ten e, più in generale, si è imposto in 670 dei 768 incontri disputati (l’87,2%, una percentuale che sale al 89.3 considerando solo le partite non giocate sulla terra rossa). Della prima top 20 che lo vide al numero 1 sono rimasti sul circuito Nadal, Murray, Monfils, Gasquet e Wawrinka, mentre in quella attuale solo l’immenso campione maiorchino e Carreno Busta erano già tennisti professionisti nel momento in cui Djokovic salì per la prima volta al numero 1 del mondo. 

Non per fare inutili paragoni tra campioni che hanno avuto ciascuno la loro fantastica parabola, ma per comprendere meglio questo approfondimento sul periodo che parte da quando Nole è diventato numero 1, si può osservare come solo Nadal, di un anno più grande di Djokovic, ha avuto numeri in qualche modo paragonabili al serbo. In questo lasso temporale Rafa ha comunque vinto dodici Slam e diciassette Masters 1000, occupando la prima posizione del ranking ATP per 107 settimane, ma perdendo 18 dei 31 scontri diretti giocati con Novak  e sconfiggendolo solo 2 delle 14 volte in cui lo ha affrontato lontano dalla terra battuta. Ancora più pesante lo score con l’altro leggendario “big three”, Roger Federer: nato quasi sei anni prima di Djokovic, compiva di lì a un mese 30 anni la prima volta che Nole diventava numero 1 e ha inevitabilmente pagato la differenza d’età. Ad ogni modo, l’immenso campione svizzero nel periodo che stiamo analizzando ha vinto 4 Slam e 11 Masters 1000, è stato numero 1 ATP per 25 settimane complessive e contro Nole ha vinto 9 delle 27 volte in cui si sono confrontati. 

 

Quando domenica scorsa ha sconfitto in finale degli Australian Open Stefanos Tsitsipas il serbo aveva 35 anni 8 mesi e 6 giorni, ma non è un record: sei volte è accaduto che tennisti più anziani del serbo vincessero uno Slam (il primato assoluto è di Ken Rosewall, che vinse gli Australian Open del 1972 avendo compiuto da poco più di un mese i 37 anni). Così come non è un record di longevità il ritorno al numero 1 del ranking ATP da parte di Djokovic: Roger Federer nel giugno 2018 lo è stato a meno di due mesi dal compiere 37 anni. Quel che impressiona di Nole è piuttosto come a quasi 36 anni riesca ad avere non solo elevatissimi picchi di rendimento -non impossibili ai campioni come lui- ma anche di continuità, una caratteristica molto più rara per gli over 35 negli sport professionistici. A tal riguardo basti pensare che sconfiggendo Tsitsipas pochi giorni fa il serbo ha vinto 38 degli ultimi 40 incontri giocati (e tutti gli 11 match nei quali ha sfidato colleghi nella top 10).

 ParTit.Fin.Part. Gioc.Part. Vin.Part. Per.% Vitt.  % set vinti% game vinti% t.b. vinti
Australian Open18109789891.882.962.363.8
Roland Garros182 4101851684.277.160.255.9
Wimbledon17 7 196861089.678.758.667.2
US Open16 394811386.276.060.061.4
Indian Wells145950984.776.359.769.6
Miami135144786.382.161.683.3
Monte Carlo15 2 48351372.967.058.080.0
Madrid 12 3 0 3930976.969.656.050.0
Roma16  6 74641086.576.059.663.2
Montreal/ Toronto11 44 37784.179.458.073.3
Cincinnati14  52401276.971.156.361.1
Shanghai 4 0 3934587.281.461.471.4
Parigi Bercy 16 6 3 5445983.374.258.370
O2 Arena (ATP Finals)11  46341273.968.356.570.6
Dubai12  150 43786.078.459.869.2

Non c’è un centrale che ha fatto la storia recente del tennis a non aver conosciuto le vittorie di Novak Djokovic, unico tennista ad aver conquistato almeno due volte tutti gli Slam, tutti i Masters 1000 (e le ATP Finals). Il decimo successo agli Australian Open, torneo che in assoluto ha vinto più di tutti, fa supporre che con ogni probabilità la Rod Laver Arena sia il campo dove si giocherebbe la sua partita della vita. Più per ricapitolare qualche numero della sua carriera a beneficio dei lettori che per ricavare un dato oggettivo (nel susseguirsi delle edizioni di uno stesso torneo cambiano in parte le condizioni di gioco, basti pensare ad esempio alle modifiche apportate alla superficie e/o alle palline), sono andato a recuperare alcune sue statistiche nei tornei più importanti del circuito e in quelli nei quali ha giocato un elevato numero di match, come Dubai. Dalla tabella in cui sono raccolti i dati arriva la conferma che in effetti gli Australian Open sono il torneo in cui Djokovic ha il più alto rendimento e non solo perché è quello a cui ha preso parte più volte (18, così come al Roland Garros). A Melbourne il serbo vanta la miglior percentuale di vittorie rispetto ai match giocati (91.8%) e di set vinti rispetto a quelli disputati (82.9%). Ovviamente, non sorprende che un sette volte vincitore di Wimbledon abbia numeri eccellenti anche sui campi di Church Road, mentre un pochino stupisce che gli Internazionali d’Italia – dove vanta un ottimo score con sei successi e altrettante finali – siano il torneo sul rosso dove si esprime meglio e in assoluto uno dei migliori per il suo rendimento. In ogni caso numeri incredibili: solo a Monte Carlo, Madrid e Cincinnati (la O2 Arena dove si giocavano le Finals è un discorso a parte, vista l’altissima caratura degli avversari) non ha vinto almeno l’80% delle partite. Not too bad…

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